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Curiosità per amanti dei libri

Prevenire l’invecchiamento cerebrale? Si può, con la lettura

Leggere fa bene, non solo all'umore, ma anche al nostro corpo, cervello compreso. In occasione della Giornata mondiale del libro, lo psicologo Cristi Marcì ci spiega alcune basi biologiche e come la lettura può agire sulla plasticità dei nostri neuroni.

Cristi Marcì
Cristi Marcì Pubblicato il 23-04-2023
Prevenire l'invecchiamento cerebrale? Si può, con la lettura

“Leggere, decifrare quegli astrusi segni neri sulla carta è un lavoro, un mestiere, una competenza che si acquista solo con l’esercizio e che si rischia di perdere se non la si coltiva” (Dorfles, P., 2021).

Grazie a questa semplice ma autentica testimonianza, il giornalista e critico letterario Piero Dorfles introduce la lettura quale vero e proprio esercizio da coltivare nel quotidiano, attraverso il quale scoprire o riscoprire tante nuove forme di coscienza, quante sono le tematiche trattate all’interno di quel misterioso oggetto fatto di carta. Se da un lato leggere riflette per l’appunto l’attività di un “muscolo intellettuale”, al contempo questo semplice esercizio si traduce in un insieme complesso di funzioni, in grado di apportare benefici psichici e biologici non poco indifferenti.

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Come sostenuto dall’autore ne Il lavoro del lettore. Perché leggere ti cambia la vita, la lettura assume le sembianze di una nuova forma terapeutica in grado di accompagnarci anche nei momenti più drammatici della nostra vita, dinanzi ai quali confrontarsi con un nuovo stile linguistico consente di “disapprendere” quelle modalità ormai obsolete, che in maniera automatica erano diventate il fulcro dei nostri pensieri, del nostro stato di coscienza e non ultimo dei nostri atteggiamenti. Ciò permette, quindi, l’acquisizione di una nuova modalità grazie alla quale orientarci nel mondo, creare nuove rappresentazioni e non ultimo pensare in maniera differente dal solito. Se quindi un semplice romanzo è in grado di emozionarci, di rinnovare il proprio modo di percepire le sfide quotidiane e di apportare anche una nuova sensazione di benessere, il suo contributo sembra ripercuotersi anche e soprattutto a livello neurobiologico, chimico ed epigenetico, determinando così la fioritura di una nuova predisposizione (quella alla lettura) dalla quale lasciarsi accompagnare giorno per giorno.

Il contributo delle neuroscienze e il concetto di neuro plasticità

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Nel mentre che ci apprestiamo a svolgere la semplice attività della lettura vengono chiamati in causa numerosi fattori, alcuni periferici come la vista, il tatto e l’olfatto (Baron, N., 2022), ed altri che, seppur invisibili, garantiscono tuttavia in maniera procedurale numerosi cambiamenti morfologici e neuronali.
In qualità di vera e propria attività ludica, l’incontro con la lettura dovrebbe essere sempre più promosso a partire dalle prime fasi di vita, non solo perché rappresenta un importante momento di condivisione tra il caregiver e il bambino, bensì perché si traduce in un processo in grado di ripristinare e/o rafforzare la propria architettura neuronale e cerebrale (Militello, C., 2022).
Grazie al contributo delle neuroscienze, il concetto di plasticità cerebrale negli ultimi ha permesso di acquisire una percezione meno statica e più flessibile del cervello e delle sue numerose strutture interne che lo costituiscono (Schulz, M., Radua, J., 2014).

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Nello specifico infatti sia i distretti cerebrali che le reti neuronali non designano più un’impalcatura immutabile e duratura, ma al contrario un’architettura neurobiologica in grado di variare il proprio assetto proprio in base al mondo esterno e ai fattori, con cui entrando a contatto esperiamo ad un livello più profondo.
Se quindi le esperienze quotidiane plasmano costantemente i nostri pensieri, i nostri atteggiamenti e le nostre rappresentazioni, la lettura può ricoprire un ruolo importante circa il cambiamento dei circuiti neuronali? Attraverso il concetto proposto dalle neuroscienze, in stretta correlazione con la dimensione epigenetica, questo semplice esercizio si conferma valido promotore di numerose modifiche strutturali e funzionali, che apportate al cervello determinano al contempo l’espressione genica.

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La plasticità neurale è dunque il risultato della compresenza di due fenomeni principali, la gemmazione e la neuro-genesi, le quali in sinergia tra loro, promuovono sia la formazione di nuove strutture sinaptiche sia la formazione di nuove cellule nervose a partire da quelle silenti. Attraverso ambo i concetti è possibile descrivere la lettura quale complesso esercizio capace di esercitare un’influenza adattiva e funzionale a livello della memoria, dell’apprendimento e del pensiero. La plasticità sinaptica dunque valorizza la capacità del sistema nervoso di apportare modifiche strutturali e funzionali all’architettura delle sinapsi, alle connessioni neuronali e non ultimo di eliminare quelle disadattive e disfunzionali. Sulla base di quanto descritto, durante la lettura siamo in grado di rafforzare e di far emergere nuovi collegamenti neuronali, direttamente coinvolti nei processi mnemonici, cognitivi e di apprendimento.

“La modificabilità dell’espressione genica dovuta all’apprendimento è particolarmente efficace, tanto che ha portato a un nuovo tipo di evoluzione: l’evoluzione culturale” (Kandel, E., 1998)

La neuro plasticità si riferisce dunque ai cambiamenti che avvengono all’interno del sistema nervoso centrale in rapporto all’esperienza che l’individuo vive in un dato momento. Pertanto la lettura si può circoscrivere ad una qualità esperienziale in grado modificare il proprio stile di apprendimento, il pensiero e le circuitazioni neuronali, favorendo il cablaggio di nuove aree, che sotto il profilo funzionale e strutturale promuovono da un lato nuove connessioni sinaptiche e dall’altro l’impiego di più distretti cerebrali. Grazie a questa visione, leggere può risultare a tutti gli effetti un valido strumento grazie al quale ad un maggior potenziamento neuronale corrisponde una nuova modalità di espressione dei geni, proprio perché gli automatismi cognitivi (pensiero, percezione, rappresentazione) vengono sostituiti da nuovi stili linguistici in grado di lasciare un imprinting, che dal cervello può propagarsi lungo tutto il nostro organismo.

Se da un lato una buona pratica alla lettura riflette un valido strumento per la fioritura di nuove connessioni sinaptiche, già a partire dalle prime fasi di vita, al contempo essa attiva quel processo, che le neuroscienze definiscono neuro genesi ippocampale (Bergmann, O, Spalding, K, L., 2015). Rispetto alla quale tanto la memoria quanto l’apprendimento evidenziano come il cervello non cessi mai di produrre nuove cellule nervose, neanche in età avanzata.
Grazie a quanto sopra descritto, è ora possibile ipotizzare come leggere non sia una semplice attività, bensì il riflesso di un insieme di processi attraverso il quale prende vita un nuovo atteggiamento epigenetico, in grado di apportare in maniera concatenata numerosi cambiamenti sia psichici che neurobiologici. Entrando più nel dettaglio è stato infatti dimostrato (Katz, G., 2016) come i benefici della lettura abbiano una ripercussione terapeutica anche a livello neurochimico, in quanto immergendoci in un semplice romanzo sia la pressione cardiaca sia i livelli di cortisolo iniziano a diminuire (De Kloet, E, R, 2014), ripristinando così uno stato omeostatico ottimale, rispetto al quale ad un calo dei livelli di cortisolo, corrisponde una riorganizzazione cerebrale di tipo epigenetico e dunque pienamente reversibile. Favorendo una serie di benefici anche e soprattutto a livello neuro-genetico (Nasca, C., 2015)

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Se quanto sopra introdotto consente di valorizzare la compresenza di più fattori in sintonia tra loro e sempre in costa mutamento, quanto ci si vuole proporre di descrivere è il ruolo che le rispettive modificazioni sinaptiche ricoprono nel modificare l’espressione dei geni proprio a partire dalla formazione di un nuovo stato della mente. Introdotto dal neurobiologo Daniel Siegel, con quest’ultimo concetto (Siegel, D, J., 2017) si descrive in superficie la nascita di una nuova lente attraverso la quale orientarci nel mondo ed autoregolarci a livello intrapsichico, mentre più in profondità evidenzia il reclutamento di più distretti cerebrali che in reciproca sintonia favoriscono il ripristino di un equilibrio omeostatico (Hebb, D. O., 1949).

Nondimeno proprio questo concetto permette di comprendere quanto ad una nuova attivazione di diversi circuiti neuronali corrisponda un nuovo apprendimento, correlato ad una modalità diversa di espressione genica. Più nel dettaglio, infatti, si traduce in un processo grazie al quale gli automatismi cognitivi e procedurali cedono il posto alla possibilità di disapprendere quanto ormai si era consolidato in maniera ripetitiva ed abitudinaria. Pertanto proprio attraverso la lettura si acquisiscono non solo vere e proprie trame interpretative, ma ancor più nuovi stili rappresentativi capaci di tradursi in nuovi cablaggi neuronali. In grado dunque di apportare cambiamenti a livello epigenetico.

Se per esempio leggiamo una parola che rievoca ricordi ed atteggiamenti pregressi, ma che attraverso un romanzo viene descritta e circoscritta ad un contesto interpretativo differente dal nostro, avviene una vera e propria trasformazione epigenetica, che agendo sul DNA della cellula neuronale la induce ad esprimersi diversamente e far produrre sostanze chimiche diverse e segnali elettrici differenti in grado di modificare tanto la nostra cognizione quanto il nostro comportamento (Daniele, M, T., 2015). Pertanto immergerci in un buon libro ha il potere di evocare potenziali chimici differenti dall’ordinario e ancor più di ampliare o ridurre l’attività di specifici circuiti cerebrali determinando il riequilibrio del nostro benessere sia psichico che fisiologico, garantendo così la nascita di nuove trame quante sono le parole dalle quali corriamo il rischio di lasciarsi leggere.

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Biblioterapia: leggere per combattere lo stress

Bibliografia

  • Baron, S, Noemi., (2022). Come leggere: carta, schermo o audio? Raffaello Cortina Editore, Milano, 2022.
  • Bergmann, O, Spalding, K, L., (2015). Adult neurogenesis in humans. In Cold Spring Harb Perspect Biol, 7. 2015.
  • Berlucchi, G., Buchtel, H, A., (2009). Neuronal plasticity: historycal rootsand evolution of meaning. In Exp brain Res., 192: 307-319.
  • Cajal, S., (1913). Degeneracion y regeneracion del sistema nervoso. In Imprenta de Hjigos de Nicolas Moya, Madrid. 1913.
  • Daniele, M, T., Manna, V., Pinto, M., (2015), Stress, trauma e neuro plasticità. La psicotraumatologia tra neuroscienze e psicoterapia. Alpes Italia, Roma, 2015.
  • De Kloet, E, R., (2014). From reeceptor balance to rational glucocorticoid therapy. In Endocrinology, 155. 2014
  • Dorfles, P., (2021). Il lavoro del lettore. Perché leggere ti cambia la vita. Bompiani Editore, Milano, 2021.
  • Kandel, E., (1998). American Journal of Psychiatry, 155: 457-469.
  • Katz, G., 2016, in Mente e Cervello n. 135, p. 95, 2016.
  • Manna, V., (2008) Mente, cervello, coscienza: verso una nuova sintesi scientifica? Giornale italiano di psicopatologia, 14: 279-292.
  • Militello, C., (2022). Epigenetica. Come baci, carezze e coccole ti cambiano il DNA. Dissensi Editore, Firenze, 2022.
  • Nasca, C., Zelli, D., (2015). Stress dynamically regulates behavior and glutamatergic gene expression in hippocampus by opening a window of epigenic plasticity. In Proc Natl Acad Sci USA, 112. 2015.
  • Schurz, M., Radua, J., (2014). Cit. in Manuale di neuropsicologia: Normalità e patologia dei processi cognitivi. Zanichelli Editore, Bologna, 2019.
  • Siegel, J. D., (2001). La mente relazionale. Raffaello Cortina Editore, Milano, 2013.
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