Spesso e volentieri ci troviamo a vivere nel nostro quotidiano tante situazioni, tante sfide, ma ancor di più tanti grovigli personali che non sempre abbiamo il giusto coraggio di affrontare. Perché farlo significherebbe riconoscere che qualcosa dentro di noi non quadra forse come vorremmo, in base alla nostra vera natura, al nostro vero essere. E anche se dall’esterno, mentre camminiamo o svolgiamo le nostre faccende quotidiane, la nostra fisionomia sembra ben scolpita, ognuno di noi cela quanto invece ci portiamo dentro, restituendo e offrendo agli altri un’immagine di noi poco autentica, non mascherata da alcune nubi che preferiamo rimangano sepolte.
Trovare rifugio nei libri
Tuttavia questo nostro sentire sembrerebbe tendere verso quell’oggetto misterioso e fatto di carta in cui per un attimo desideriamo immergerci, dimenticando come per magia quello che sino a un attimo prima sembrava essere un qualcosa di insormontabile. Perché un libro ha tutto l’aspetto di un gradevole rifugio, dalle pareti profumate della sua carta alle scale misteriose di cui sono fatte le sue innumerevoli righe, e non ultimo da quello specchio misterioso verso il quale doniamo la nostra parte più intima, desiderosa di essere riconosciuta, ascoltata e letta sotto una nuova chiave di lettura.
Quest’azione così “semplice” risulta essere un vero e proprio toccasana sia per la mente, sia il corpo, sia per l’anima. Un vero balsamo tramite il quale rigenerare e far rifiorire parti di noi che troppo spesso abbiamo delegato nella bocca e nelle mani di qualcuno in grado di ferirci, ergendolo a giudice supremo della nostra sensibilità.
Non è solo una divagazione romantica: esistono vere prove empiriche a sostegno del nostro amico fatto di carta, che sembrano confermare come questo piccolo oggetto, il libro, sia capace di far ripartire gli ingranaggi della nostra giostra emotiva, la cui ruggine pagina dopo pagina sembra pian piano cedere il posto a qualcosa di più scorrevole e incredibilmente affascinante.
La scoperta della biblioterapia
A tal riguardo (e a sostegno di quanto detto) il termine biblioterapia è stato coniato dalla ricercatrice inglese Gilda Katz proprio a indicare la concatenazione di effetti neurobiologici riscontrabili in chi leggeva. Ad esempio è stato possibile rilevare come l’ormone dello stress dopo soli 5-10 minuti di lettura riduca notevolmente i suoi livelli, perché una volta aperto un libro non ti fa conoscere solo una nuova storia ma ti assorbe per intero, sia a livello attentivo sia a livello corporeo, producendo così un rilassamento che dalla testa sembra propagarsi lungo l’intero organismo.
Quello che colpisce infatti è come le trame e i personaggi creino un’immedesimazione empatica e totale, portando altresì a fare il tifo per chi, in quel mondo cartaceo, si trova a vivere proprio la situazione dalla quale non sembra esserci via di fuga nella nostra realtà.
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I libri possono inoltre venire in nostro soccorso, ma a condizione che noi, cari lettori, siamo disposti ad aprirci totalmente e senza remore, lasciando come direbbe Recalcati che sia il libro a leggere te e non il contrario. Farsi leggere dunque è un atto di coraggio, che altro non chiede se non un semplice incontro tra il nostro desiderio e lo scenario immaginifico che il mondo di carta è in grado di donarci. Per cui… Buona lettura!
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Biblioterapia: leggere per combattere lo stress
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