La solitudine dell’essere-umano. L’individuo nella modernità globalizzata
- Autore: Enza Galluccio
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2022
L’homo consumens (Z. Bauman) ha smarrito se stesso e il senso del collettivo, subordinandosi ai diktat neoliberisti del consumo e alle azioni di controllo surrettizio delle masse. Da questa reificazione progressiva discende la post-umanità monadica, incapace di pensiero critico, esposta all’attrazione fatale di una merceologia (anche culturale) alienante dalla percezione autentica del sé e della relazione sociale. Dopo la sbornia ideologica degli anni Settanta, l’impegno (l’adesione a una Causa, a una fede, a un partito che fosse), tacciato di obsolescenza, è stato rimpiazzato dalla rincorsa sfrenata al ben-essere coincidente con la compulsione consumista e la cieca idolatria tecnico-scientifica. L’oggettivazione lobbystica dell’individuo al rango di cliente dilaga oggi in modo esponenziale, raggiungendo cortocircuiti di senso con l’affermarsi massivo degli strumenti di socialità virtuale, di fatto surrogati autistici di relazioni umane.
Senza una netta recessione dal globalismo neocapitalista, la sub-umanità consumatrice è destinata ad assecondare ab libitum le mire dei potentati mondiali, inconsapevole del prezzo da pagare alla libertà, in primo luogo di discernere autonomamente. Stando alle analisi condotte da Enza Galluccio per il suo rigoroso La solitudine dell’essere-umano. L’individuo nella modernità globalizzata (La Vela, 2022) finanche la religione è stata oggi soppiantata dal fideismo acritico, dalla credenza cieca in un progresso poggiato sugli esclusivi capisaldi delle regole consumistiche. L’attuale emergenza pandemica e l’indegna gestione politico-sanitaria che ne è derivata, hanno descritto a chiare lettere il grado di pervasività raggiunto dai nuovi ordini di governo, foucaultianamente fondati su vigilanza e punizione (Michel Foucault, Sorvegliare e punire). Con il contributo di una scienza neo-faustiana, interessata più agli introiti – i proventi di una folle campagna vaccinale, folle in quanto coattata e indiscriminata –, che a una razionalizzazione dell’emergenza.
Mi rifaccio dunque all’epilogo epidemico che chiude l’ottimo lavoro della professoressa e filosofa Galluccio (L’essere umano al tempo del Covid-19) in quanto a mio avviso esplicativo del grado di solitudine alienata cui l’essere umano è stato pervasivamente ridotto col pretesto dell’ emergenza sanitaria.
“Con l’avvento della dichiarata pandemia mondiale, gran parte del pianeta entra a pieno regime in una fase definita “di emergenza”, della quale non si conosce esattamente l’inizio (nessuno, in questo momento, è in grado di affermare con certezza quando il virus Covid-19 ha iniziato a far parte dei nostri corpi e delle nostre menti) e ancor meno si intravede la fine (ammesso che si possa parlare di una “fine” in relazione a un virus). Poi l’emergenza è diventata una consuetudine […] L’essere umano è sembrato galleggiare per un po’ di tempo, per poi sprofondare in un delirante viaggio all’interno del panico da contagio. L’incertezza dilagante ha messo radici troppo salde, inducendoci a definire tutto questo come una crisi del sistema umano mondiale. Cessa la legittimità del dubbio e viene negata ogni possibilità di respiro per la domanda […] È una corsa al monopolio della verità assoluta alla quale possono partecipare solo coloro che affermano e sostengono un’unica realtà dogmatica mondiale che ci lega a un virus, condizionando qualsiasi prospettiva immediata e futura.” (pagg. 160-161)
Eccetera, eccetera. Nello stesso epilogo l’autrice cita opportunamente passaggi da lavori di Donatella Di Cesare, Giorgio Agamben e Bernard-Henry Levy, epigoni filosofici di pensiero divergente: tra le voci accademiche che più hanno gridato nel deserto (italiano, il peggiore del mondo) di un’umanità a perdere, atterrita e acquiescente. La professoressa Galluccio spero mi perdonerà se chiudo con il quadro desolante espresso dal francese B.H. Levy., e ripreso a pagina 167 del suo lavoro, potenzialmente disalienante, se non è ormai troppo tardi per un “essere-umano atomizzato e dormiente” (E. Galluccio).
“Un mondo dove, al posto di quello che fa troppo male, abbiamo gel idroalcolici, balconi dove possiamo autocompiacerci, cani da portare a passeggio due volte al giorno con il modulo di autocertificazione Covid e città che vengono ripulite dalle folle umane come una sala operatoria dalle infezioni nosocomiali. Un mondo di addestratori di cani, cioè di addestratori che sono cani che addestrano come cani un’umanità che ha diritto di abbaiare solo quando le viene ricordato che è fatta di uomini, il diritto di gemere quando prende un virus e di guarire quando il signor Coronavirus, il nostro re, viene a darle una lezione come si dà una pacca al cane, con il doppio significato di coccolare e picchiare […] Non è bella la vita? […] Questa è la lezione del virus. Questa è la ragione della mia rabbia.”
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