Il 16 ottobre 1902 nasceva a San Pellegrino di Belluno lo scrittore Dino Buzzati, noto anche per la sua attività di redattore e cronista per il Corriere della Sera per cui fu anche inviato speciale. Buzzati scrisse davvero di tutto, articoli di cronaca, racconti, libretti per il teatro e anche poesie.
La sua stessa vita testimonia un’inesauribile fede nella parola scritta, in qualsiasi forma essa si proponga o si manifesti. Sin da bambino Buzzati dimostrò una profonda sensibilità che non tardò a rendere tangibile attraverso i suoi scritti e i suoi - forse meno noti, ma certo meritevoli - dipinti.
Narratore prolifico e pluripremiato, all’attività di giornalista Buzzati affiancò una scrittura romanzesca, a tratti esistenzialista e a tratti surreale, che gli valse numerosi riconoscimenti: il suo capolavoro, Il deserto dei Tartari (edito per la prima volta da Rizzoli nel 1940), è considerato dai critici novecenteschi come uno dei “tesori della letteratura italiana”.
Ma cosa spingeva Buzzati a scrivere? E, soprattutto, quale era la sua peculiare caratteristica come scrittore ? A queste domande rispose lui stesso attraverso un’acuta riflessione contenuta nella raccolta In quel preciso momento che testimonia la sua fede nella parola, ma anche la principale caratteristica che uno scrittore deve avere: ovvero la costanza.
In questo breve estratto che inizia con un imperativo “scrivi” accompagnato da un’invocazione implorante “ti prego” Dino Buzzati ci spiega cos’è la scrittura intesa come mestiere. Un mestiere che spesso uno non si sceglie - come è accaduto allo stesso Buzzati - ma che è toccato in sorte.
La riflessione sulla scrittura di Dino Buzzati è temeraria e patetica al tempo stesso, perché traduce una domanda universale che non ha davvero una risposta certa: perché scriviamo? Cosa ci spinge a scrivere?
“Scrivi, ti prego”: la riflessione di Dino Buzzati
Scrivi, ti prego. Due righe sole, almeno, anche se l’animo è sconvolto e i nervi non tengono più. Ma ogni giorno. A denti stretti, magari delle cretinate senza senso, ma scrivi. Lo scrivere è una delle più ridicole e patetiche nostre illusioni. Crediamo di fare cosa importante tracciando delle contorte linee nere sopra la carta bianca. Comunque, questo è il tuo mestiere, che non ti sei scelto tu ma ti è venuto dalla sorte, solo questa è la porta da cui, se mai, potrai trovare scampo. Scrivi, scrivi. Alla fine, fra tonnellate di carta da buttare via, una riga si potrà salvare. (Forse).
Il senso della scrittura per Dino Buzzati
Link affiliato
Scrivi ti prego non è il titolo del testo di Buzzati né una poesia, ma un estratto da una pagina intitolata La salvezza tratta dalla raccolta eterogenea di prose e riflessioni In quel preciso momento (Neri Pozza, 1950) in seguito pubblicata da Mondadori in una nuova edizione contenente frammenti inediti nel 1974.
La chiave di lettura di questo breve scritto di Buzzati ce la dà per l’appunto il suo titolo: “La salvezza”. La scrittura per l’autore è “salvezza”, come dimostra la pur desolante conclusione:
Scrivi, scrivi. Alla fine, fra tonnellate di carta da buttare via, una riga si potrà salvare. (Forse).
Colpisce e al contempo sconcerta che simili parole siano state scritte da uno scrittore acclamato, non certo da uno scribacchino. Ma, del resto, questa riflessione ci dà anche la misura del genio di Buzzati: solo le migliori menti possono avere una visione così critica e sofferta del proprio lavoro, al punto da definire le proprie pagine e sudate carte come “tonnellate di carta da buttare via”. In fondo il vero scrittore - suggerisce tra le righe Buzzati - è proprio questo: colui che ha tonnellate di carte da buttare via e nonostante tutto, ogni giorno, a denti stretti, con quella pagina bianca ingaggia una guerra feroce. La scrittura ci viene presentata come una sofferenza, ma anche come l’ultimo rifugio, la sola via di scampo. Particolarmente incisiva la parte in cui Buzzati la definiva come una ridicola e patetica illusione.
Lo scrivere è una delle più ridicole e patetiche nostre illusioni. Crediamo di fare cosa importante tracciando delle contorte linee nere sopra la carta bianca.
Non è proprio questa illusione, in fondo, a continuare a guidare chi scrive? Tracciamo contorte linee nere su una pagina bianca nella speranza di lasciare una traccia, un segno, qualcosa che esista e duri più a lungo di noi.
In molti suoi scritti Dino Buzzati testimonia che la salvezza è veicolata dalla parola, poiché lui, proprio lui, in quanto scrittore, giornalista, artigiano della letteratura, aveva una fede inesausta nella parola, sapeva appunto che “le parole sono importanti”.
La scrittura era per Buzzati un atto di fede, ma anche qualcosa in cui riporre una certa aspettativa. Non sapeva dove le parole lo avrebbero condotto, ma vi si abbandonava, forse proprio per questo le sue pagine letterarie, così come le sue poesie, sono piene di imprevisti, situazioni surreali, visitatori inattesi o, al contrario, a lungo invocati come nel racconto capolavoro Gli inviti superflui.
Nelle sue pagine è il Buzzati scrittore a sfogliare sé stesso, leggendosi dentro attraverso la scrittura e mettendosi in viaggio verso un altrove cercato e mai raggiunto consapevole che l’unica porta da cui trovare scampo era spalancata dalla scrittura, ovvero da quegli strani gesti compiuti metodicamente ogni giorno, tracciando segni neri su una pagina bianca. Tramite quel gesto ripetuto, a tratti sofferto, il quotidiano si illumina, si traduce in una visione magica.
Alla fine una riga sola si potrà salvare - e questo basta - perché lì è conservata l’essenza di scrive, mentre ci sono uomini che vivono una vita intera senza trovarla mai quell’essenza.
leggi anche
Dino Buzzati: vita e opere dello scrittore
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Scrivi, ti prego”: il significato della scrittura per Dino Buzzati
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Scrivere un libro News Libri Dino Buzzati
Lascia il tuo commento