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Dal libro al film

“Il disprezzo”: il film di Godard tratto dal romanzo di Moravia

Tra i film più celebri del compianto regista Jean-Luc Godard troviamo “Il disprezzo” (1963), tratto dall'omonimo romanzo di Alberto Moravia. Scopriamone più approfonditamente trama e differenze con il libro.

Alice Figini
Alice Figini Pubblicato il 14-09-2022
“Il disprezzo”: il film di Godard tratto dal romanzo di Moravia

Il grande regista della Nouvelle Vague, Jean-Luc Godard, ci ha lasciato ieri. Tra i suoi film più amati si ricorda in particolare Il disprezzo (1963) tratto dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia.

La celebre pellicola di Godard vede protagonista una Brigitte Bardot in stato di grazia affiancata dal grande attore francese Michel Piccoli.
Attualmente Il disprezzo è ricordato come uno dei film più mutilati della storia del cinema. L’edizione italiana de Le Mépris fu infatti sottoposta a tagli e stravolgimenti di ogni genere, la sua durata fu ridotta in modo drastico da 105 minuti a 84, furono tolte le scene di nudo, fu cambiata persino la colonna sonora.
Per vedere l’opera nella versione integrale, finalmente libera dalla censura, bisognerà attendere gli anni più recenti: nel 2010 e, di nuovo, nel 2017 il film è tornato nelle sale cinematografiche italiane in una nuova edizione completamente restaurata.

Scopriamo più nel dettaglio la trama di questa pellicola scandalosa e le differenze con il libro di Alberto Moravia cui fu ispirata.

Il disprezzo di Jean-Luc Godard: trama

La pellicola ebbe una storia travagliata sin dalla sua gestazione. Jean-Luc Godard e il produttore italiano Carlo Ponti bisticciarono sul casting: il regista francese voleva la coppia Frank Sinatra e Kim Novak, mentre Ponti insisteva per Marcello Mastroianni e Sophie Loren. Alla fine giunsero a un compromesso scegliendo la diva del momento, Brigitte Bardot e l’affermato attore francese Michel Piccoli.

Il film di Godard narra la vicenda dello scrittore Paul Javal (Paolo nella versione italiana, Ndr) che vive a Roma con l’attraente moglie Camille (Emilia nella versione italiana, Ndr). Un giorno Javal viene contattato dal produttore Jerry Prokosch per riscrivere la sceneggiatura d’un film sull’Odissea diretto da un famoso regista tedesco, Fritz Lang.
Da questo momento l’idilliaca vita della coppia inizia a incrinarsi a causa di un malinteso. Emilia, insidiata dalle attenzioni moleste di Prokosch, sostiene che il marito si serva della sua bellezza per ottenere incarichi importanti. Paolo dal canto suo reagisce affermando di aver accettato l’incarico solo per migliorare la loro situazione economica. L’ostilità tra i due infine esplode in una drammatica litigata che non placa affatto gli animi ma, al contrario, li inasprisce ulteriormente. Si acuiscono tensione, malumore e livore sino ai limiti del sostenibile.
In seguito Paolo ed Emilia si recano a Capri per girare la prima parte del film. Nella lucente isola del Golfo di Napoli Paolo discute con il regista Fritz Lang presentando la propria versione della sceneggiatura, mentre Emilia continua a subire la corte serrata del produttore.
Da un lato assistiamo al conflitto interiore di Paolo che riscrive la storia di Ulisse immaginando che l’eroe greco vaghi nei mari pur di non fare ritorno da Penelope; dall’altro c’è la sorda ostilità di Emilia che si acuisce sino a divenire un muro invalicabile di disprezzo. Con straordinaria acutezza Godard concentra il proprio sguardo sulle sfumature sottili dell’amore e sulle sue trasformazioni.
Paolo giura alla moglie di essere disposto ad abbandonare il proprio lavoro per lei; ma la donna non le crede ed è sempre più tentata dalle avance di Jerry Prokosch.

Discussioni, silenzi, parole pronunciate ad alta voce oppure non dette rappresentano il sotto-testo della grande opera di Godard che attraverso i consueti giochi di luce, le inquadrature attente e il movimento continuo della telecamera dona un’anima al romanzo di Moravia. Nella seconda parte del film assume un rilievo centrale il tema dell’arte: Godard attraverso la figura del regista tedesco Fritz Lang - che nel film interpreta sé stesso - rende omaggio all’arte cinematografica celebrando colui che riteneva il suo Maestro. Il protagonista Paolo, proprio come Godard, si interroga sul modo di fare cinema e pone al suo mentore Lang domande di genere esistenziale sul senso dell’arte, della poesia e del cinema stesso.
Il finale della storia non lo sveliamo volutamente, anche se ormai è noto. Diciamo però che dal film del 1963 furono rimosse tutte le scene di nudo della Bardot che nella pellicola rivestivano un ruolo centrale. Ciò che Moravia nel romanzo esplorava tramite lunghe digressioni e riflessioni, Godard lo comunica attraverso il corpo della diva, Brigitte Bardot che viene mostrata nuda su un tappeto, oppure nella scena iniziale mentre disinibita domanda al marito se a lui piace il suo corpo. Il nudo della Bardot del film di Godard è sempre molto sofisticato e mai volgare: il regista si serve della sensualità dell’attrice per esprimere un concetto che sarebbe indicibile a parole.

Purtroppo nella prima versione italiana del film il produttore Carlo Ponti maciullando in modo selvaggio la pellicola con tagli, manovre e accorciamenti. Oggi finalmente possiamo andare a vedere il film al cinema o in televisione nella sua versione originale restaurata che comunica tutto il genio di Jean-Luc Godard e il valore della sua arte cinematografica.

Il disprezzo, non a caso, è considerato il miglior film di Brigitte Bardot. Con queste parole la critica lo consacrò sui giornali francesi:

Se non rimanesse che un unico film di Brigitte Bardot, sarebbe evidentemente “Il disprezzo”.

Si potrebbe dire lo stesso di Jean-Luc Godard? Se non rimanesse che un suo unico film sarebbe Il disprezzo?
Va detto comunque che i rapporti tra il regista e la sua cosiddetta “musa” non erano buoni. Godard non voleva la Bardot nel film, le fu imposta. Il loro complesso rapporto fu riassunto dal regista con una frase lapidaria che sembra riflettere lo stesso disprezzo del titolo:

Io non la interessavo. Lei non mi interessava.

Il disprezzo: dal libro di Alberto Moravia al film di Godard

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Jean-Luc Godard non amava il romanzo di Alberto Moravia. Lo aveva addirittura stroncato in una recensione su Cahiérs du cinema definendolo: “un volgare e grazioso romanzo da stazione, pieno di sentimenti classici e fuori moda”. Insomma i rapporti tra il regista e il libro erano un poco contraddittori: non si capiva se il romanzo lo affascinasse, oppure lo ritenesse un libretto da leggere in treno. Sta di fatto che Godard lo stravolse, manipolandolo a suo piacimento e traendone una riflessione sull’arte di fare cinema.
Il disprezzo di Godard e l’omonimo libro di Moravia si assomigliano, ma sono opere a sé stanti. Hanno in comune molte cose nella trama, eppure le dicono in modo differente.
Dal suo film Godard trasse una riflessione di genere meta-cinematografico e ne uscì una pellicola nichilista, esistenzialista e dalle sfumature erotiche. Insomma, Jean- Luc Godard prese l’idea di Moravia e la fece sua come è proprio dei grandi artisti. Non era ammissibile che in un film di Godard qualcuno potesse rintracciare la scrittura di Alberto Moravia.

Recensione del libro

Il disprezzo
di Alberto Moravia

Nel romanzo di Moravia, pubblicato nel 1953, si narra principalmente la storia della crisi di un matrimonio. Il protagonista Riccardo Molteni è un celebre sceneggiatore, mentre la moglie Emilia è una dattilografa che proviene dalla provincia. L’ambientazione principale è costituita da una casa della Roma borghese degli anni ’50.
Pare che Moravia scrisse Il disprezzo nel periodo della crisi del suo matrimonio con Elsa Morante. In quel periodo infatti i rapporti tra i due erano tesi: entrambi si tradivano quasi con indifferenza, e Morante ebbe una relazione tormentata con il regista Luchino Visconti.
Nel libro il complicato triangolo amoroso viene ripreso attraverso la figura del produttore Battista che seduce Emilia proprio sotto gli occhi del marito che non fa nulla per evitarlo.
Il romanzo racconta proprio questo progressivo allontanamento: l’amore che muta sino a trasformarsi in qualcosa d’altro, sino a divenire disprezzo. Proprio questo sentimento, marcio e stantio, alla fine diventa un altro ingombrante protagonista della storia.
A questo sentimento sordo e sinistro che pervade la coppia e che entrambi i protagonisti cercano, ciascuno a proprio modo, di indagare, si accompagna la crisi esistenziale del protagonista. Riccardo vive il proprio lavoro di sceneggiatore come svilente, e vorrebbe tornare a scrivere per il teatro. Moravia intesse una profonda riflessione sul cinema commerciale e le sue logiche che sono svincolate da ogni pretesa artistica. Un punto di vista che in parte diverge da quello in seguito ripreso da Godard.

Libro e film sono dunque da intendersi come due prodotti a sé stanti - simili nelle trama e nello svolgimento, ma diversi nella rappresentazione. Entrambi tuttavia riflettono la comune ispirazione del genio.

Il disprezzo: il trailer

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Il disprezzo”: il film di Godard tratto dal romanzo di Moravia

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