“Se c’è un paradiso deve essere una biblioteca”
Umberto Eco è tutto in quella frase che ne fa l’idolo dei bibliofili (n.d.r. frase simile fu pronunciata anche da Jorge Luis Borges). Oggi, 5 gennaio, ricorre l’anniversario della nascita del celebre semiologo, critico letterario, medievista, traduttore, scrittore di fama internazionale e grande erudito. Nato ad Alessandria, in Piemonte, 91 anni fa, Umberto Eco risulta difficile perfino da definire per la vastità di interessi e conoscenze accumulate. Nell’impresa ci soccorrono i libri: le sue opere, ovviamente, che affascinano i lettori di tutto il mondo e poi i tanti raccolti nella casa-biblioteca di Milano, oggi per volontà della famiglia trasferita all’Università Braidense, che custodisce una fedele riproduzione dello studiolo con i manoscritti rari, e all’Università di Bologna, erede dello sconfinato patrimonio di volumi accumulati durante un’intera vita.
La Biblioteca del mondo di Umberto Eco
La Biblioteca del mondo sopravvive nella sua unità e disposizione originaria, immortalata nel documentario realizzato da Davide Ferrario e presentato alla 17esima Festa del Cinema di Roma: le immagini raccontano un luogo straordinario definito da Umberto Eco come cosa viva, capace di indipendenza e memoria. I libri abitano saldamente la vita di questo scrittore. Tanto da decidere di riadattare, assieme alla moglie Renate, i locali di una banca dismessa per accogliere una collezione che complessivamente arrivò a toccare i 50mila volumi. Nascono così il corridoio dei libri, come veniva definito, deputato ad accogliere e catalogare i testi moderni, e lo studiolo per i 1300 volumi rari ed antichi. Cuore di una casa speciale che finisce per avere un’esistenza propria.
Una biblioteca non è una somma di libri, è un organismo vivente con una vita autonoma. Una biblioteca di casa non è solo un luogo in cui si raccolgono i libri: è anche un luogo che li legge per conto nostro.
Una dichiarazione d’amore che vale al celebre scrittore il posto d’onore tra i grandi collezionisti di tutti i tempi ne Lo scaffale infinito. Storie di uomini pazzi per i libri di Andrea Kerbaker (edito da Ponte alle Grazie nel 2013), altro bibliofilo di vaglia che con 30 mila volumi custoditi nella sua Kasa di Milano aperta al pubblico comprende bene la passione di cui stiamo parlando. E i suoi inconvenienti. Da bravo bibliofilo Eco si trovò ad affrontare, oltre alla soddisfazione personale, anche innumerevoli problematiche connesse con un patrimonio librario così vasto, gestite sempre con la consueta ironia.
Anzitutto il nome: per la sua collezione scelse quello di Bibliotheca semiologica curiosa, lunatica, magica et pneumatica.
La casa-biblioteca di Milano conteneva, e contiene nella sue nuove collocazioni, testi acquisiti nelle librerie antiquarie e sulle bancarelle di mezza Europa. Oltre ai suoi libri, certo, creati durante l’intero arco della vita. E poi il nucleo degli introvabili, i manoscritti rari, dedicato al sapere occulto e al falso: in materia astronomica, ad esempio, Eco collezionava Tolomeo, convinto che il sole girasse intorno alla terra, ma non Galileo.
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E poi il Malleus Maleficarum, manuale di caccia alle streghe best seller in epoca medievale. O egittologi con un’errata conoscenza dei geroglifici. Lo affascinava l’errore. Per comprendere appieno il personaggio, bisogna accedere alla collezione di titoli di recensioni, in tutte le lingue di ceppo indoeuropeo, che si muovono tra “L’Eco di Eco” e “Un libro che fa Eco”. La motivazione di questa raccolta la troviamo nei riferimenti al cognome e alle bonarie prese in giro subite negli anni, spiegate ne Il secondo diario minimo (ed. Bompiani, 1992):
Di solito, fin da piccolo, sono stato esposto a due (e due sole) sorte di battute: “Tu sei (lei è) quello che risponde sempre” e “Tu risuoni (lei risuona) nelle valli”.
La biblioteca come luogo di ricerca
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Ma il vero problema di un grande collezionista è di carattere pratico: riguarda la catalogazione, ovvero come disporre i libri in modo da assicurarne una consultazione agevole. Nel saggio De Bibliotheca (pubblicato nel 1981 a cura della Biblioteca Comunale di Milano e successivamente raccolto da Bompiani nel volume Sette anni di desiderio, ed. nel 1983) Eco definisce ampiamente la finalità delle raccolte librarie: non una ramificazione dell’Ego del proprietario o una semplice brama di possesso, ma piuttosto un luogo di ricerca.
Uno dei malintesi che dominano la nozione di biblioteca è che si vada in biblioteca per cercare un libro di cui si conosce il titolo. In verità accade sovente di andare in biblioteca perché si vuole un libro di cui si conosce il titolo, ma la principale funzione della biblioteca, almeno la funzione della biblioteca di casa mia e di qualsiasi amico che possiamo andare a visitare, è di scoprire dei libri di cui non si sospettava l’esistenza, e che tuttavia si scoprono essere di estrema importanza per noi.
Non è un caso che un libro ritrovato sugli scaffali della biblioteca di un monastero sia all’origine della sua opera più famosa, Il nome della rosa (ed. Bompiani, 1980).
Non sperate di liberarvi dei libri
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Una biblioteca personale e la conseguente spesa per l’acquisizione di sempre nuovi libri vanno poi in qualche misura giustificate. In Non sperate di liberarvi dei libri, scritto a quattro mani con lo sceneggiatore Jean-Claude Carriere ed edito da La Nave di Teseo (2017), troviamo una vero e proprio elogio del libro paragonato al cucchiaio, al martello, alla ruota, alle forbici.
“Una volta che li avete inventati, non potete fare di meglio”.
E, in quanto oggetti non superabili, sono destinati a sopravvivere anche alle innovazioni tecnologiche:
Per leggere, è necessario un supporto. Questo supporto non può essere il solo computer. Provate a passare due ore al computer a leggere un romanzo e i vostri occhi diventeranno delle palle da tennis! A casa io ho degli occhiali Polaroid che mi consentono di proteggere gli occhi dai danni di una lettura costante a video ma non è una soluzione sufficiente. Inoltre, il computer dipende dalla presenza dell’elettricità e non ti consente di leggere nella vasca da bagno, né disteso sul fianco a letto. Il libro, quindi, è a conti fatti uno strumento più flessibile.
Capitolo chiuso, quindi. O forse no. Altrove con sconvolgente sincerità l’autore ammette anche la passione ossessiva che anima il collezionista. Lo fa nella Lectio magistralis pronunciata in occasione dell’inaugurazione del Salone del Libro di Torino nel 2007 riportata da un articolo del quotidiano La Repubblica.
Ogni collezionista ha un sogno ricorrente. Trovare una vecchietta novantenne che ha in casa un libro che cerca di vendere, senza sapere di che si tratti, contare le linee, vedere che sono 42 e scoprire che è una Bibbia di Gutenberg, calcolare che alla poveretta restano solo pochi anni di vita e ha bisogno di cure mediche, decidere di sottrarla all’avidità di un libraio disonesto che probabilmente le darebbe qualche migliaio di euro (e lei ne sarebbe già felicissima), offrirle centomila euro con cui essa si rimpannuccerebbe estasiata sino alla morte, e mettersi in casa un tesoro.
Salvo poi incorrere nel dilemma che distingue il bibliomane (propenso a tenere nascosta la copia per sé, lontano da occhi indiscreti e al sicuro dai ladri) e il bibliofilo che vorrebbe condividere la meraviglia. E proporre al sindaco della sua città di esporla in luogo pubblico con le necessarie garanzie di sicurezza.
Ma che piacere sarebbe quello di possedere l’oggetto più raro del mondo senza potersi alzare alle tre di notte e andare a sfogliarlo? Ecco il dramma: avere la Bibbia di Gutenberg sarebbe come non averla.
La domanda da affrontare: li ha letti tutti?
E allora il bibliofilo si trova ad affrontare un ultimo problema: convincere se stesso e gli altri della perfetta normalità della sua piccola ossessione. A partire da quella domanda che deve affrontare ogni qual volta un ospite entra in casa sua e si trova al cospetto degli scaffali ricolmi di libri:
“Quanti libri! Li hai letti tutti?”
Umberto Eco suggerisce una soluzione al quesito che contribuisce da sola a giustificare l’ammirazione incondizionata di tutti i suoi affezionati lettori:
L’esperienza quotidiana ci dice che questa domanda viene fatta anche da persone dal quoziente intellettivo più che soddisfacente. Di fronte a questo oltraggio esistono, a mia scienza, tre risposte standard. La prima blocca il visitatore e interrompe ogni rapporto, ed è: “Non ne ho letto nessuno, altrimenti perché li terrei qui?” Essa però gratifica l’importuno solleticando il suo senso di superiorità e non vedo perché si debba rendergli questo favore.
La seconda risposta piomba l’importuno in uno stato di inferiorità, e suona: “Di più, signore, molti di più!” La terza è una variazione della seconda e la uso quando voglio che il visitatore cada in preda a doloroso stupore. “No,” gli dico, “quelli che ho già letto li tengo all’università, questi sono quelli che debbo leggere entro la settimana prossima”. Visto che la mia biblioteca conta cinquantamila volumi, l’infelice cerca soltanto di anticipare il momento del commiato, adducendo improvvisi impegni.
Immagine: Università Reggio Calabria, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Se c’è un paradiso deve essere una biblioteca”: il valore della biblioteca per Umberto Eco
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