La stagione selvaggia
- Autore: Umberto Squitieri
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2022
La stagione selvaggia è il passato che non si dimentica, il racconto di Roberto, il protagonista della storia, del padre supereroe, del suo primo dolore, la morte della nonna, e tutto quello che avrebbe vissuto dall’infanzia in poi.
Un memoir di ricordi che ruotano intorno alla vita familiare del nostro protagonista, con una cadenza autobiografica narra degli anni del boom economico nei quali tanti italiani avevano la voglia di ricominciare con il desiderio di dimenticare e buttarsi alle spalle le sofferenze del dopoguerra.
Una storia custodita nell’intimo tra i propri silenzi, di una vita presa a morsi, con le spine di un cactus sempre pronte a graffiare.
La stagione selvaggia (Le Scatole Parlanti, 2022) è il romanzo di esordio di Umberto Squitieri, salernitano, laureato in Agraria ma successivamente diplomato all’Accademia di Teatro Napoletano, conseguendo nel 2012 un master al Centro Sperimentale di Cinematografia di Milano. Autore e regista, attore teatrale e televisivo, ha portato in scena le sue opere e quelle di grandi maestri come Eduardo De Filippo, Pirandello, Shakespeare e Beckett.
Roberto non aveva accettato che una persona cara, all’improvviso non ci fosse più.
Il cactus lo aveva punto.
Le prime pagine del romanzo tornano indietro nel tempo a quando aveva tredici anni e viveva le estati in campagna dai nonni. Sarebbero stati i suoi ricordi più cari, sarebbero rimasti per sempre la sua isola felice. Non vedeva l’ora che la scuola finisse per andare da loro, al podere. Nel suo immaginario era un castello, adorava quel luogo dove viveva in armonia con la natura. Dove accompagnava il nonno al pascolo e dove attendeva la mattina presto la colazione che gli preparava la nonna, una tazza di latte fumante appena munto. Era un luogo con le sue magie, che diventava attesa l’arrivo dei venditori ambulanti: facevano il giro dei terreni rurali per vendere di tutto, dai formaggi alle stoffe. Anche il gelataio con i consueti due gusti, limone e albicocca. Erano gli anni settanta, il padre di Roberto era cresciuto in fretta senza potere terminare la scuola, al lavoro già da bambino per imparare un mestiere, e appena diciasettenne si sposò decidendo di lasciare la campagna e di stabilirsi a Salerno, in una città che lungo le sue strade dalla periferia al centro seguiva l’andamento del mare. I figli e i cambi di casa fino all’ultima, fuori dal centro, con un grande cortile, vicino alla ferrovia, e il vicinato che sembrava un formicaio verticale dove si guardava e si era guardati.
A Roberto piaceva affacciarsi alla finestra quando il treno passava e immaginare di saltarci sopra e di partire verso l’ignoto. Si viveva con poco, le partite di calcio con i compagni per strada, l’attesa del telegiornale all’ora di pranzo, e le comiche che davano il sabato pomeriggio in tv con Stanlio e Ollio, Buster Keaton, Chaplin.
E poi il mare di fronte, lì a due passi dalla strada, Lido Pagliarella, una tettoia di foglie di palme su pali di castagno che dava copertura a un piccolo bar, un flipper, un calciobalilla e un jukebox con le canzoni di Massimo Ranieri, Gianni Nazzaro, Claudio Baglioni.
Mentre papà Stefano diventava sempre più professionale a valutare le auto per il suo salone d’esposizione, Roberto cresceva e viveva le emozioni delle prime uscite con gli amici di scuola, dei primi sguardi alle ragazzine, di essere entrato far parte di una squadra di calcio per dilettanti, e dei lavori estivi durante le vacanze.
Uno degli studenti migliori, con la passione per il teatro e la recitazione. Nulla faceva prevedere la tempesta che era in arrivo e che avrebbe cambiato la sua vita.
Il diavolo sembrava danzare intorno: il padre costretto ad andare via in cerca di lavoro, una famiglia che avrebbe dovuto cavarsela da sola.
Il cactus lo aveva punto di nuovo. Quante volte si può essere messi al tappeto e rialzarsi?
La realtà di una vita che picchia duro, una storia familiare quasi a ricordare i dintorni di un’opera pasoliniana, con le spine di un cactus sempre in agguato.
È il racconto di una stagione selvaggia, quella di un luogo coperto da una fitta vegetazione senza apparentemente nessuna luce, nessun appiglio per poterne uscire incolume, e tra paura e coraggio, speranze e disillusioni, emerge la voglia di riscatto.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La stagione selvaggia
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