

In molte periferie e sobborghi urbani della Penisola, la cultura "a disposizione di tutti" sembra un lusso riservato solo ai centri storici. La scarsa presenza di biblioteche nelle aree marginali delle nostre città è il sintomo di un problema più ampio: la mancanza di accesso equo alla conoscenza, all’informazione e alla partecipazione culturale, e conseguentemente anche la limitazione della possibilità di fare autoformazione, causata dall’accesso difficoltoso ai testi necessari. In un Paese che fatica a promuovere la lettura — secondo l’ISTAT, nel 2023 solo il 39% degli italiani ha letto almeno un libro non scolastico in un anno — la carenza di presidi culturali nei quartieri periferici è una ferita che continua a sanguinare.
Eppure, una soluzione concreta, economica e sostenibile esiste: si potrebbero valorizzare e riorganizzare le biblioteche scolastiche. Non si tratta di un’utopia, ma di una proposta realistica che, in un’epoca di cambiamenti e trasformazioni, potrebbe ridare centralità alle scuole come poli culturali del territorio e risolvere al contempo alcuni problemi strutturali del sistema scolastico italiano.
Le biblioteche scolastiche come spazi pubblici
Molte scuole, anche nei quartieri più trascurati, dispongono di una biblioteca. Spesso, però, questi spazi sono completamente abbandonati a sé stessi: scaffali disordinati, libri smarriti o, non di rado, gettati via senza alcun raziocinio, assenza di catalogazione digitale, accesso limitato per gli studenti e inesistente per il pubblico. Queste situazioni di degrado sono uno spreco inaccettabile in un momento storico di difficoltà economiche oggettive, in cui ogni risorsa investita nella cultura dovrebbe puntare a generare un impatto sociale moltiplicato.
Aprire le biblioteche scolastiche al territorio al termine delle lezioni, permettendo la consultazione dei testi anche a tutti i residenti, organizzando pure presentazioni di libri, corsi e laboratori culturali, incontri con autori e conferenze trasformerebbe questi luoghi da magazzini di libri inutilizzati in centri pulsanti di vita comunitaria.
Un progetto sostenibile attraverso docenti formati
L’Italia è il paese degli sprechi, e la riorganizzazione delle biblioteche scolastiche, in un’ottica di scuole aperte tutto l’anno per la cittadinanza, non richiederebbe grandi investimenti. Basterebbe innanzitutto una gestione seria, collegata al sistema OPAC e ai cataloghi provinciali, per palesare la consistenza dei fondi e renderli accessibili e interconnessi. Ma soprattutto servirebbe una regia funzionale, e si potrebbe fare di necessità virtù: nella gestione delle biblioteche si potrebbero affiancare ai bibliotecari "a tempo pieno" quei docenti che necessitano di completare le 18 ore settimanali di servizio.
Oggi, molti insegnanti sono infatti costretti a dividere il proprio orario di lavoro tra due o più scuole anche molto distanti tra loro (si tratta delle cosiddette COE, cattedre orario esterne), spostandosi quotidianamente da un istituto all’altro, con evidenti ripercussioni in termini di stress, efficienza, traffico, inquinamento, perdita di tempo e di denaro (a fronte di stipendi già troppo bassi). Utilizzare le ore "residue" all’interno della stessa scuola per far funzionare la biblioteca in modo serio sarebbe una soluzione vantaggiosa sotto ogni punto di vista.
Per rendere i docenti realmente competenti nella gestione bibliotecaria, basterebbe offrire loro una formazione di base gratuita, magari promossa dal Ministero dell’Istruzione in collaborazione con università o enti certificati. Al termine dei corsi, dovrebbe necessariamente seguire il conferimento di un diploma finale, riconosciuto come titolo valutabile nelle graduatorie, con un punteggio analogo, ad esempio, a quello attribuito per un master universitario. In questo modo si darebbe dignità al ruolo e si incentiverebbe la partecipazione all’iniziativa.
Le biblioteche scolastiche come presidio culturale
Riqualificare le biblioteche scolastiche, tuttavia, non è solo una questione logistica o funzionale, è un atto politico e sociale. Significa restituire rilievo agli istituti scolastici, trasformandoli in veri luoghi del sapere per tutti i membri delle comunità: spazi sempre utili a tutti, capaci di offrire occasioni di crescita, dialogo e inclusione. Significa soprattutto immaginare un modello di città in cui anche i quartieri periferici non siano più condannati alla marginalità e alla miseria culturale.
In un’epoca in cui tanto spesso ci si interroga sulla necessità di interventi di rigenerazione urbana, perché non partire da qui? Dalle biblioteche scolastiche, da spazi già esistenti, pronti a tornare a vivere. Basterebbe solo volerlo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Riqualificare le biblioteche scolastiche come risorse per le comunità
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