La fatica dell’intero. Il pensiero come arte dell’incontro
- Autore: Claudio Sottocornola
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2024
In modo esponenziale al proliferare dei social media, l’incomunicabilità si attesta come cifra ontologica-sociale del millennio. Piuttosto che nel silenzio autistico di alcuni film di Antonioni, l’incapacità dialogica oggi fa il paio con un monologare egotico che esula dall’ascolto dell’altro. Sorvolando, per una volta, sul solipsismo dei social (a-sociali), il narcisismo degli opinionisti da talk-show è indicativo di questo discettare a vuoto; esempio quotidiano di un parlare di tutto per non parlare di niente. Per chi assista allo spettacolo gladiatoriale fra ego a confronto, l’impressione è reiterata: la verità è ineffabile, come cantava Dylan “soffia nel vento”. E del resto a chi importa? Certo non ai giornalisti officianti il rito dello scontro verbale senza altri obiettivi al di là dello scontro stesso. Arbitri prezzolati di un ring televisivo senza soluzione di continuità, ignari di Hegel, del fatto che una seria indagine sulla verità andrebbe ricondotta in ogni caso alla realtà. Di per sé materia complessa, stratificata e contraddittoria. Necessitante il superamento dialettico della contrapposizione fra una linea di pensiero e un’altra.
Proprio l’affermazione hegeliana “il vero è l’intero” (espressa nella Fenomenologia dello Spirito), ha dato la stura all’ennesimo saggio filosofico di Claudio Sottocornola, a partire dal titolo che la parafrasa, La fatica dell’intero. Il pensiero come arte dell’incontro (Oltre Edizioni, 2024).
Centotrenta pagine di pregnanza adamantina, in un tempo dove anche la filosofia è spesso mercificata (in quanto semplificata, medializzata) da filosofi da classifica dei libri più venduti. Pure se attraverso una prosa nel complesso accessibile (grande merito), Claudio Sottocornola non semplifica. Si interroga piuttosto, hegelianamente in bilico fra le antitesi: verità o appartenenza? Coscienza o legge? Bisogno o libertà? Uguaglianza o gerarchia? E al netto delle inevitabili pars destruens, rintraccia nel ritorno all’altro da noi il solo modo di trarsi fuori dall’impasse relazionale in cui viviamo, precipitati da un sistema ottundente a cui fa comodo che sia così.
Tredici quesiti fondamentali e la verità come sintesi teleologica. Il dialogo (dal greco διάλογος, significa conversare, meglio ancora: discorrere con) come strumento opportuno per conseguirla. In maniera filosoficamente equanime, sostiene l’autore:
Le nostre interpretazioni del mondo divergono anche perché diverso è il mythos che le sostiene e, mentre sarebbe fuorviante cercarne una comune omologazione, appare più proficuo sforzarsi di capire il punto di vista dell’altro. È tale approccio ermeneutico che ci permette di includere opzioni contrastanti in una formulazione di senso che, in qualche misura e modalità, le avalla entrambe, superando la semplice negazione manichea di uno dei due termini.
L’autore ritorna spesso sul concetto di pensiero "come arte dell’incontro", punto nodale – il concetto autenticamente sovversivo – di questo saggio. La recente e perniciosa emergenza Covid (traslata in divisiva emergenza politica e di pensiero, prima ancora che sanitaria) ha acutizzato una partigianeria globale che non prevede ascolto né mezze misure. Si è conclamato l’evo della conflittualità manifesta e partigiana, soprattutto al cospetto di questioni (gestioni sanitarie, guerre, crisi climatica) che soltanto attraverso un approccio dialettico si potrebbe di fatto tentare di dirimere. Oltre che espressione di miope sanfedismo, le soluzione attraverso una risposta univoca costituiscono invece un segnale di superficialità e squalifica delle differenti prospettive in gioco. Claudio Sottocornola sovverte radicalmente questo che è diventato il modus agendi dell’opinionismo e del politicismo tracimante dai media. L’esempio che segue è esplicativa del suo hegelismo di fondo:
Se [...] a proposito del paese in cui vivo, io affermo che viviamo in una democrazia ed un altro lo nega, prima di valutare l’interlocutore come inattendibile, potrei domandarmi cosa egli intenda per democrazia e, se egli ritiene essenziale alla sua definizione l’esistenza di pari opportunità ecomico-sociali per i suoi cittadini, piuttosto che le sole libere elezioni, posso quanto meno comprendere il suo punto di vista e, da lì, iniziare un dialogo. È l’approccio ermeneutico [...] che ci permette, grazie ad una concezione della conoscenza come interpretazione – e dunque come integrazione di prospettive – di includere opzioni contrastanti in una formulazione di senso che, in qualche misura e modalità, le avalla entrambe, superando la semplice negazione manichea di uno dei due termini.
I dodici capitoli che riprendono altrettante riflessioni pubblicate dal filosofo sulla rivista “Missione Salute” si assumono dunque come stazioni di un discorso unitario, in direzione ostinata e contraria (De Andrè) alle pratiche comunicative di una società perennemente medializzata, in cui il non-ascolto e la delegittimazione del “contendente” dialogico viene praticata e si declina tra il consenso dell’audience e l’indifferenza generale. Per questi motivi con La fatica dell’intero Claudio Sottocornola ci consegna un ulteriore saggio di concezione umanista, dialettica, spessa e disalienante.
La fatica dell'intero: Il pensiero come arte dell’incontro
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