Il 30 agosto 1996 la scrittrice Goliarda Sapienza viene ritrovata senza vita sul pianerottolo della sua casa di Gaeta.
Poco distante c’è un uscio spalancato che riporta la scritta accogliente “La porta è aperta”. Pare che alcuni giorni prima avesse detto a una vicina: “Sai come sono fatta, potrei sparire per un po’ per poi tornare all’improvviso.” Una frase che oggi assume il sapore amaro di un presentimento.
Goliarda Sapienza è scomparsa significativamente nella città che più di tutte l’aveva ispirata, la luminosa Gaeta, sulla riviera di Ulisse dove scrisse il suo romanzo più famoso L’arte della gioia che le avrebbe conferito un successo postumo. Goliarda aveva ultimato il libro nel 1976 ma le case editrici ne rifiutarono la pubblicazione a causa dell’eccessiva lunghezza e della sua immoralità; ancora una volta era arrivata troppo presto, in anticipo sul proprio tempo.
Se ne andava così senza rumore la scrittrice senza fama, l’ex attrice del cinema neorealista, una donna che aveva deciso di fare della propria vita una prova di autenticità. Nella sua casa tutto parlava di scrittura: le scartoffie e i libri disseminati ovunque tra i vari posacenere nella penombra e la cassapanca che conteneva tutti i suoi scritti, poesie, prose, lettere, pensieri. Alla scrittura aveva dedicato tutte le proprie energie, impegnandosi nella stesura di un romanzo monumentale di cui non avrebbe mai visto la pubblicazione. Nonostante i vari rifiuti editoriali e le amarezze accumulate nel corso degli anni, Goliarda fu tuttavia sempre fedele al proposito primario che animava la sua vocazione di scrittrice:
Voglio dirvi quello che è stato senza alterare niente.
Andiamo dunque a ritroso ripercorrendo la vita della grande scrittrice novecentesca, riscoperta soltanto in tempi più recenti, e la genesi del suo romanzo più famoso L’arte della gioia pubblicato trentadue anni dopo la sua morte.
Goliarda Sapienza: la vita
Goliarda Sapienza nacque a Catania il 10 maggio 1924 da un’unione amorosa e politica: è figlia dell’avvocato socialista Giuseppe Sapienza, detto “l’avvocato del popolo”, e della sindacalista e attivista di origine lombarda Maria Giudice. I suoi genitori si conoscono in età avanzata - entrambi sono vedovi e hanno già superato i quarant’anni - e insieme dirigono il giornale siciliano “Unità” portando avanti una lotta comune. Lo spirito anticonformista e militante dei genitori accompagnerà Goliarda per tutta l’esistenza come una vocazione.
La madre Maria le aveva insegnato che soltanto negli ospedali, nei manicomi e nei carceri, si conosce veramente l’umanità e le reali condizioni di un paese: e Goliarda varcherà le soglie di tutti questi luoghi, entrandone e uscendone a piacimento, come un’anima errante in cerca di pace.
Alla bambina viene imposto, con una dovuta variazione al femminile, il nome del fratello maschio, Goliardo, morto tre anni prima della sua nascita probabilmente a causa di un delitto di mafia. Sarà il primo fardello della vita di Goliarda, un peso che porterà con sé come un’ombra per tutta l’infanzia. Le era stato dato il nome di un morto, come se lei fosse stata chiamata al mondo, in qualche modo, allo scopo di risarcirne la perdita.
La prima infanzia della bambina non è immune dal dolore: alle sue straordinarie doti artistiche, visibili già in tenera età, fanno da contraltare numerosi problemi di salute che la costringono a lunghi periodi di convalescenza. Alla salute precaria si somma l’instabilità mentale della madre che inizia a manifestarsi con sempre maggior evidenza. Il padre, dal canto suo, è benvoluto da tutti ma si rivela un incorreggibile donnaiolo che si preoccupa ben poco delle sorti familiari; è impegnato nella lotta socialista e la sua principale battaglia privata consiste nell’allontanare i suoi cari - figlia compresa- dall’influenza del fascismo. Per questo motivo a Goliarda viene impedito di frequentare la scuola, riceverà un’istruzione privata.
All’età di sedici anni Goliarda Sapienza si trasferisce a Roma con la madre per frequentare l’Accademia di Arte Drammatica Silvio D’Amico. Il suo futuro sembra essere quello di attrice e ballerina, attività per le quali del resto mostra uno spiccato talento che si combina con la sua innata capacità affabulatoria.
Gli anni nella capitale sono intensi e ricchi di incontri. Qui la ragazza conosce il regista Francesco Maselli (detto Citto, Ndr) con il quale intreccerà una relazione aperta durata diciotto anni. In compagnia di Maselli, Goliarda frequenta l’ambiente artistico dell’epoca, recitando in numerosi film di stampo neorealista. Recita, scrive sceneggiature, dirige documentari. Lavora, tra gli altri, con Luigi Comencini, Cesare Zavattini e Luchino Visconti.
Di ogni situazione Goliarda Sapienza riesce a cogliere la poesia grazie alla sua acuta - quasi esasperata - sensibilità, ma non è ancora una scrittrice. In verità ha scritto numerose poesie che nessuno ha letto, le tiene tutte per sé, chiuse sottochiave in un cassetto. Una è dedicata a sua madre, Maria, si intitola proprio A mia madre e parla del dolore per la morte della donna, avvenuta nel 1953. Un dolore mai sanato.
La vera svolta letteraria nella vita di Goliarda Sapienza si avrà nel 1962, in seguito al suo primo tentativo di suicidio.
Goliarda Sapienza: la rinascita nella scrittura
Nella primavera del 1962 Goliarda Sapienza venne ricoverata d’urgenza nel reparto psichiatrico del Policlinico di Roma.
Ha appena compiuto il primo dei suoi tre tentativi di suicidio.
Nell’intenzione di curarla dal suo male, secondo le pratiche in voga all’epoca, la sottopongono a una terapia di elettroshock. In seguito sarà il suo compagno, il regista Citto Maselli, a salvare Goliarda da quella pratica barbara portandola in terapia presso Ignazio Majore, uno psicoterapeuta messinese molto noto all’epoca nell’ambiente borghese romano.
Da questo momento la scrittura inizia a rivestire un ruolo preponderante nella vita di Goliarda. La donna vede nella parola scritta la maniera più efficace per ricomporre la sua memoria fatta a brandelli dalla pratica dell’elettroshock. La scrittura si rivela più salvifica della terapia. In questo periodo Goliarda Sapienza si dedica alla stesura di un romanzo, Il filo di mezzogiorno che sarà edito da Garzanti nel 1969. Si tratta, come dirà lei stessa, di una “autobiografia delle contraddizioni” che combina realtà e finzione rivendicando il diritto dell’autrice di “non categorizzare mai se stessa”.
A dare seguito alla sua vocazione di scrittrice sarà l’esperienza del carcere. Goliarda viveva una vita ritirata e povera, condizione che probabilmente la spinse a un furto di gioielli in casa di un’amica. Fu reclusa per tre mesi, ma tanto bastò per trasformare la vita in letteratura. Dall’esperienza carceraria Goliarda trasse due romanzi L’università di Rebibbia e Le certezze del dubbio, quest’ultimo pubblicato nel 1987 grazie al supporto dell’amico editore Beppe Costa.
L’arte della gioia: genesi di un capolavoro
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C’è un libro tuttavia di cui l’autrice in vita non vide mai la luce, che può essere considerato come l’autobiografia letteraria di un’esistenza. Era proprio quel libro infatti a sancire il vero atto di nascita di una grande scrittrice.
Nel 1967 Goliarda Sapienza decide di rinascere attraverso la scrittura. Si chiude in casa come una carcerata e si dedica alla stesura del suo libro capolavoro L’arte della gioia, che la impegnerà per quasi dieci anni. Terminerà la prima versione nel 1976 e la revisionerà per un anno intero assieme al marito, lo scrittore e attore Angelo Maria Pellegrino.
Ne L’arte della gioia Sapienza racconta la storia di Modesta, una ragazza siciliana anticonformista e sovversiva che attraversa gran parte degli eventi storici, politici e sociali del Novecento. L’intero romanzo si presenta come un inno appassionato alla libertà. Goliarda Sapienza crea attraverso Modesta una protagonista estremamente contemporanea: è una donna padrona di se stessa che sfida la società patriarcale e il regima fascista, decisa a vivere un’esistenza felice secondo le proprie regole.
Uno dei concetti più moderni che il romanzo - scritto negli anni Sessanta del Novecento - esprime è quello di identità liquida che decostruisce le categorie del genere: la protagonista indossa abiti maschili, fuma la pipa, sfidando ogni stereotipo in nome dell’emancipazione e, soprattutto, della libertà personale.
Nel 1978 il libro è pronto per la pubblicazione ma si scontra con i ripetuti rifiuti delle case editrici. Lo giudicano troppo lungo, lo ritengono immorale, poiché tratta argomenti ritenuti scomodi come la libertà sessuale, l’emancipazione femminile, sradica la costruzione identitaria legata al genere. Tutte tematiche straordinariamente attuali, che tuttavia all’epoca apparivano indecenti: non vi era né le capacità né la volontà di comprenderle.
Recensione del libro
L’arte della gioia
di Goliarda Sapienza
Sarà il marito, Angelo Pellegrino, a battersi per la pubblicazione del romanzo dopo la morte di Goliarda. L’arte della gioia sarà pubblicato postumo nel 1998, due anni dopo la scomparsa della scrittrice. L’edizione fu curata da Stampa Alternativa e prevedeva un numero limitato di copie, appena un migliaio.
Fu sempre Angelo a portare il manoscritto all’estero, dove venne pubblicato in due volumi, intitolati rispettivamente In den Himmel stürzen e Die Signora, dalla casa editrice tedesca Waltraud Schwarze. In seguito alla fama ottenuta in Germania il romanzo nel 2005 fu edito anche in Francia, dove ottenne un enorme successo di vendite. Goliarda Sapienza era un’autrice acclamata all’estero, ma ignorata dal suo paese d’origine, l’Italia.
Bisognerà attendere il 2008 perché L’arte della gioia venisse edito da Einaudi in seguito all’ampia diffusione che il titolo stava riscontrando oltralpe.
L’opera scandalosa di Goliarda Sapienza, trentadue anni dopo la sua venuta al mondo, vide finalmente la luce sugli scaffali delle librerie italiane incontrando il suo pubblico - che certamente era un pubblico diverso, nuovo, evoluto rispetto a quello cui intendeva rivolgersi l’autrice. Goliarda Sapienza aveva saputo parlare al futuro, coniugando i verbi al presente.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Goliarda Sapienza: vita e opere della scrittrice dell’autenticità
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