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Recensioni di libri

La casa dell’aviatore di Katia Dal Monte

Giraldi Editore, 2018 - L’autrice con una scrittura intima delinea i volti dei personaggi, narra le loro emozioni, crea una sorta di biografia interiore. Un lirismo emotivo e sentimentale nelle piccole scene di vita quotidiana. Le loro storie si aprono nelle diverse stanze della vita, lasciando a noi lettori il compito di ricomporre l’intera vicenda.

Teresa D'Aniello
Teresa D’Aniello Pubblicato il 21-06-2019
La casa dell'aviatore

La casa dell’aviatore

  • Autore: Katia Dal Monte
  • Genere: Romanzi e saggi storici
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Casa editrice: Giraldi Editore
  • Anno di pubblicazione: 2018

Un libro poetico, struggente, l’ultimo lavoro della bolognese Katia Dal Monte, autrice di testi per musica, racconti, e curatrice di manifestazioni culturali. "La casa dell’aviatore", pubblicato dalla Giraldi Editore, ha al centro della sua storia una splendida villa sulle colline romagnole ristrutturata per le vacanze da una ricca famiglia ebrea. Siamo nell’estate del 1938, alcune settimane prima dell’emanazione delle legge razziali, la pagina più vergognosa della nostra storia.

Le storie sono pietre, scrive la brava Gabriella Pirazzini nella prefazione al libro, pietre che hanno saputo accogliere la vita, la rabbia, i desideri, i fallimenti, le gioie. Come le pietre della residenza estiva dei nostri protagonisti, Villa Muggia, una casa che è esistita, le cui rovine sono ancora ad Imola. Una villa progettata negli anni trenta dall’architetto milanese Pietro Bottoni, uno dei più grandi interpreti della corrente architettonica del Razionalismo italiano.
Nata come villino da caccia per ospitare la nobiltà del posto, la casa si inondava di luce dalle grandi vetrate, e aveva intorno un grande giardino di alberi rigogliosi e terra coltivata. Rimessa a nuovo da Anna e suo marito, al suo interno vi era un salone affrescato con una scala monumentale del settecento, un grande camino e al centro nella sala da pranzo un tavolo ellittico in pietra, fissato al pavimento, cuore simbolico della vita della famiglia.

Il tavolo di pietra e cemento è stato costruito qui dentro, la sua base è un’escrescenza del pavimento, non si può togliere né spostare; i ricami di marmo colorato che lo circondano delimitandone a terra i confini, lo fanno sembrare un grande fiore, attorno al quale ci sediamo ogni sera.

Con una scrittura intima e delicata, l’autrice delinea i volti dei personaggi, narra le loro emozioni, crea una sorta di biografia interiore. Un lirismo emotivo e sentimentale nelle piccole scene di vita quotidiana. Le loro storie si aprono nelle diverse stanze della vita, lasciando a noi lettori il compito di ricomporre l’intera vicenda. Lentamente, come in un piano sequenza, ognuno di loro entrerà in scena: il padre, la madre Anna, i figli Giulio (l’aviatore) e Margaret. Chiusi nelle loro infelicità ed ignari di ciò che succederà di lì a poco.
Anna non trattiene quasi più la sua tristezza, il suo malcontento per una vita che non aveva scelto. Le piace trascorrere le giornate ascoltando la radio e guardando l’album dei ricordi, con i ritagli delle riviste scientifiche che parlano di Anita, la sua cara amica, andata via dopo l’università negli Stati Uniti e non più ritornata. Il marito vorrebbe colmare quel vuoto con il suo amore. Anna è così assente: non gli ha mai perdonato di averle impedito di terminare l’università. Ma l’aria è cambiata, è convinto che il tempo sia diventato strano per chi è ebreo e nel guardare il salone della sua splendida casa che accoglie loro tutti, si emoziona davanti a tanta malinconica bellezza.

Margaret piange la morte del suo giovane marito, è rimasta sola con i loro due piccoli figli. Immersa in un senso di abbandono non dimentica di dare la carica all’orologio di Marco e ogni notte i suoi risvegli improvvisi nel buio le ricordano che i silenzi intorno a lei sono aumentati. Giulio ama gli aeroplani come Italo Balbo. Sorvola Bologna, le sue torri, i suoi giardini e la loro villa, che gli sembra giacere nuda nella radura in mezzo agli alberi, come fosse morta.

Io ho volato diverse volte, sempre qui intorno, mi piace guardare questa casa dall’alto, la conosco ormai perfettamente ma sempre la spio, e immagino storie di vita come quando ero bambino e mi piaceva guardare dentro alle finestre illuminate.

Nell’inverno del 1940 la villa verrà abbandonata. Giulio continuerà solo per poco a vederla dall’alto, di sfuggita come un ladro, mentre i tedeschi avanzano facendo scempio lungo il loro cammino. Della splendida villa e dei ricordi che custodiva rimarranno pietre accatastate l’una sull’altra, a memoria di chi è rimasto.
"La casa dell’aviatore" è una splendida narrazione, la vicenda coinvolgente dell’abbraccio di una casa alla vita di un’intera famiglia. Una lettura che mi ha emozionata non solo per la storia familiare e l’ambientazione storica, ma anche per il pregevole ricordo della nostra creatività architettonica che ha fatto scuola nel tempo. Consigliato!

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La casa dell’aviatore

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