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Storia della letteratura

Il mistero della morte dello scrittore Raymond Roussel, raccontato da Leonardo Sciascia

Leonardo Sciascia scrive un avvincente racconto-inchiesta sulla morte improvvisa dello scrittore francese Raymond Roussel. Ne emerge il "tedium vitae" quale impossibilità di vivere nella tirannide fascista.

Federico Guastella
Federico Guastella Pubblicato il 19-10-2022
Il mistero della morte dello scrittore Raymond Roussel, raccontato da Leonardo Sciascia

Un mio amico di Milano mi aveva scritto per conto di uno studioso francese, Francƍis Caradec, chiedendomi di procurargli l’atto di morte di Raymond Roussel. Glielo avevo trovato e mi aveva colpito che alla dizione ‘causa della morte’ ci fossero dei trattini, risultasse cioè ignota. Mi misi alla ricerca dei documenti all’archivio del Tribunale. Il procuratore capo, Scaglione per l’esattezza, mi fece sapere che fino al 2003 non se ne parlava neppure. Un mio amico conosceva e fece valere una sentenza della Corte Costituzionale che svincolava quei documenti. La cartella che li conteneva era intitolata ’Atti relativi alla morte di Raymond Roussel...

Nasce da qui il racconto-inchiesta Atti relativi alla morte di Raymond Roussel, che, pubblicato da Sellerio nel 1971, è stato apprezzato dalla critica – non soltanto italiana – al punto da essere ristampato nel 1977.
Nel libriccino edito poi nella fortunata collana della Sellerio intitolata “La Memoria” (e ripubblicato nel 2020 dalla casa editrice Adelphi n.d.r.), Leonardo Sciascia offre la documentazione ufficiale sulla morte improvvisa di Raymond Roussel, lo scrittore francese trovato cadavere il 13 luglio 1933 nella camera n. 224 dell’Hotel delle Palme di Palermo, mentre fuori si festeggiava Santa Rosalia.

Un episodio all’apparenza banale, avvenuto in un giorno in cui l’Italia inneggiava alle imprese transatlantiche di Italo Balbo e la Francia celebrava la presa della Bastiglia, ma sviscerato dal narrante con una metodologia che va oltre il già dato:

Innegabilmente, ci sono molti punti oscuri negli ultimi giorni di vita e nella morte di Raymond Roussel; se si declinano dal punto di vista del sospetto, la vicenda assume un che di misterioso, da detective-story.

La morte dello scrittore è subito definita accidentale:

Il Roussel, a quanto si è appreso, era ammalato al cervello e pigliava dei medicinali per stordirsi.

Ma dalle perplessità sorgono domande: i fatti sono stati travisati o peggio volutamente mistificati?

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Raymond Roussel, raccontato nell’appendice sull’edizione Sellerio a cura di Giovanni Macchia, è uno scrittore e drammaturgo originalissimo, vissuto in un lusso sfrenato con atteggiamenti dandistici e noto anche per avere inventato un metodo per il gioco degli scacchi.
Si trovava a Palermo perché amava le temperature miti del luogo, insieme a un’accompagnatrice, una signora di 53 anni.

Subito sorge a Sciascia il dubbio sul clima del mese di luglio che di certo mite non può dirsi. I facchini dell’albergo riconoscono il cadavere e il medico ritiene che l’uomo sia deceduto per morte naturale:

Probabilmente causata da intossicazione da narcotici e sonniferi rinvenuti in grande quantità nella stanza.

Niente autopsia, però, ritenuta inutile. Esaminando gli atti, Sciascia mostra nel lavoro degli inquirenti, più preoccupati a chiudere l’inchiesta, omissioni, cancellature, correzioni postume e trascuratezze varie. Evidenzia incoerenze, esprime dubbi, coglie errori, si accorge di personaggi ignorati quale per esempio l’autista.
Raymond diviene misteriosamente mutato in Armand, mentre il nome dell’accompagnatrice, la signora Fredez, diventa Dufrène poi Freder ( in seguito Fredez in atti successivi, Ndr).

Il 15 luglio, due giorni dopo la morte dello scrittore, a Palazzo Venezia viene firmato il Patto a quattro, la Francia è ancora “la sorella latina”.
I magistrati, accontentandosi dell’apparenza, non sospettano di niente e di nessuno.

Scrive Sciascia:

Oltre tutti questi elementi, senza dubbio concorse la regola fascista, cui polizia e magistratura alacremente sottostavano, di mettere sotto silenzio tutti quei casi in cui il “taedium vitae” assurgesse a tragici esiti.

Non si doveva parlare di suicidio che avrebbe potuto dare l’impressione, in un periodo in cui l’orgoglio fascista toccava il vertice, “dell’impossibilità di vivere sotto la tirannide”.
Il caso è chiuso nell’arco di una mezza giornata e il 21 luglio la camera 224 dell’Hotel des Palmes viene liberata dai sigilli. Il duca d’Elchingen, nipote di Raymond, si convince che suo zio sia morto suicida, tagliandosi le vene, essendo rimasto senza soldi. Una verità derivata la sua, e mai verificata.

A conclusione, Sciascia spiega che quando si vuole fare chiarezza le cose si rendono più oscure. Dalla luce all’oscurità, si potrebbe dire pirandellianamente.
Si parte dalla chiarezza e si finisce, dunque, nell’enigma:

Ma forse questi punti oscuri che vengono fuori dalle carte, dai ricordi, apparivano, nell’immediatezza dei fatti, del tutto probabili e spiegabili. I fatti della vita sempre diventano più complessi ed oscuri, più ambigui ed equivoci, cioè quali veramente sono, quando li si scrive – cioè quando da “atti relativi” diventano, per così dire, “atti assoluti”.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il mistero della morte dello scrittore Raymond Roussel, raccontato da Leonardo Sciascia

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