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Storia della letteratura

La coscienza di Zeno: il protagonista e la psicanalisi. Analisi del romanzo di Svevo

In occasione dell'anniversario della morte di Italo Svevo, Graziella Atzori analizza il capolavoro dello scrittore.

Graziella Atzori Pubblicato il 13-09-2021
La coscienza di Zeno: il protagonista e la psicanalisi. Analisi del romanzo di Svevo

Il 13 settembre 1928 a Motta di Livenza lo scrittore triestino Italo Svevo (nome d’arte di Aron Hector Schmitz) moriva in seguito a un incidente stradale, che all’inizio non sembrava mortale. La signora nerovestita giunge puntualmente quando deve.
In punto di morte il grande romanziere consola la figlia dicendole:

"Non piangere Letizia, non è nulla morire".

La frase rivela una serenità d’animo degna degli stoici e la realizzazione piena di una vita, pur costellata da incomprensioni e amarezze.

Svevo però, troppo avanti con i tempi e in un’Italia incapace di penetrare la profondità della psicanalisi, di cui l’opera sveviana è impregnata (anche a Umberto Saba toccò la medesima sorte), ebbe la gioia di sentirsi amato e capito da Eugenio Montale, il quale lo promosse a Parigi e in Europa. I critici ne decretarono la grandezza, già riconosciuta da James Joyce e da Ezra Pound, dopo trenta e più anni di solitudine letteraria.

A Trieste la sua statua è posta di fronte alla Biblioteca Civica, con una sua nota frase incisa sul pavimento:

"La vita non è né brutta né bella, ma è originale!”

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La coscienza di Zeno: il protagonista, la psicanalisi, lo stile

Voglio riprendere il romanzo, forse il suo capolavoro, La coscienza di Zeno , uscito nel 1923 per l’editore Cappelli. Conosciamo il protagonista Zeno Cosini come "inetto", inadatto alla vita borghese e scollato dalla società, oppresso da sensi di inferiorità. Secondo il suo psicanalista — di cui sappiamo solo l’iniziale del cognome, il dr. S (Sigmund Freud? Oppure il dr. Edoardo Weiss, dallo scrittore ben conosciuto?) — l’uomo è affetto dai due complessi fondamentali, origine di ogni nevrosi: il complesso edipico e il complesso di Caino. Il dr. S rende pubblico il diario di Zeno per ripicca (cosa che un analista non farebbe mai, ovviamente, ma la finzione letteraria lo consente), in quanto Zeno decide di abbandonare l’analisi, sentendosi guarito.

In genere si dice che Svevo non credesse nella nuova cura della psiche. Certo non vi si sottopose, ma ne conosceva a perfezione i meccanismi. La sua grandezza sta nell’aver inserito nel romanzo moderno una profondità data dallo scandaglio dell’inconscio, che permette uno sguardo autentico e obiettivo sull’essere umano, partendo da particolari un tempo trascurati, da quelle che venivano catalogate come manie, per esempio la dipendenza dalla sigaretta, una delle "protagoniste" del romanzo.

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Riguardo a ciò, credo sia lecito accostare la piccola luce della sigaretta, eterna compagna di Zeno e dello stesso Svevo, alla luce della coscienza. Lo scrittore non crea l’analogia, a me sembra lampante. Ciò che lega le due cose è la luce:

"La bontà era la luce che a sprazzi e ad istanti illuminava l’oscuro animo umano. Occorreva la fiaccola bruciante per dare la luce […] e l’essere pensante a quella luce poteva scegliere la direzione per muoversi poi nell’oscurità.”

Zeno è edipicamente rivale del padre, da cui riceve un colpo (uno schiaffo? non si sa), quando il genitore morente e incosciente si muove in modo casuale. Gesto altamente simbolico. In fine il figlio riconoscerà la supremazia paterna. E non è forse questa la vera guarigione? Chi ci ha messo al mondo, anche solo per tale evento di portata immensa, merita questo tributo derivato dalla biologia. È in noi profondamente inciso, affermato nel comandamento "Onora il padre e la madre".
Svevo era ebreo come Freud, anche se non osservante. Fatto essenziale per comprendere la sua capacità di sviscerare il bene e il male delle azioni umane.

Zeno desidera sposare Ada, la più grande e bella delle sorelle Malfenti. Lei invece lo ignora e preferisce Guido. Il matrimonio di Ada e Guido risulterà disastroso e fallimentare, costellato di tradimenti, fino alla malattia di Ada e al suicidio di suo marito. Roso dalla rivalità (eccolo il complesso di Caino), Zeno aiuterà il cognato a risolvere i problemi economici della loro ditta. È un agire catartico. Zeno si accontenta di sposate Augusta, la sorella Malfenti meno bella, lasciata da parte, per la quale prova un affetto tiepido. Lei sa amare in modo oblativo e maturo, materno, rivelandosi la compagna ideale, capace di superare anche il dolore del tradimento. Zeno scopre di amarla, ed è decisamente guarito. Nel romanzo troviamo una delle frasi d’amore più belle che una donna amerebbe sentirsi dire:

“L’amore sano è quello che abbraccia una donna sola e intera, compreso il suo carattere e la sua intelligenza.”

La coscienza dell’uomo formata e adulta è indulgente e compassionevole, non per questo accondiscendente verso gli errori e le ombre enormi della modernità. È la coscienza di un saggio che ha meditato e compreso tanto, da vedere i mali della civiltà con occhio limpido, infallibile. Prima dell’industrializzazione in Italia, Svevo ne comprende gli esiti distruttivi, l’allontanamento dalla natura:

"La vita attuale è inquinata alle radici. L’uomo s’è messo al posto degli alberi e delle bestie ed ha inquinata l’aria, ha impedito il libero spazio. Può avvenire di peggio. Il triste e attivo animale potrebbe scoprire e mettere al proprio servizio delle altre forze.”

Di fronte al male oscuro, all’aggressività non risolta, dopo la Prima guerra mondiale, lo scrittore profetizza la creazione della bomba atomica, nelle parole finali del romanzo, e un uomo “un po’ più ammalato” la utilizzerà. Un uomo “fatto anche lui come tutti gli altri”. Come dire che tutti coviamo tali istinti di morte. Bene e male fermentano in ognuno. Sta alla coscienza trovare la giusta direzione.
C’è da restare stupefatti. Inetto costui? Niente affatto, piuttosto un gigante della mente e del cuore, non certo inferiore a Freud. Non aveva bisogno di farsi psicanalizzare.

Riguardo allo stile, lo scrittore ha sgrezzato e scrostato la prosa italiana da ogni ampollosità, restituendo al linguaggio la freschezza del parlato e l’immediatezza delle emozioni, la rivalutazione dei gesti cosiddetti insignificanti ma rivelatori di intenzioni recondite.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La coscienza di Zeno: il protagonista e la psicanalisi. Analisi del romanzo di Svevo

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