“Non chiederci la parola” è uno dei componimenti più significativi della produzione poetica di Eugenio Montale e anche uno dei più conosciuti.
Scritto nel 1923 e inserito nella raccolta Ossi di seppia, il testo è incentrato su uno dei capisaldi della poetica montaliana, ovvero quello che concerne il compito del poeta e il ruolo della poesia nella società.
Impossibilitata a dare certezze, nel periodo convulso e carico di presagi negativi di inizio XX secolo, in cui tanti antichi valori e ideali crollano, essa può solo limitarsi a raccontare la realtà.
Spogliata di qualsiasi funzione salvifica, alla poesia non resta che il compito di mettere nero su bianco ciò che l’uomo non è e non vuole.
Vediamo insieme testo, parafrasi, metrica e analisi del componimento.
Non chiederci la parola: testo della poesia
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
Perduto in mezzo a un polveroso prato.
Ah l’uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l’ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Non chiederci la parola: parafrasi
Non chiederci la parola che indaghi da ogni lato
il nostro animo informe, e lo riveli
con parole incancellabili e lo faccia risplendere come un fiore sfavillante (nota: il croco è il fiore dello zafferano)
da solo in mezzo a un arido terreno.
Ah l’uomo che procede sicuro,
in pace con gli altri e con se stesso,
e non dà importanza alla sua ombra che il sole di mezzogiorno
stampa sopra un muro con l’intonaco in rovina!
Non domandarci la formula che possa rivelarti verità nascoste
ma solo qualche sillaba storta e secca come un ramo.
Oggi solo questo ti possiamo dire,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Metrica, stile e figure retoriche
Non chiederci la parola si compone di tre quartine di versi di diversa lunghezza variamente rimati.
Numerose sono le figure retoriche:
- apostrofe (l’iniziale Non chiederci)
- metafore (lettere di fuoco, polveroso prato, scalcinato muro)
- similitudini (risplenda come un croco e secca come un ramo)
- antitesi (squadri e informe, croco e ramo)
- diverse allitterazioni (della r, della p e della s)
- anafora (il non che si ripete ai versi 1 e 9)
- diversi enjambement
- l’ultimo verso "Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo" è un epifonema, ovvero un motto sentenzioso che in genere si usa per chiudere un discorso in modo piuttosto enfatico.
Per quanto riguarda lo stile, il verso scarno e arido dà al componimento un andamento quasi prosastico.
Analisi e commento di Non chiederci la parola
Non chiederci la parola è, essenzialmente, un’enunciazione di poetica, una dichiarazione su come l’autore intendeva il ruolo del poeta e della poesia nella società a lui coeva.
Con ferma lucidità e profonda convinzione, Montale afferma che non è più tempo di grandi verità svelate, di formule certe e di messaggi edificanti, ma solo di "qualche storta sillaba e secca come un ramo", uno dei versi più esplicativi e illuminanti dell’incrollabile e assoluto male di vivere che ne pervade l’animo e, di conseguenza, la produzione letteraria.
La poesia non ha, per lui, alcuna funzione salvifica o consolatoria, potendo solo limitarsi a constatare la realtà che ci circonda.
Questa consapevolezza negativa supera in pessimismo persino Giacomo Leopardi, che pure nella poesia vedeva quel "fiore del deserto", come chiaramente espresso ne La ginestra, capace di rischiarare l’animo e proteggere dalle brutture del mondo.
Qual è il compito del poeta per Montale?
Cosa resta da fare dunque, al poeta moderno? Qual è il suo compito?
Non più vate e dissipatore di dubbi attraverso la capacità di saper affermare grandi verità, egli ormai può solo definire una condizione negativa dell’esistenza e della volontà.
Montale ammette di non avere certezze di alcun genere, né politiche né religiose, sente forte il senso di precarietà della condizione umana e avverte come qualcosa di totalmente estraneo da sé l’atteggiamento opposto di chi, probabilmente troppo rozzo e superficiale per rendersene conto, è privo di inquietudini e smarrimenti.
Non chiederci la parola è un testo di notevole suggestione, un manifesto di poetica che non riguarda solo l’autore ma un’intera generazione di poeti, precisamente quella a cavallo delle due guerre mondiali, consapevole della povertà di ideali e dei pericoli insiti in un’epoca che, di lì a poco, sarebbe sfociata in eventi altamente drammatici.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Non chiederci la parola” di Montale: parafrasi, metrica e analisi del testo
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