Circa vent’anni fa lessi un libro, anzi no, un classico "romanzone”, pubblicizzato come la più grande storia d’amore e guerra dopo Guerra e pace e Il dottor Zivago, ambientato nell’Unione Sovietica durante la II Guerra Mondiale.
Di quel libro, più che la storia d’amore mi rimase impressa la forza morale, la resistenza e la resilienza dei protagonisti, rinchiusi dentro casa mentre il nemico era alle porte della loro città. Ho ripensato a questo libro, adesso che la metà della popolazione mondiale è sottoposta a misure di isolamento a causa della pandemia da coronavirus. Un virus insidioso, perché sconosciuto, che gli studi delle ultime settimane confermano un timore nascosto da molti e taciuto: la diffusione del coronavirus nell’aria è più sostenuta di quanto si ritenesse all’inizio. Quindi l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) si prepara a rivedere le norme.
Il cavaliere d’inverno: le analogie con la situazione attuale
Proviamo dunque a leggere per la prima volta o a rileggere Il cavaliere d’inverno (BUR 2003, titolo originale The bronze horseman, traduzione di Lucia Fochi e Francesca Del Moro) di Paullina Handler Simons, scrittrice russa, nata a San Pietroburgo nel 1963, emigrata negli Stati Uniti con la sua famiglia negli anni Settanta.
Il cavaliere d’inverno, successo mondiale pubblicato per la prima volta nel 2000, si ispira in parte alla storia della famiglia dell’autrice e fa parte della trilogia del Cavaliere d’inverno, Tatiana & Alexander (2003), Il giardino estate (2005).
“La luce del mattino entrò dalla finestra e inondò l’intera stanza”.
Leningrado, estate 1941. Tatiana e Dasha sono due sorelle, legate tra loro da un legame profondissimo. Finora la loro vita è stata serena e felice, ma il 22 giugno 1941, quando le truppe tedesche invadono la parte di Polonia occupata dall’Unione Sovietica (Operazione Barbarossa), tutto cambia.
Hitler vuole penetrare nel cuore della Russia, ma deve fare i conti con la tenacia del popolo russo, deciso a vendere cara la pelle nei confronti dei nazisti.
Questi incontrano lungo il loro cammino invasivo, un’inaspettata, forte resistenza.
Quando arriva l’inverno e Tatiana ha già incontrato Alexander, giovane ufficiale dell’Armata Rossa, l’uomo del destino per la ragazza, l’assedio di Leningrado è già in atto (8 settembre 1941 – 27 gennaio 1944). È qui che l’autrice, attingendo ai ricordi dei nonni Lev e Maria Handler, scrive le pagine più belle del romanzo-fiume, ma che si legge tutto d’un fiato. Leningrado resiste e con la città i suoi abitanti stretti nella morsa del freddo e di un assedio che si rivelerà il più lungo della storia della II Guerra Mondiale.
“SCORTE ESAURITE” appare scritto su di una finestra di un magazzino bombardato e abbandonato, che si trova vicino alla Cattedrale di San Nicola. Ciò rende Tatiana furiosa, perché quella stessa mattina sua madre le aveva dato 500 rubli, i soldi avanzati dall’acquisto della stufa, dicendole di comperare qualsiasi cosa sarebbe riuscita a trovare.
“MASCHERINE ESAURITE” si legge davanti alle vetrine di tante farmacie, nei giorni dell’emergenza da Covid-19, però quasi tutti coloro che girano per le città vuote di persone e di auto ne indossano una. Ciò vuol dire che già da un mese abbondante c’è stata una corsa ad accaparrarsi queste preziose mascherine, baluardo tra noi e il virus.
A Leningrado sono gli anziani a morire per primi, a causa del freddo e del poco cibo a disposizione. Anche a casa di Tatiana, la nonna muore e viene trovata stesa sul divano, con indosso le coperte e il cappotto, immobile, fredda.
Contagiati e deceduti per il coronavirus nelle strutture di assistenza dove sono ospitati (forse anche per coesistenti altre malattie note o meno) è il triste racconto dei Tg, che narrano il dramma senza fine nelle case di riposo. Ma ci sono anche gli anziani che muoiono tra le mura domestiche, da soli, senza che nessuno se ne accorga.
L’elenco delle vittime e dei malati di Covid-19 si allunga ogni giorno di più, senza risparmiare nessuna regione della Penisola, il virus vola colpendo per primi proprio i più fragili, quelli più in là con gli anni, nella maggiore percentuale.
È Tatiana a preoccuparsi di reperire il poco cibo per la famiglia, ma un giorno che la ragazza è uscita dal magazzino con un chilo di pane viene assalita da un ragazzino che le strappa il pane dalle mani mangiandolo avidamente. Come fa ora Tatiana a tornare a casa con le mani vuote?
Questo è il rischio che si corre ora quando, arrivando davanti al supermercato di fiducia, troviamo file chilometriche, alle quali noi, donne e uomini del terzo millennio non siamo certi abituati, tranne che per l’acquisto dell’ultimo iPhone di tendenza. Un esercizio di pazienza che mette a dura prova l’innata resilienza di ciascuno, ieri come oggi.
L’assedio di Leningrado terminò con la sconfitta della guerra lampo di Hitler contro l’Unione Sovietica e nel volume Tatiana e sua sorella arrivano addirittura a mangiare la colla da parati pur di sopravvivere e assistere alla fine dell’assedio.
È ormai accertato che l’epidemia di Covid-19 si è diffusa e si diffonderà in sempre più Paesi. Occorre dunque affrontarlo con una grande organizzazione negli ospedali e senza nessun terrorismo psicologico.
Tornerà quindi il tempo di quella “stagione clemente”, descritta nella poesia di William Wordsworth, esergo del presente volume:
“Perciò, quando la stagione è clemente, per quanto ci si possa allontanare dalla costa le nostre anime non perdono di vista l’oceano immortale che ci ha portati sin qui, e in un momento possiamo farvi ritorno, vedere i fanciulli giocare sulla riva, e udire il fragore dell’acqua nel suo moto incessante”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Rileggere "Il cavaliere d’inverno " di Paullina Simons al tempo del coronavirus
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