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Recensioni di libri

Ti ho vista che ridevi di Lou Palanca

La vita di una giovane di Riace, Dora, che, appassionatasi alle lotte contadine degli anni ’60, si ritrova incinta, si relaziona a quella della nipote ribelle no-Tav e a quella di una profuga siriana che aveva creduto nella primavera araba.

Francesca Ferraro
Francesca Ferraro Pubblicato il 25-08-2015

40

Ti ho vista che ridevi

Ti ho vista che ridevi

  • Autore: Lou Palanca
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Casa editrice: Rubbettino
  • Anno di pubblicazione: 2015

Scheda e prezzo libro:

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A scrivere il romanzo dal titolo “Ti ho vista che ridevi” è un collettivo di autori che si chiama Lou Palanca e che racconta avvenimenti che non hanno rilievo nella “storia” ufficiale, ma che, recuperati, servono a spiegare le vicende personali e gli avvenimenti epocali, costruendo una trama che spiega come questi due fattori abbiano sostenuto e modificato il corso della storia. Così, la vita di una giovane di Riace, Dora, che, appassionatasi alle lotte contadine degli anni ’60, si ritrova incinta, si relaziona a quella della nipote ribelle no-Tav e a quella di una profuga siriana che aveva creduto nella primavera araba. A tessere la trama del racconto è un uomo di mezza età, che alla morte della madre scopre il segreto della sua nascita e ad aiutarlo nello svelamento del mistero sua sorella e la sua donna e fedele compagna, silenziosa e indispensabile. Sono storie che hanno una comune sensibilità, che è quella rivolta alla necessità vitale di opporsi a un sistema di regole coercitivo, che non dà respiro alla voglia di riscatto individuale e sociale. Ma una via di fuga c’è ed è, letteralmente, la fuga dal proprio paese per costruire una nuova identità, nuove vicende, nuove storie. Così il “talento” di Dora è quello che la porterà a formare una nuova famiglia lontano dalla sua terra e a trovare una nuova identità al servizio della terra delle Langhe, bisognosa di nuove “fattrici” per i suoi uomini, abbandonati dalle donne che sono andate a vivere in città. Le Langhe, salvate da tante “calabrotte”, giunte qui attraverso i sensali matrimoniali, con le loro solitudini, i loro sacrifici, hanno salvato le Langhe, come sostiene Carlo Petrini nell’introduzione, e nuove donne potranno salvare, forse, la Calabria, terra di tanti misteri, di piccoli e grandi segreti mai indagati, mai raccontati. Questi segreti spuntano nelle pieghe del racconto, come quello di Ponziano Salerno, rapito e costretto a vivere per diversi mesi in condizioni miserrime.

Una Calabria, quello sullo sfondo della narrazione, che si salva grazie anche allo sguardo attento del collettivo Lou Palanca. Questo gruppo di scrittori è coeso, contro un Sud fatto di pesanti individualismi, è colto e raffinato, contro lo stereotipo di “Cetto la qualunque”, competente, al contrario dei tanti “raccomandati” che bivaccano in Calabria, e dimostra che c’è una fiammella fatta di memorie, di sapienza e di formazione intellettuale che potrebbe alimentare la rinascita di una terra. Nel frattempo, però, gli autori lasciano un romanzo che può essere letto a qualsiasi latitudine e longitudine, perché la storia di popoli che si salvano fondendosi è la storia di tutte le terre in cui il progresso è avvenuto con maggiore rapidità e con migliori esiti.


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Ti ho vista che ridevi

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Commenti: 1

  • Ornella Donna
    29 aprile 2017, 11:29

    Il collettivo Lou Palanca, edito dalla casa editrice Rubbettino, ha pubblicato un libro dal titolo: Ti ho vista che ridevi. Lou Palanca è un insieme di autori, che raccontano avvenimenti che non hanno una particolare importanza nella “storia” ufficiale; ma che, recuperati, sono utili a spiegare le vicende personali e gli avvenimenti epocali, costruendo una trama che spiega questi due fattori abbiano sostenuto e modificato il corso della storia. In questo ultimo lavoro si parla delle vicende delle contadine che negli anni Sessanta lasciavano la Calabria per le Langhe piemontesi, grazie ai matrimoni combinati da abili “bacialè”, ovvero intermediari tra famiglie. Sono storie di migrazioni interne dimenticate in un Paese come il nostro, alle prese con nuove migrazioni.
    Bellissimo ed indicativo è il finale con cui si congedano dal lettore:

    “Vi saluto dai paesi di domani, che sono visioni di anime contadine in volo per il mondo.”

    Sono storie di uomini e donne che altrove:

    “hanno trovato una vita e ci si sono arrampicati sopra. Un’altra vita. L’unica possibile.”

    In Ti ho vista che ridevi non c’è un solo e vero protagonista. Si tratta di un romanzo costituito da diverse storie che si intrecciano tra loro, come fili diversi, tessuti in modo da formare un unico ed armonioso disegno, capace di far emozionare chi lo osserva. E’ la storia di Dora, giovane calabrese, madre a cui è stato negato di crescere, di tenere in braccio il proprio figlio. Un figlio nato prima che si sposasse e di cui, proprio per questo, nessuno avrebbe voluto educare. Qui incomincia la storia di Luigi, che solo dopo la morte di questa donna, amata come vera madre, viene a conoscenza di una difficile verità: la vera genitrice era un’altra, ovvero:

    “Mia madre non era mia madre, ma solo la sorella di chi mi ha messo al mondo. (…) Mia madre era un’altra donna, di cui l’unica cosa che conosco è il nome, Dora, appunto.”.

    Da qui la scoperta che Dora era “una calabrotta” emigrata in Piemonte, nelle Langhe. Il passo successivo sarà quello di recarsi nelle Langhe per cercarla.
    Questo testo è composto da tante tessere come in un mosaico: oltre alla storia di famiglia c’è la narrazione di luoghi ai poli opposti dell’Italia. Infatti vi è la storia di Riace, di un po’ tutta la Calabria, e delle Langhe. Su tutto domina il racconto delle migrazioni, delle tante donne, con tanti dolori alle spalle, che attraversavano il Mediterraneo per cercare una condizione di vita migliore. Ad ognuno dei personaggi sembra che la vita abbia negato l’amore, come a dimostrare la veridicità delle parole di Don Fabrizio ne il Gattopardo, che davanti all’amore della figlia Concetta per Tancredi afferma che:

    “L’amore, un anno di fuoco e fiamme, e trent’anni di cenere.”.

    Un libro che commuove e fa riflettere, a lungo, profondamente.

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