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Storia della letteratura

“Alì dagli occhi azzurri”, la Profezia di Pier Paolo Pasolini

Attraverso l'immersione nella Storia, Pier Paolo Pasolini si fa profeta del tempo di questa nostra epoca con una poesia orientata a un senso globale del vivere.

Federico Guastella
Federico Guastella Pubblicato il 28-04-2023
“Alì dagli occhi azzurri”, la Profezia di Pier Paolo Pasolini

Si intitola Profezia la seconda poesia della sezione “Realtà” contenuta nella raccolta Poesia in forma di rosa di Pier Paolo Pasolini.
Scritta in modo da formare una croce, come a simbolizzare il luogo del sacrificio, si colloca nel quadro del fenomeno migratorio dal Sud verso il Nord quando allora nessuno avrebbe potuto immaginarlo e può dirsi la rappresentazione di un movimento di masse.

Composta probabilmente già nel 1962, ha la sua origine in una conversazione tra Pasolini e l’amico Jean Paul Sartre a cui è stata dedicata:

A Jean Paul Sartre, che mi ha raccontato la storia di Alì dagli occhi azzurri.

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Nello stesso anno di pubblicazione di Poesia in forma di rosa, Pasolini ne pubblica una seconda versione, forse inferiore, col nuovo titolo Alì dagli occhi azzurri, inserendola nel volume del 1965 che raccoglie racconti, sceneggiature e progetti di film dal 1950 al 1965.
Prendendo in esame la prima, nell’incipit si vede un “figlio” che nella Calabria dell’inutile riforma agraria constata l’abbandono del mondo contadino: nulla sa di agricoltura e delle case di fango e pensa ai suoi fratelli del Nord che lottano per le loro rivendicazioni salariali.

Nella perdita di una millenaria tradizione contadina a favore dello sviluppo industriale si inquadra la fine della presenza della Grande Madre; forse pensando a Cerere che aveva insegnato l’arte di coltivare i campi a grano o al mito eleusino di Persefone, il poeta dice: “tre millenni svanirono, non tre secoli, non tre anni”.

Scopriamo testo, analisi e commento della Profezia pasoliniana.

Profezia di Pier Paolo Pasolini: analisi e commento

Ecco la profezia di Pier Paolo Pasolini espressa in questi icastici versi:

Alì dagli Occhi Azzurri
uno dei tanti figli di figli,
scenderà da Algeri, su navi
a vela e a remi. Saranno
con lui migliaia di uomini
coi corpicini e gli occhi
di poveri cani dei padri
sulle barche varate nei Regni della Fame. Porteranno con sé i bambini,
e il pane e il formaggio, nelle carte gialle del Lunedì di Pasqua.
Porteranno le nonne e gli asini, sulle triremi rubate ai porti coloniali.
Sbarcheranno a Crotone o a Palmi,
a milioni, vestiti di stracci
asiatici, e di camicie americane.
Subito i Calabresi diranno,
come da malandrini a malandrini:
” Ecco i vecchi fratelli,
coi figli e il pane e formaggio!”
Da Crotone o Palmi saliranno
a Napoli, e da lì a Barcellona,
a Salonicco e a Marsiglia,
nelle Città della Malavita.
Anime e angeli, topi e pidocchi,
col germe della Storia Antica
voleranno davanti alle willaye.

Ci si trova dinanzi ad una grandiosa e bruciante visione profetica che poggia sulla necessità di essere nella storia con lo sguardo rivolto al futuro.
Flusso inarrestabile, da cui emerge una sconvolgente situazione: l’arrivo di popoli che vissero come banditi.

che non vollero mai sapere, essi che ebbero occhi solo per implorare, essi che vissero come assassini sotto terra, essi che vissero come banditi in fondo al mare, essi che vissero come pazzi in mezzo al cielo.

Pasolini, riflettendo sullo scontro-incontro delle etnie, così li descrive:

Dietro ai loro Alì / dagli occhi azzurri – usciranno da sotto la terra per uccidere – / usciranno dal fondo del mare per aggredire – scenderanno / dall’alto del cielo per derubare – e prima di giungere a Parigi / per insegnare la gioia di vivere, / prima di giungere a Londra per insegnare ad essere liberi, / prima di giungere a New York / per insegnare come si è fratelli.

Saranno dunque i popoli provenienti dall’Africa a portare con loro un altro sapere: “il germe della storia antica”, cioè dell’irrazionalità, e insegneranno “ai compagni operai la gioia della vita”, ai “borghesi la gioia della libertà”, “ai cristiani la gioia della morte”.

L’epilogo, onirico e misticheggiante, unisce il Papa dal sorriso buono a Trotzky: Il Pontefice farà loro da guida, accompagnandoli verso il Nord e l’Ovest dell’Europa.

— distruggeranno Roma
e sulle sue rovine
deporranno il germe della Storia Antica. Poi col Papa e ogni sacramento andranno come zingari su verso l’Ovest e il Nord con le bandiere rosse di Trotzky al vento…

Sta qui il senso ultimo di una poesia non ingenua, ma consapevole di dare un senso globale al vivere rinvenibile nell’alleanza del marxismo con il cristianesimo, argomento peraltro negli anni Sessanta abbastanza dibattuto.

Illuminante il commento di Peter Kanmner:

Questa profezia ricorda il titolo famoso che Carlo Levi ha dato ad un suo libro di viaggio in Urss, “Il futuro ha un cuore antico”, ma accomuna Pasolini in modo sorprendente anche ad un altro grande pensatore marxista eretico, Walter Benjamin. Da origine e da sponde completamente diverse, il pensiero di Benjamin era giunto a due tesi, intorno alle quali ruota il suo pensiero: non c’è rivoluzione senza un “nucleo ardente teologico e, rovesciando il “prospettivismo” marxista leninista, “il compito principale della rivoluzione comunista consiste nella liberazione del passato.

La citazione è tratta dal Centro Studi Pier Paolo Pasolini.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Alì dagli occhi azzurri”, la Profezia di Pier Paolo Pasolini

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