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Recensioni di libri

Lo specchio mobile di Maria Teresa Atzori

Aletti Editore, 2008 - Una silloge poetica in cui ritroviamo la Weltanschauung teosofica e antroposofica, l’esperienza dell’akasha, un termine sanscrito che nei misteri indica la quarta dimensione dove tutto è conservato in forma eterica.

Pubblicato il 03-06-2020

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Lo specchio mobile

Lo specchio mobile

  • Autore: Maria Teresa Atzori
  • Categoria: Poesia
  • Anno di pubblicazione: 2008

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“Il tempo è lo specchio mobile dell’eternità” scrive Platone nel Timeo, la sua opera più misteriosa. La bella locuzione è ripresa e fatta propria da Borges nel suo saggio Storia dell’eternità del 1936. Qui il grande Argentino considera le forme eterne platoniche come “vive, potenti e organiche”.
È la poesia che può cogliere le forme, gli archetipi che sostanziano il mondo, nel loro farsi e nel loro risplendere attraverso l’apparente trascorrere degli eventi quotidiani, intrisi di piacere, dolore e bellezza.
Apparente trascorrere: ecco una concezione del tempo-specchio che Maria Teresa Atzori fa sua nella silloge Lo specchio mobile (Aletti editore, 2008, p. 62). Ed è una concezione vertiginosa, affascinante, scaturita dalla contemplazione e dalla conseguente meditazione.

Il libro offre istanti sapidi di eternità, eternizzati appunto, legati allo “stare”, congiunti all’energia vitale della natura:

"Quando la sera / fascia il monte / la preghiera dei cipressi / addormenta gli uccelli. / Sgorga dal tramonto / il canto sconosciuto / all’ugola del giorno: / un’orchestra immensa/ di silenzi".

La raffinatezza del verso, il suo danzare pacato e profondo conducono all’immenso e dicono una prima esperienza dell’eterno e della sparizione del tempo: immersi totalmente in un’immagine andiamo oltre l’apparenza e sappiamo che alla sua scaturigine il tempo scompare. Il trascorrere è dunque innanzi tutto una condizione psicologica.

La ciclicità della natura è un’altra presa di coscienza della persistenza. Nelle stagioni le forme si ripropongono in un’eterna giovinezza, come nella fioritura di una magnolia:

"Resta alla tua linfa / l’orgasmo / di fresca giovinezza, / ancora ridono le fronde / quando i refoli arditi / palpitano / sotto la tua veste".

Il momento più alto di consapevolezza è vissuto da Maria Teresa Atzori nel grande volo dal visibile al trascendente che perdura. Lo compie tramite l’intuizione e la grazia, giunte dall’alto, da quel monte Elicona da cui scaturisce la poesia, metafora greca e universale capace di convincere il nostro cuore per dare vita e consistenza al desiderio più radicato nell’animo umano, essere per sempre, ed è la “reminiscenza” delle forme, (ancora una volta Platone in poesia!) a realizzarlo:

"Oltre i confini della vita / ritrovo i misteriosi spazi / della gioia / sfere divine d’immortalità".

I versi di Atzori possiedono un’assoluta trasparenza, una loro particolare dolcezza, si elevano al canto delle Muse. Nell’armonia formale estetica l’artista raggiunge la finalità della pace. Con ciò la bellezza si congiunge all’elemento etico: “Vado sognando la metamorfosi cosciente / del cammino che apro passo passo”, qui sulla terra per raggiungere la “vita del sogno eterno imperscrutabile”.
Dal sogno al sogno, uno diluito nel tempo, l’altro totale indivisibile e sconosciuto alla nostra ragione.
Esiste l’eternità percepita ora hic et nunc:

"Tra le ginestre / si dilegua il tempo / Nel profumo immutato / respira l’infinito".

Per Leopardi è una siepe l’occasione, qui il fiore giallo che ingentilisce la costiera triestina.
Oltre il dolore catartico il mondo appare nelle sue forme essenziali, depurato, capace di rappresentare se stesso senza false illusioni o inganni.
Il libro contiene un prologo, un breve racconto ispirato all’autrice da un viaggio compiuto a Vienna in gioventù. La prosa poetica racconta un’esperienza vivida di déjà vu. Allusione a una vita già vissuta? Chi ha aperto il suo terzo occhio alle meraviglie nascoste della coscienza può comprenderla. Saturno, il dio con la falce, non è l’ultima parola per questa poetessa protesa sull’essere, oltre le barriere dello spazio-tempo.

Ne Lo specchio mobile ritroviamo la Weltanschauung teosofica e antroposofica, l’esperienza dell’akasha, un termine sanscrito che nei misteri indica la quarta dimensione dove tutto è conservato in forma eterica. Siamo, siamo stati e saremo, dice Atzori nei versi che scorrono come il fiume eracliteo, nei quali è presente l’eterno logos.


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Lo specchio mobile

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