La svolta culturale. Come è cambiata la pratica storiografica
- Autore: Carlotta Sorba e Federico Mazzini
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Laterza
- Anno di pubblicazione: 2021
Chiunque non abbia approfondito lo studio della storia e della storiografia è portato a considerarle come “scienze esatte”, dalle fondamenta solide, basate sul metodo empirico e sulla ricerca di documenti e fonti certe, senza alcun intervento da parte del ricercatore che si limiterebbe a “registrare” e riportare i risultati del proprio studio: nient’altro che una precisa pratica artigianale, un mero lavoro di ricostruzione. La teoria sembra quanto di più lontano si possa immaginare dal lavoro dello storiografo: l’idea che le fonti non vadano semplicemente assemblate e messe in ordine, ma anche interpretate e analizzate, non ci sfiora neppure lontanamente.
In un certo senso, apprendere che la pratica storiografica è ben diversa da quello che avevamo sempre pensato è fortemente destabilizzante, ma anche affascinante: un mondo diverso che si apre, distruggendo le nostre certezze ma anche mettendoci davanti a nuovi sentieri, complicati ma necessari.
Il volume di Carlotta Sorba e Federico Mazzini La svolta culturale. Come è cambiata la pratica storiografica (Laterza, 2021), che potrebbe sembrarci difficile e pesante se ci fermassimo al titolo ma che in realtà si rivela estremamente scorrevole e interessante, è un ottimo punto di partenza per chi si volesse avvicinare allo studio della storiografia.
Fulcro della trattazione è la cosiddetta “svolta culturale” che avviene intorno agli anni Settanta del Novecento, quando la storiografia si stacca dall’essere semplice cronaca degli avvenimenti per dialogare con altre scienze (in primo luogo con la sociologia e l’antropologia) e inglobare in sé l’attenzione a tutta una serie di fattori relativi alla vita delle singole persone: emozioni, abitudini, reazioni, tradizioni, sfera sessuale, per fare solo alcuni esempi. In poche parole, tutto il contorno culturale viene considerato parte integrante della pratica storiografica: da semplice espressione del singolo, questi elementi arrivano a rivestire un’importanza collettiva che “scrive” la storia non meno (forse anche più) di quanto facciano le date, le battaglie e i trattati internazionali.
Dalle teorie di Lucien Fevbre del 1940 alla scuola degli Annales il passo è breve, ed è qui che le basi di questa fondamentale riforma si creano e si consolidano.
Bisogna però arrivare agli anni Sessanta e ad Edward Thompson per iniziare a parlare di “storia dal basso”, dando voce a chi, fino a quel momento, non ne aveva avuta, e di “agency”, la capacità degli uomini di agire rispetto alle grandi strutture. Negli anni Settanta, nel cuore della svolta, vengono ripensate le fonti, non più considerate immutabili, mentre quelle orali, visuali e audiovisive insidiano il primato di quelle testuali. Si passa poi alla svolta linguistica di Hayden White e del suo “Metahistory”, alla riduzione dello sconcerto di Clifford Geertz, agli studi di Michel Foucault con il fondamentale concetto di biopotere, alla microstoria di Ginzburg e Levi, al capitale e all’habitus di Pierre Bourdieu, al quotidiano di Michel De Certeau e alla cultura intesa come attività pratica di Roger Chartieu, in un’indagine che si focalizza sugli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso.
Ma oggi? Questa svolta culturale può essere considerata stabilizzata e, in definitiva, giunta a compimento? Assolutamente no, è la conclusione alla quale arriva questo saggio. Il poststrutturalismo ha messo in crisi il positivismo, gli schemi, gli assunti inamovibili. Il presente e il futuro della storiografia sono dinamici e intrecciati con sempre nuovi aspetti della scienza. Questo ci lascia forse meno certezze, ma spesso sono proprio le certezze che uccidono il vero sapere.
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E’ un libro di studio, che potrà comunque essere proposto anche a chiunque si interessi di storia in generale.
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