Romana Petri vive tra Roma, dove è nata, e Lisbona. Editrice, traduttrice e critica letteraria, collabora con Il Messaggero e La Stampa. Ha ottenuto numerosi riconoscimenti come il Premio Mondello, il Rapallo-Carige e il Grinzane Cavour. È stata inoltre finalista del premio Strega nel 2001 e nel 2013. Fra le sue opere: Ovunque io sia (Beat 2012), Alle case venie, I padri degli altri, La donna delle azzorre, Dagoberto Babilonio, Un destino, Esecuzioni, Tutta la vita, Giorni di spasimato amore e Figli dello stesso padre.
Le sue opere sono tradotte in Olanda, Germania, Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Spagna e Portogallo. Esce oggi, 22 aprile, il romanzo Ti spiego (Beat 2015), veritiera e convincente ricostruzione della storia di un matrimonio fallito attraverso le lettere che Cristiana scrive al suo ex marito.
“Ricevere la tua lettera mi ha emozionata. Inutile dirti che non me l’aspettavo”.
Mario e Cristiana, entrambi sessantenni, sono “una civile coppia di separati” da quindici anni, che ha vissuto nella stessa città e si è scambiata delle regolari visite in presenza dei figli. Ora qualcosa è cambiato: Mario insieme con la seconda moglie “molto giovane e bella” e al loro figlio di poco più di un anno è andato a vivere a Rio de Janeiro, dall’altra parte del mondo. All’improvviso, l’uomo comincia a inviare delle lettere all’ex moglie, serenamente risposata da tempo, forse per ritrovare la giovinezza perduta. Il passato fatalmente ritorna, insieme alle recriminazioni, agli antichi tradimenti, alle illusioni perdute. Inizia così uno scambio di missive che attraversano l’oceano, cariche di tutte quelle parole (positive e negative) non dette in quarant’anni di vita, per quieto vivere.
“Forse il dolore è un po’ come una grande passione, di quelle che pure se sai che sono sbagliate non puoi farne a meno”.
Ancora una volta, in questo romanzo dal ritmo incalzante, l’autrice si conferma abile e sensibile indagatrice dei sentimenti e della psicologia di personaggi che restano a lungo nel cuore del lettore.
“Gran parte della nostra vita se la mangia il tempo. Anche noi due siamo stati mangiati. Rassegnati, e trova pace”.
- “Io sono sempre stata il punto fermo, la madre che lavorava dalla mattina alla sera, tu sei quello che quando arrivava, travolgeva ogni regola”. Signora Petri, per quale motivo Cristiana del suo passato matrimonio ricorda solo le cose negative al contrario di Mario?
Mario sta giocando sporco. E Cristiana, che lo conosce molto bene, lo capisce subito. E non dimentichiamo che se il loro matrimonio è saltato per aria la colpa è stata più che altro di Mario, della sua crudeltà mentale, del suo desiderio di annichilire e distruggere. Lei, che per molti anni ha subito, che ha finito per perdere suo malgrado quell’innocenza che avrebbe voluto conservare, il suo passato oggi non può certo vederlo edulcorato. Qualche volta ci sono ricordi che la inteneriscono, ma sa di non dover andare oltre. Mario ha un programma ben preciso in testa, e lei sa di dover stare sempre in guardia. Lo conosce, sa che non deve credere a nessuna delle sue parole. Mario non vuole ritrovare la sua giovinezza ma portare a termine un lavoro che il divorzio ha interrotto.
- Attraverso un rapporto epistolare a senso unico racconta quarant’anni di vita italiana (crisi del rapporto uomo/donna, il terrorismo, le utopie giovanili, la fede politica) e di conseguenza il fallimento di una generazione. Ce ne vuole parlare?
Ci sono epoche che, seppure ai tempi in apparenza necessarie, sono state in realtà fallimentari. La generazione dei sessantottini è una di queste. Quei famosi “giovani rivoluzionati” sono finiti quasi tutti (tutti quelli che hanno potuto) per diventare persone di potere. Insomma, il contrario di ciò che predicavano. E quello che sconcerta è la naturalezza con la quale sono passati da una parte all’altra: dalla rivoluzione del proletariato a quella che non ha mai avuto un minuto di crisi, “la rivoluzione dei ricchi”. È a questa che quelli come Mario hanno finito per aderire completamente. Per non parlare della falsa emancipazione della donna. Pochi uomini sono stati così fortemente maschilisti come quei rigorosi “compagni” di allora. Da quel momento in poi, la strada della donna è stata molto discenditiva. Tutto ciò che in quegli anni è stato quasi santificato (compreso, purtroppo, il terrorismo) si è poi corrotto da sé, e in modo davvero privo di pudore.
- Prima di diventare un ingegnere idraulico “la cui vita fa acqua da tutte le parti”, Mario è stato un boxeur. Nel libro questo sport violento rappresenta una metafora sulla resa dei conti tra due ex coniugi?
La boxe è uno sport violento ma è anche la “nobile arte” che prevede regole e non certo colpi bassi. L’epoca in cui Mario era un pugile è stata anche il loro momento migliore, quello in cui tutti gli ideali sembravano ancora possibili e autentici. Poi, quando la loro storia è finita, è stata Cristiana a indossare i guantoni, ma di certo, ogni volta che tirava pugni contro il sacco, il volto che avrebbe voluto colpire era proprio quello di Mario che l’aveva costretta a perdere, suo malgrado, l’innocenza sentimentale. Sì, in un certo senso, il suo salire sul ring è la resa finale dei conti che la vedrà vincitrice.
- “Il giardino dell’anima” cos’è per Cristiana?
È l’idea della coerenza, quel bel sogno di giovinezza che avrebbe voluto poter coltivare a lungo e che invece nella vita ha l’impressione di aver perduto per sempre. Lo ritroverà molti anni dopo, nel buio di una sala cinematografica, quando vedrà il film Cinderella man. Solo allora le sembrerà di poter rivivere dolcemente il suo passato (quello dei primi tempi) con Mario. E così, di fronte a quella vita ormai perduta, riuscirà a prendere tutte le distanze necessarie per liberarsi anche dei rancori.
- È un caso che Cristiana sia una narratrice e cos’è per lei la scrittura?
Per Cristiana, narratrice di mestiere, in questo caso scrivere sarà una specie di terapia. Ogni sua lettera indirizzata a Mario sembra anche una confessione fatta sul lettino di uno psicanalista. Parla al suo ex marito, ma anche a se stessa. E a una terza persona che potrà darle una mano a superare definitivamente i suoi personali anni di piombo.
- Sta lavorando in questo periodo a un nuovo romanzo?
In autunno uscirà un mio nuovo romanzo: Le serenate di Ciclone. È la storia di mio padre Mario Petri, famoso cantante lirico, ma soprattutto uomo che ha vissuto la sua eccentrica vita artistica come un vero e proprio romanzo d’avventura. Comincia il giorno in cui nasce a Perugia nel 1922 e finisce il giorno della sua morte a Città della Pieve nel 1985. Sono i suoi sessantatre anni di vita, ma anche quelli di un’Italia che ha visto grandi e repentine trasformazioni.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Ti spiego”: Romana Petri racconta il suo ultimo libro
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