La Roma dannunziana è decadente, piena di un fascino quasi orientale, più vicina a Bisanzio con il suo splendore di ori e ornamenti preziosi che alla severa Roma dell’antichità archeologica.
Gabriele D’Annunzio nacque a Pescara nel 1863 e, dopo aver studiato al collegio Cicognini di Prato, si trasferì a Roma nel 1881 per frequentare la facoltà di Lettere, anche se non si laureerà mai, subito catturato dalla frenetica vita mondana della capitale. Per guadagnare e permettersi i lussi che lo attiravano, il giovane provinciale, quasi ventenne, comincerà a collaborare con giornali locali occupandosi prevalentemente di cronaca mondana: “Fanfulla”, “Capitan Fracassa” e soprattutto “Cronaca bizantina” lo vedono assiduo collaboratore, in un ambiente dove conosce e frequenta altri artisti (Scarfoglio, Michetti, Tosti).
Presto D’Annunzio si trasformerà nel narratore di balli, feste, concerti, varie attività mondane fino all’incontro con la duchessa Maria Hardouin di Gallese, la diciannovenne aristocratica di cui si innamora e che rapisce suscitando uno scandalo di vaste proporzioni. Il matrimonio segreto si svolge a Palazzo Altemps e la duchessa madre, Natalia Hardouin, presenta il genero giornalista al suo amico principe Maffeo Sciarra, proprietario del giornale La Tribuna, imprenditore e mecenate romano che in quegli anni fece costruire il teatro Quirino, in fondo a via del Corso.
Maria di Gallese introduce definitivamente D’Annunzio nel bel mondo della società romana, gli svela i segreti, i gusti, i piaceri delle nobildonne, gli suggerisce gli argomenti da affrontare nei suoi pezzi giornalistici, consigliando negozi, abiti, stoffe, luoghi da frequentare che subito divennero di gran moda. Cacce alla volpe e corse di cavalli, aste di quadri, passeggiate romantiche a Villa Borghese divennero itinerari agognati da chi leggeva i pezzi di cronaca del giovane viveur.
La coppia visse prima a Piazza Barberini, poi in via del Tritone. Nei quattro anni che durò il loro ménage matrimoniale, la presenza del gusto e delle abitudini aristocratiche della moglie, donna di gran classe, condizionarono in modo profondo i gusti del futuro poeta, consacrandone negli anni a venire la propensione alla bellezza, che si esplicitava nell’acquisto di oggetti, che cominciò a collezionare in modo compulsivo, nei vestiti, negli arredi, nei panorami, nei monumenti, nelle frequentazioni della migliore società romana. Arriverà a far dare al suo personaggio, alla domanda “che vorreste voi essere”, una risposta lapidaria: “principe romano”.
Roma non poteva che essere il palcoscenico ideale per una simile messa in scena e a Roma verrà dedicato il romanzo che gli diede subito celebrità e fama, “Il Piacere”, pubblicato nel 1889.
D’Annunzio fu un intellettuale dalle vastissime letture, capace di porsi al centro di quel movimento letterario europeo, il Decadentismo, del quale egli fu senza dubbio l’interprete italiano più significativo. Lettore vorace di Baudelaire, di Verlaine e Rimbaud, fu certamente attratto e certamente influenzato dalla lettura da almeno due capolavori europei coevi, “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde e “A rebours” di Joris Karl Huysmans. Il personaggio di Jacques Des Esseintes, l’esteta esasperato protagonista di quella storia, somiglia in modo notevole all’esteta conte Andrea Sperelli Fieschi d’Ugenta, alter ego dello stesso scrittore, che al centro della Roma barocca, piena di ville, fontane, monumenti, palazzi nobiliari intesse le sue complicate storie d’amore con nobildonne ricche, fascinose, femmes fatales che prendono spunto da modelli femminili che D’Annunzio aveva realmente incontrato, con cui aveva intrattenuto numerose e chiacchierate relazioni intime, che lui ricorda così:
“passano, al trotto stanco dei cavalli, distese nelle carrozze a metà chiuse, e sono pallide, per lo più nascoste da un velo denso, sprofondate nella mollezza delle pellicce, così signorilmente voluttuose”
La Roma nella quale si muove lo scrittore è la recente capitale di uno stato appena costituito, di appena 400 mila abitanti, piccola, piuttosto provinciale, che tentava di risollevarsi dopo secoli di dominazione del papato, oppressa tuttavia ancora da gravi problemi politici e sociali: la questione meridionale, l’emigrazione, le recenti sconfitte coloniali (Dogali, Adua), la nascita del partito socialista dei Lavoratori. Ma di questo il poeta-scrittore non sembra volersi curare. A lui parve “immensa, sempre novella, sempre misteriosa come il mare” Per lui Roma è la “Grande bellezza”, è una città da conoscere, esplorare, possedere, come si fa con una bella donna, è la città che parla con le parole di Andrea Sperelli, palesemente qui l’alter ego di D’Annunzio:
“Roma era il suo grande amore: non la Roma dei Cesari, ma la Roma dei Papi; non la Roma degli Archi, delle Terme, dei Fòri, ma la Roma delle Ville, delle Fontane, delle Chiese. Egli avrebbe dato tutto il Colosseo per la Villa Medici, il Campo Vaccino per la Piazza di Spagna,, l’Arco di Tito per la fontanella delle Tartarughe. La magnificenza principesca dei Colonna, dei Doria, dei Barberini l’attraeva assai più della ruinata grandiosità imperiale. E il suo gran sogno era di possedere un palazzo incoronato da Michelangelo e istoriato dai Carracci, come quello Farnese; una galleria piena di Raffaelli, di Tiziani, di Domenichini, come quella dei Borghese; una villa, come quella di Alessandro Albani, dove i bussi profondi, il granito rosso d’Oriente, il marmo bianco di Luni, le statue della Grecia, le pitture del Rinascimento, le memorie stesse del luogo componessero un incanto intorno a un qualche suo superbo amore…”
Eccoci dunque all’incipit del celebre romanzo "Il Piacere". Siamo nelle stanze di Palazzo Zuccari, all’inizio di via Gregoriana, appena attraversata piazza di Spagna, salita la scalinata di Trinità de’ Monti, il cui orologio sta suonando le tre e mezza. Sta per giungere Elena Muti, la bellissima donna con cui Andrea aveva avuto una tempestosa relazione che si era improvvisamente interrotta due anni prima. Ora lei, che è sposata con un lord inglese e vive all’estero, sta per raggiungere l’antico amante, che l’attende in uno scenario che è la quintessenza del gusto del liberty, del decò, che talvolta finisce per diventare davvero Kitsh: ecco allora il legno di ginepro che arde nel caminetto, le tende di broccatello dalla trama fiorita, tazze da tè di squisita fattura decorate con figure mitologiche e una grande profusione di fiori profumatissimi dentro coppe di cristallo, foglie, petali, “Una grande rosa bianca, che si disfaceva a poco a poco, languida, molle con qualche cosa di feminino”.
Andrea guarda impaziente dalla finestra piazza Mignanelli, villa Medici, ma la donna ritarda; eccola finalmente in un rapido frusciare di gonne sul pavimento
“Un mantello di panno Carmélite, con maniche nello stile dell’impero, tagliate dall’alto in larghi sgonfi, spianate a abbottonate al polso, con un immenso bavero di volpe azzurra…”
Passione per la moda femminile, le stoffe, gli abiti, le scarpe, i profumi, i gioielli, le acconciature, la biancheria intima, gli oggetti di antiquariato comprati a via Condotti, che avevano riempito le cronache mondane orientando i gusti delle piccole borghesi che stravedevano per lui rientrano negli scenari in cui lo scrittore ambienta le sue trame. Si pensi al ricevimento a Palazzo Farnese, un evento raccontato in una delle sue cronache mondane, che diviene nel romanzo la “location” ideale per l’incontro fatale tra Andrea Sperelli ed Elena Muti, che avanzava
“Nell’istoriata galleria del Carracci dov’era minore la calca, portando un lungo strascico che la seguiva come un’onda grave sul pavimento”
Ma è sempre Roma a restare al centro del suo interesse di scrittore e di ascoltato Maître à penser: mentre la speculazione edilizia premeva sulla città, mentre al cardinale De Merode succedeva il Comune di Roma nel progetto di costruire un nuovo quartiere intorno a via Nazionale e alla futura stazione Termini, mentre i grandi aristocratici svendevano i loro gioielli, si pensi al principe Boncompagni Ludovisi che, grazie ad una variante del piano Regolatore del 1883, si accordò con il Comune di Roma e consentì la costruzione del nuovo quartiere al posto della splendida villa (il nuovo quartiere che fu luogo di elezione da parte dei Piemontesi giunti nella capitale), D’Annunzio interviene con un sarcastico attacco ai nuovi padroni di Roma, gli speculatori, gli odierni palazzinari, che stavano irrimediabilmente mutando l’aspetto della città da lui amata:
“Dalle rovine sorgerà la nuova Roma, la Roma costruita dalli architetti giovani che lasceranno da parte le eleganze del Bramante e si inspireranno utilmente al palazzo del Ministero delle Finanze, al gran mostro della moderna architettura, alla caserma degli impiegati… Fra non molti anni, se una giusta e severa legge edilizia non mette un freno alla prepotenza e alla impudenza dei fabbricatori, la capital del mondo rassomiglierà a una qualche brutta città americana edificata da una masnada di mercanti di cotone”
Restano comunque nei romanzi di Gabriele D’Annunzio pagine letterarie di estrema raffinatezza, dove alla perizia del grande scrittore, interprete straordinario del gusto europeo del Liberty, si unisce la venerazione per una città che, pur non essendo la sua e pur avendovi vissuto solo per pochi anni, resta nel suo cuore e nella sua sensibilità come qualcosa di veramente speciale ed indimenticabile, luogo di amori e di cultura, di storia passata e di ricordi, in cui panorami e chiese, musei e natura si mescolano in una miscela di grande suggestione
“Le chiese remote dell’Aventino, Santa Sabina su le belle colonne di marmo pario, il gentil verziere di Santa Maria del Priorato, il campanile di Santa Maria in Cosmedin, simile a un vivo stelo roseo nell’azzurro, le ville dei cardinali e dei principi: la villa Pamphilj, che si rimira nelle sue fonti e nel suo lago tutta graziata e molle... la villa Albani, fredda e muta come un chiostro... e la villa Medici, che pare una foresta di smeraldo ramificante in una luce soprannaturale... Tu sei un mondo, o Roma! Ma senza l’amore il mondo non sarebbe mondo, Roma stessa non sarebbe Roma”
Nella foto, Gabriele D’Annunzio a Roma
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Roma nei romanzi di Gabriele D’Annunzio
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