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Storia della letteratura

Mare, pirati e bucanieri: i racconti di Melville, Conan Doyle, London e Verne

Leggere un libro dedicato ai pirati porta a riflettere sul bene e il male. I bucanieri sono stati assassini; assalivano le navi all'arrembaggio, costituendo un pericolo costante sui mari e le coste del Nuovo Mondo. Ma non esiste una separazione netta tra bene e male.

Graziella Atzori Pubblicato il 16-04-2021
Mare, pirati e bucanieri: i racconti di Melville, Conan Doyle, London e Verne

Leggere un libro dedicato ai pirati porta a riflettere sul bene e il male. I bucanieri sono stati assassini; assalivano le navi all’arrembaggio, costituendo un pericolo costante sui mari e le coste del Nuovo Mondo. Ma non esiste una separazione netta tra bene e male; anche in quest’ultimo alberga una luce, mentre nel cosiddetto bene si scoprono motivazioni nascoste non apprezzabili, fini altrettanto spietati ed egoistici, perfino sadici, sebbene giustificati da credenze comuni e dalla legge.

Il giorno di Pasqua abbinato ad alcuni quotidiani era in dono un secondo libro, dopo Vite di mare: Bucanieri, pirati e ribelli , testo estratto dal volume Racconti di mare e tempesta (Einaudi, 2019), curato da Christian Delorenzo. Come si evince dal titolo, il tema è la saga dei cattivi per antonomasia.
Troviamo le grandi firme che seducono: 4 sono i bevi racconti che portano lontano, ma certamente dentro di noi, nei meandri della psiche.

Racconti di mare e tempesta
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L’isola di Barrington e i bucanieri di Melville

Hermann Melville scrive L’isola di Barrington e i bucanieri. Si trattava di uno scalo nelle Antille dove i pirati sostavano non in modo stanziale, solo per il tempo necessario a riparare la loro flottiglia. Sono rimasti i resti delle loro imprese, sparsi nella natura meravigliosa: daghe, cocci di damigiane, e vestigia di sedili "romantici", divani in pietra, testimoni della gentilezza, di un bisogno di pace e serenità. Commenta l’autore:

"Non si deve dimenticare la mutevolezza dell’anima umana [...]. Non posso vincere certi pensieri più caritatevoli, e cioè che, tra quegli avventurieri, vi fossero anime di gentiluomini, inclini alla compagnia e sinceri amanti della pace e della virtù."

La constatazione, basata sulla storia e sull’archeologia piratesca, se così vogliamo chiamarla, non è lontana dai grandi ritratti fantastici fissati sulle pagine di Emilio Salgari, che mai navigò, geniale sfortunato scrittore.

L’assassinio del capitano Sharkey di Conan Doyle

L’assassinio del capitano Sharkey è firmato da sir Arthur Conan Doyle. Quest’ultimo ristabilisce l’equivalenza tra conquistatori spagnoli e bucanieri, i cui capi erano persone responsabili, la loro "repubblica sull’acqua" non mancava di leggi e principi:

"Nella guerra infinita che li vide schierati contro gli spagnoli, non avevano tutti i torti. Le loro sanguinose scorrerie nelle città che si affacciavano sul Mar delle Antille non erano più violente di quelle spagnole nei Paesi Bassi o nei Caraibi, in territori americani.”

Ci furono anche pirati solitari senza freni che manifestarono una "agghiacciante e smisurata brutalità". Uno di questi fu il famigerato Sharkey, ucciso per vendetta dal rivale Banks, a cui aveva assassinato moglie e due figli. Banks un tempo era stato "un egregio commerciante di zucchero" di Brighton, in Virginia; la sete di vendetta lo porta a trasformarsi in pirata per distruggere il nemico, a perdere "tutto ciò che un uomo possa perdere al mondo, compresa l’anima".

Le pagine brutali e dannate di Conan Doyle sono da brivido, senza redenzione. Banks possiede una sua terribile nobiltà, i suoi delitti non sono compiuti in nome del denaro, ma restano comunque crimini. Il lettore è testimone di quanto il dolore possa fare impazzire un uomo e stravolgere i suoi valori.

Assalto ai pirati d’ostriche di London

Il terzo grande scrittore è Jack London con il racconto Assalto ai pirati d’ostriche. La scenografia si sposta all’altro capo della costa americana, non lontano da San Francisco. Una banda di ladri di ostriche è presa con le mani nel sacco da due ragazzi onesti e collaboratori della guardia costiera senza l’uso della violenza ma con un piano strategico intelligente, che sfrutta il flusso e riflusso della marea. La testa e l’ingegno mostrano la loro superiorità sulla forza bruta e l’avidità.

L’ammutinamento del Bounty di Verne

Segue L’ammutinamento del Bounty di Jules Verne, storia autentica iniziata nel 1789, l’anno della Rivoluzione francese, da cui due registi, Lewis Milestone e Carol Reed hanno ricavato un film memorabile nel 1962.
Qui è la crudeltà di un capitano a suscitare la ribellione: Bligh è pronto a somministrare frustate all’equipaggio per ogni minima infrazione, forte del ruolo e del potere legale che esercita.

Verne racconta un’epopea dove in mare o si resiste a qualunque condizione, o si muore. Sono in campo energie potenti, la nemesi si abbatte inesorabilmente sui colpevoli di entrambe le parti. Vediamo i reietti condannati dai rivoltosi abbandonati in mare ridotti quasi a cadaveri, ma quasi tutti si salveranno; vediamo alcuni ammutinati catturati, processati e impiccati a Londra. Essi vengono braccati dal piroscafo inglese "Pandora".

Ma esiste la rinascita e si realizza un ideale. Alcuni ribelli giungono in Oceania a Pitcairn, isola sperduta e paradisiaca. John Adams, un marinaio convertitosi ai dettami ispirati al Vangelo, fonda una comunità pacifica nella quale non esiste il denaro, gli scambi economici sono regolati dal baratto e la vita scorre felice come in sogno:

"Grazie ai principi della morale cristiana, impartita da un povero marinaio convertito, Pitcairn è diventata la patria di un popolo dolce, ospitale, felice, dove si ritrovano i costumi di un’epoca d’oro.”

L’anima dei pirati genera una comunità etica e mite, attraverso l’alchimia delle passioni. La società “perbene” invece esercita la vendetta dell’impiccagione.

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