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Recensioni di libri

Mal di maggio di Antonio Lillo

Samuele editore, 2022 - Anche maggio, mese di fioritura, fragranza ed esuberanza vitale, contiene un male che non scompare, decisamente crudele, come la natura può essere.

Graziella Atzori Pubblicato il 10-05-2022
Mal di maggio

Mal di maggio

  • Autore: Antonio Lillo
  • Categoria: Poesia
  • Anno di pubblicazione: 2022

Se vogliamo rimeditare il "male di vivere" che Montale ha sviscerato con toni malinconici e incontrovertibili, il libro di liriche Mal di maggio di Antonio Lillo, pseudonimo di Vitantonio Lillo-tarì de Saavedra, riprende la tematica, già evidenziata nel titolo (Samuele Editore, 2022, pp. 94, con prefazione di Francesco Tomada). Anche maggio, mese di fioritura, fragranza ed esuberanza vitale, contiene un male che non scompare, decisamente crudele, come la natura può essere.

La poesia che pone l’accento sulla condizione delle api in maggio stracolme di polline, intossicate fino alla morte per mancanza d’acqua in grado di scioglierlo, diventa metafora del dolore del poeta, ricolmo di quanto è impossibile comunicare, egli stesso metafora della sofferenza diffusa, universale e inevitabile.
Il tono è quasi sempre tagliente, in apparenza impietoso, ironico e autoironico, tragico, amaro, mai rabbioso, nonostante i fendenti ben assestati contro la coglioneria umana e le parolacce sparse qui e là, condimento di un discorso lucido.
Testimonia la violenza in natura, quanto sia necessaria alla vita, il gatto che squarta il pettirosso, la volpe che vorrebbe cacciare il gatto finita sotto un’automobile:

“La volpe è stata invece schiacciata da un’auto, mentre rovistava fra le buste vicino a un cassonetto. È morta dopo ore di agonia.”

Ma ciò che più colpisce è la stupidità dell’uomo, la cattiveria gratuita di chi abbatte un albero, riparo e casa di animali, per un desiderio risibile. La stessa meschinità il poeta la ritrova nella comunità in generale. La menzogna e il conformismo imperano, quasi senza salvezza. La voce di un poeta che recitava le sue poesie in piazza è messa a tacere. Scompare "la social catena", la solidarietà sognata da Leopardi ne La ginestra.

“Dove finisce il gusto e comincia il vuoto di chi legge?
Dentro quale cesso?”

Che cosa resta? Ho scritto “quasi senza salvezza". Una via d’uscita dal pessimismo più fosco Lillo sa offrirla con la solidarietà con i "poveri", soprattutto gli evangelici “poveri di spirito” ovvero di saccenteria, di cui si sente parte. A essi dedica una intera sezione del libro.

“La mia scrittura è povera / perché io stesso povero / mi vedo. Impoverito / e secco sono un ramo che spreme dal suo frutto / per dirsi ancora vivo."

La poesia stessa è povera, parente di Eros che, secondo Platone, è figlio di Povertà. Tale "pochezza" innocente costituisce la ricchezza più grande, la dignità e il valore. È la povertà paradossale delle Beatitudini, uno dei discorsi più alti mai pronunciati da un Maestro. L’incomprensione del poeta diventa un marchio di nobiltà.
L’incontro con un antico rivale in amore, ormai alcolizzato, a cui il protagonista rivela la morte della donna amata da entrambi, le lacrime del nemico-amico che si preoccupa dell’altro con empatia commovente sono quello spiraglio bellissimo verso un’umanità recuperata:

"Tu come stai, hai un brutto colore, dovresti andare al mare.”

La poesia serve a dirlo.
Alla domanda canonica "perché scrivi" non esiste risposta. "Non lo so" afferma per due volte con sincerità l’autore.
Potremmo rispondergli con le parole che Rilke scrive al giovane aspirante poeta:

"Esplori il fondamento che la chiama a scrivere; verifichi se esso estenda le sue radici nel luogo più profondo del suo cuore, si confessi se morirebbe qualora le venisse negato di scrivere. [...] Si chieda: devo scrivere? [...] Se lei può affrontare questa sincera domanda con un forte e semplice «io devo», allora edifichi la sua vita secondo questa necessità; la sua vita, fin nell’ora più insignificante e minuscola, deve essere segno e testimonianza di questo impeto."
(Tradotto da: R.M. Rilke, Briefe an einen jungen Dichter, mit einem Vorwort von Joachim W. Storck, Zürich: Diogenes 1997)

Ecco perché scrivere. La poesia salva la vita dal male assoluto, che viene relativizzato. Apre la prigione della solitudine, rende possibile quell’amore di cui non possiamo fare a meno. Lillo ipotizza:

“Sarà a suo modo amore questo nostro / cercarci per pura solitudine”

Certo che sì, risponde Tomada in prefazione. Certo che sì, conferma il coro di chi ama leggere e scrivere, ritrovare almeno a livello interpersonale, se non sociale, quella fusione d’anima che rende bella l’esistenza, al di là delle limitazioni e della grande ombra della cattività.

C’è inoltre da segnalare che Lillo è una delle poche voci di denuncia nel mondo intellettuale della situazione covid e terapia genica coatta, che genera effetti aversi anche gravissimi, non segnalati dalla vigilanza passiva; quella attiva è inesistente:

"Mi fa male ogni cosa / le spalle le braccia il cicì. […] Ma non vedi che passo in avanti? / A parte gli acciacchi dei vecchi / c’è tutto un profumo di vita. / Una scorreggia.”

Libro da leggere intuendone la pietà autentica, nascosta dietro il linguaggio crudo e disincantato.
L’autore è anche editore della casa editrice di poesia e arte Pietre vive; sua è l’immagine di copertina.

Mal di maggio

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Mal di maggio

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