

Nelle maglie del terrore. Sradicare l’islamofobia
- Autore: Suhaiymah Manzoor-Khan
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2025
In un evento di poetry slam del 2017, Suhaiymah Manzoor-Khan, scrittrice e attivista britannica, proponendo il suo testo This Is Not a Humanising Poem (Questa non è una poesia umanizzante) non riesce a impedire al pubblico di rompere il silenzio e accendersi in un profondo applauso quando arriva al verso
Because if you need me to prove my humanity, I’m not the one that’s not human.
E queste parole costituiscono il cuore pulsante di Nelle maglie del terrore. Sradicare l’islamofobia, un testo quantomai necessario edito da Tamu nel 2025 con la traduzione di Tamara Taher.
Con i suoi dodici capitoli dove si mescolano dati e resoconti, esperienze personali e studi accademici, l’autrice getta luce su tutto l’orrore che la stritolante macchina dell’islamofobia mette in atto sulle vite di migliaia, anzi milioni di individui, illuminando non soltanto le condizioni orripilanti in cui versano intere fette della popolazione bensì, ancor di più, indicandoci i meccanismi infernali rivolti, oggi, verso i più marginalizzati, ma pronti a colpire la società intera. Come infatti spiega fin dal capitolo introduttivo del suo studio, lo scopo del libro non è tanto quello di descrivere cosa l’islamofobia sia, ma cosa faccia concretamente e come influisca su uomini, donne e bambini erodendone le esistenze, dalle guerre alle prigioni, dai droni alla sorveglianza, passando per progetti politici, false ideologie e la rete razziale in tutta la sua ampiezza.
Tutto parte proprio da questa rete, da un razzismo di stampo settecentesco che ha dato la possibilità all’occidente di mettere in atto un’infernale narrazione acuita nei decenni più recenti.
Che il “terrorista” sia chiamato islamista, jihadista, combattente nemico, attentatore suicida, fondamentalista o estremista, la causa della sua violenza è attribuita alla cultura, ideologia o religione musulmana – un’essenza razziale. Queste spiegazioni fanno intendere che il terrorismo è inteso come una minaccia intrinsecamente legata all’esistenza musulmana. Questa logica diventa infine genocida, poiché significa che la causa del terrorismo non è una questione politica da risolvere; la causa è l’essere musulmani di per sé, che può essere risolta solo attraverso l’eliminazione.
Da questa malsana e scorretta identificazione ha preso origine la “guerra al terrore”, col corollario fatto di “bombardamenti, incursioni, droni, torture, rapimenti, stupri, spostamenti forzati, abusi e stermini”. Ma viviamo tutti in un’estrema distorsione della realtà, o sarebbe più corretto dire immersi in nubi che soffocano una sana visuale su ciò che avviene dall’altra parte della via di casa o nel nostro stesso condominio, se immaginiamo questi orrori sanguinanti soltanto in territori dei quali con difficoltà sapremmo indicare la giusta collocazione sul mappamondo. Se infatti la costante operazione imperialista che continua anche in queste ore a imperversare sulle coste mediterranee è la resa più evidente dell’islamofobia, Suhaiymah Manzoor-Khan analizza a fondo anche ciò che avviene su territorio europeo e, benché il suo sia soprattutto un orizzonte britannico, le maglie di cui parla sono presenti in tutti gli stati democratici del nord del mondo.
Per garantire un ampio stato di sicurezza alla società foraggiato da questo costante e imposto stato di paura, i governi europei mettono da anni in campo sistemi di sorveglianza sulle minoranze musulmane presenti dentro i loro confini. Dati alla mano, Suhaiymah Manzoor-Khan delinea la distopia reale dei controlli a tappeto, delle carceri sovraffollate, della sorveglianza invasiva, delle logiche di coercizione e degli interventi al limite dell’accettabile che colpiscono i corpi e le psiche dei musulmani, impedendo loro una vita serena. E la normalizzazione di questi provvedimenti, finanziati profusamente con i soldi pubblici ed esportati altrove, ci passa sotto gli occhi quotidianamente.
Questi cicli di abuso da parte dello stato sono largamente ignorati dalla società più ampia a causa della diffusa convinzione dell’esistenza di un “altro”, musulmano, barbaro e fanatico, che probabilmente merita tale sorveglianza. Oppure, visto che le principali vittime sono musulmani con status finanziario e migratorio precario, a nessuno importa di loro. Ma se l’unico modo in cui possiamo immaginare di vivere al sicuro implica attuare massicci livelli di violenza senza fine contro persone marginalizzate, allora siamo di fronte a qualcosa di molto sbagliato.
Nelle maglie del terrore. Sradicare l’islamofobia è però doppiamente importante; scritto com’è da un’attivista, le sue pagine sanno bene che il processo di decostruzione delle menzogne mortifere, dal quale è fondamentale far scaturire una presa di coscienza, è solo la prima parte di un movimento in due tempi. La seconda azione da compiere, presente in ogni singolo capitolo del volume, è infatti quella di innescare il vettore del cambiamento, immaginando un mondo altro che tenga conto degli incubi del presente. Ed è ciò che l’autrice fa; come scrive nella prefazione la sua traduttrice Tamara Taher:
Suhaiymah sviscera lo sguardo coloniale sulle soggettività musulmane nel mondo, ma insiste anche sulla necessità e possibilità di riaffermare prospettive, significati e pratiche epistemiche che ci permettano di liberarci dalla violenza del capitalismo.

Nelle maglie del terrore. Sradicare l'islamofobia
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