La guerra è bella ma è scomoda
- Autore: Paolo Monelli, Giuseppe Novello
- Genere: Libri da ridere
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2015
La Grande Guerra a fumetti di due giovani alpini artisti.
Peccato: “La guerra è bella ma è scomoda” lamentavano Monelli e Novello, nelle vignette e testi a caratteri grandi contenute in un libro pubblicato nel 1929 ed ora riedito da il Mulino. Un volume formato album (128 pagine 20 euro) realizzato da due nomi noti, un uomo di lettere e un disegnatore che la Grande Guerra l’hanno fatta per intero, cento anni fa, ma non era per niente bella e dire scomoda è poco.
Il giornalista Paolo Monelli (1891-1984) si arruolò volontario, rinunciando all’esonero quale figlio unico. Giuseppe Novelli, “Beppo” (1897-1988), pittore e illustratore, venne chiamato alle armi con tanto di cartolina precetto. Vestirono entrambi il grigioverde nel 1915-18 e si conobbero nella redazione de “L’Alpino”, il quindicinale dell’Associazione Nazionale Alpini. Era il 1925 e i due veterani, lo spiritoso vignettista e lo scrittore umorista, decisero di pubblicare per l’editore Treves un volume a quattro mani, fatto di tavole a fumetti e di racconti di guerra un po’ così, tra il faceto e l’ironico ma vero. Un successo, per stile e contenuti, che dopo varie riedizioni arriva fino ad oggi, presentato da un’efficace introduzione di Gian Antonio Stella.
È superfluo ricordare che chi ha conosciuto quel conflitto vi ha trovato poco da ridere. Beppo rimase coinvolto anche nella ritirata disastrosa dopo Caporetto, ma a distanza di qualche anno il pathos sfuma e lascia il posto ad aneddoti spesso divertenti. Col tempo, la memoria perde il tanfo della morte e della paura, sostituite dalla malinconia del reduce, dal ricordo di tante care cose, che si vorrebbe ancora rivivere, perché la loro somma significa giovinezza.
Per Monelli il “quaderno” apparteneva più all’amico disegnatore che a sé. Sosteneva di essersi limitato ad aggiungere alle tavole di Novello un commento pigro e ciondolone. Il pittore, a sua volta, guardava con fastidio i suoi abbozzi, ritenendosi capace di disegnare molto meglio. Però, né l’uno né l’altro misero mano o autorizzarono revisioni e rimaneggiamenti.
Stella cita Ermanno Olmi, autore di un film recente su quel conflitto. In trincea c’erano due guerre, ha detto il regista, quella degli ufficiali e quella dei soldati, gli uni coi cappotti foderati di pelliccia, gli altri con gli scarponi di cartone e tanta voglia di vino, per sentirsi più leggeri, più vicini a casa.
Le bevute, l’ubriachezza, ricorrono spesso nei testi e disegni del volume. Sono la cifra dell’affettuoso sarcasmo con cui i due descrivono gli eroismi e le debolezze di uomini e ragazzi mandati ad affrontare una cosa sproporzionatamente più grande di loro.
C’è del vino, due bidoni pieni, nell’episodio del Marter, che vede un crocefisso appostato come sentinella. In una cantina dimenticata, sotto una cappellina nella terra di nessuno, due alpini fanno la bella scoperta di quattro botti piene. Avendo messo a far la guardia accanto alla porta un gran crocefisso alto due metri, al sentire un trambusto accorrono e, ostia, el Cristo g’ha dato l’allarme. Sorprendono un austriaco venuto anche lui a spillare e se lo portano dietro nelle loro linee, prigioniero, assieme ai due bidoni colmi, attenti a non rimetterci nemmeno una goccia.
In altre tavole, una recluta risponde alla morosa di dubitare fortemente della promessa di restargli fedele: ma se non sei stata capace di far la buona coi maschi quando sono stato via sei giorni, figuriamoci ora che potrei mancare sei mesi!
Primo imperativo categorico del soldato: amare la vita come un imboscato qualunque e mai fare come l’aspirantino – un giovanissimo neo ufficiale – che dimostra la sua fatale inesperienza al fronte, gettandosi a terra quando lo scoppio è lontano e tre veci restano allegramente in piedi. Lo stesso ragazzo è investito invece in piedi e allo scoperto dall’esplosione di un proiettile diretto, mentre i tre soldati esperti sono ben sdraiati a filo d’erba.
Oggi il libro di Paolo e Beppo riprende vita dopo tanti anni. Scrisse Monelli:
A quel libretto in fondo gli vogliamo bene, per quei suoi difetti che sono quelli di una giovinezza confidente e sbadata, senza problemi e pensieri d’avvenire, perché era meglio non pensare.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La guerra è bella ma è scomoda
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