Beat riedita La casa della gioia (2023, titolo originale The House of Mirth, traduzione di Gaja Cenciarelli, pp. 448, 13,00 euro) è il quarto romanzo della scrittrice statunitense Edith Wharton (New York, 24 gennaio 1862 - Saint-Brice-sous-Forêt, 11 agosto 1937), pubblicato per la prima volta nel 1905 e dal quale è stato tratto nel 2000 il film omonimo diretto da Terence Davies, protagonisti Gillian Anderson, Elizabeth McGovern, Dan Aykroyd ed Eric Stoltz.
Edith Wharton poetessa oltre che scrittrice, prima donna a vincere il Premio Pulitzer per L’età dell’innocenza nel 1921, amica personale di Henry James, era nata in una signorile palazzina della Ventitreesima Strada Ovest, a New York, figlia di George Jones e Lucrezia Steven Rhinelander. I Jones appartenevano entrambi a un ceto di mercanti, banchieri e avvocati, a quell’aristocrazia del denaro i cui punti cardine erano severi principi di onestà negli affari e gusto dei piaceri sociali.
Questa aristocrazia del denaro così diversa, nella sua incorruttibilità, dai cinici nuovi ricchi che alla fine dell’Ottocento l’avrebbero sostituita, i bucanieri, The Buccaneers, che Edith descrisse mirabilmente nel suo ultimo romanzo rimasto incompiuto.
Criticare le antiche e classiste regole della rigida società newyorkese nei suoi splendidi romanzi, era un dovere civile per Edith Wharton, che disprezzava l’ambiente ipocrita di dove aveva visto la luce. Esistono diversi modi per evidenziare con una lente i comportamenti della High Society di New York, scriverne male con una scrittura moderna in meravigliosi scritti, dove al microscopio viene indagata l’anima e il cervello dei singoli protagonisti. Oppure compiere un gesto eclatante, di rottura, per ritrovare quella rettitudine e integrità morale, che le mille luci sfavillanti di New York hanno appannato.
È il caso di Miss Lily Bart protagonista de La casa della gioia, affascinante giovane donna dalle grandi speranze ma dai ridotti mezzi finanziari che cerca un posto al sole in quella ristretta cerchia dell’aristocrazia del denaro dove è nata ma nella quale è costretta a vivere ai margini a causa del tracollo finanziario del defunto padre. Alla fatidica soglia dei trent’anni, Miss Bart, che per undici ha goduto dell’ospitalità dei suoi “amici”, ricchi esponenti degli ambienti più altolocati, frequentando i salotti e i ricevimenti mondani, ancora non ha reso definitiva la sua condizione sociale tramite un buon matrimonio. E questa è una grossa mancanza per Miss Lily, che peraltro spicca sempre per la sua leggiadria e le sue buone maniere. Ma le speranze di accasarsi con successo svaniscono in un soffio.
In questo classico senza tempo, accompagnato dalla bella copertina, particolare di un dipinto di uno dei massimi ritrattisti dell’Ottocento, John Singer Sargent, Wharton narra la breve parabola di un’eroina dei primi anni del Novecento, messa al bando da una società giovanissima, ma già fin troppo convenzionalista, spregiudicata e immorale. Il destino di Lily Bart è tutta nella sua veloce ascesa e rapida caduta.
Non è forse vero che “il cuore degli stolti è nella casa della gioia?”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La casa della gioia
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