La consistenza del sangue
- Autore: Massimo Fagnoni
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Giraldi Editore
- Anno di pubblicazione: 2018
Ha lavorato per quasi vent’anni nei servizi sociali e in psichiatria, dal 2002 è agente della polizia locale bolognese. “Scrivo narrativa di genere noir dal 2005”. È così che si presenta Massimo Fagnoni, autore felsineo con studi e laurea in filosofia incorniciata, che in quindici anni o quasi di produzione narrativa vanta un numero consistente di titoli polizieschi, praticamente uno all’anno, ai quali dai primi mesi del 2018 si è aggiunto La consistenza del sangue. L’omicidio di Porta Lame (296 pagine, 14 euro), pubblicato da una casa editrice du pais, Giraldi, di San Lazzaro di Sàvena.
Uno dei protagonisti fissi dei romanzi di Massimo è la sua città, che conosce bene, passo per passo in più di una zona, avendola pattugliata in servizio.
Guai a toccargli Bologna è molto suscettibile sull’argomento, sebbene nel blog che alimenta costantemente in rete prenda le distanze dalla metropoli padana in cui vive, assicurando che riserva l’amore a ben altro. Epperò, facendo ricorso ad un minimo di psicologia d’accatto, si potrebbe pensare ad una presa di distanza che al contrario nasconde un’irresistibile dipendenza affettiva.
Infatti, comunque ce la racconti Fagnoni, Bologna marca una presenza tutt’altro che secondaria nella sua narrativa. Certo non è la “dotta” e nemmeno quella degli anni migliori (i mitici Sessanta?), ma resta pur sempre una vecchia signora ben messa, nonostante qualche secoletto alle spalle e più di una ruga.
A sentire i concittadini gliela stanno portando via sotto il naso. La pensa così anche l’anziana Piera, burbera pensionata vedova che nel romanzo risiede in zona Zanardi-Lame. Borbotta che non ci sono più i Bolognesi di una volta. Dice che nel palazzo di edilizia popolare dove abita, quando un anziano muore o viene ricoverato subentrano quei nuovi marukeyn e la babele di dialetti diventa ancora più assordante, “cinesi, bangladesi, nigeriani, nordafricani, slavi”.
Non è così, invece, nel complesso signorile in via, Parmeggiani, in cui alloggia la famiglia Tamarri, per cui fa i servizi. Lui docente universitario, lei psicopedagogista, due figlie piccole in casa, un cane. Un’altra più grande è all’estero per studio. Gente silenziosa, garbata, benestante e la signora Alba, in particolare, sempre sorridente, anche se la rustica Piera trova la sua cordialità fin troppo “appiccicosa”.
L’altro protagonista delle storie di Fagnoni è l’orrore. “Ci accompagna ogni giorno” insiste, ma sebbene sia tutto intorno siamo talmente assuefatti da non riconoscerlo. È quello del mondo reale, “nessun libro potrà mai uguagliarlo”.
L’orrore è dietro la porta della famiglia Tamarri, che questa mattina non si apre, il 1° maggio, nonostante la caparbietà della Piera.
"È certo che siano in casa?" chiede l’operatore della Centrale al portiere Ciro, che ha chiamato il 113. “Si sentono odori strani, scoppi, urla, rumori particolari?”. Solo la televisione accesa, per il resto silenzio. Neanche l’abbaiare del cane.
Non ci sono volanti disponibili, la Polizia fa intervenire la Municipale. Saranno buoni anche loro, doppiopetto, ad aprire un appartamento, insieme ai Vigili del Fuoco.
Tocca a Oliviero, un quarantenne laureato in storia e agente di Polizia urbana da dieci anni, a fare di tutto per strada: viabilità, multe, sfratti, ordine pubblico, campi rom, un po’ il vigile, un po’ il poliziotto, un po’ “il coglione”.
C’è un appartamento attiguo, i balconi distano mezzo metro, si potrebbe non aspettare i pompieri. Oliviero valuta i rischi: sono le 9, è lucido, la cosa fattibile, anche se la collega di turno Cristina disapprova. Ma lei è sovrappeso, fuori forma.
Scavalca. La tapparella è abbassata solo in parte. Al di là del vetro c’è la sala. Guarda. Sbianca in volto.
Il commissario Giuseppe Castaldi è a un solo mese dalla pensione, cancella ogni giorno sul calendario le 24 ore appena trascorse. Ha passato gli ultimi vent’anni a inseguire omicidi e quelli stancano mortalmente, ma questo non è un semplice omicidio, è una strage.
Le bambine sono distese sul divano, abbracciate, il sangue colato dalla gola imbratta i pigiamini e si è raccolto sul parquet. Sembrano rilassate, come se stessero dormendo, non hanno sofferto. Il cane sì, il labrador è in cucina, sgozzato. Il resto lo racconta Oliviero, che si è ripreso dallo shock. Ha dovuto rompere il vetro della finestra con la pistola. Davanti alla moglie, in maglietta rosa corta, ferita da lacerazioni profonde e accasciata sull’altro divano, c’era il marito, in ginocchio, con gli occhi sbarrati e un grosso coltello da caccia insanguinato in mano.
Era in tuta, tornato da poco col giornale e un pacchetto della pasticceria. Quarantacinque anni, l’hanno portato in camera di sicurezza. Resta rigido, come un tronco secco. Non parla, non reagisce agli stimoli. Non ha versato una lacrima.
La casa è pulita, accogliente, piena di oggetti e di foto. È viva. Qualcuno la mattina si era occupato di aggiornare la data sul calendario.
C’è una donna che lotta contro la morte, sotto i ferri di qualche chirurgo che farà di tutto per farle affrontare per il resto dell’esistenza l’atroce assenza delle sue bambine. In attesa di sapere com’è andata dalla signora Alba, il commissario ha solo Tamarri da interrogare, ma quello è bloccato, assente, in stato catatonico post traumatico.
Un uomo di successo, bello, benestante, massacra la famiglia, cane compreso, dopo essere rientrato in casa con le paste. Perché?
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