Composto nel 1812, La Risurrezione è il primo degli Inni Sacri scritti da Alessandro Manzoni. L’autore iniziò la stesura dell’inno in occasione della Pasqua, festività centrale della liturgia cattolica, che quell’anno cadeva il 29 marzo.
Manzoni portò a termine il componimento il 23 giugno 1812, come riporta il manoscritto autografo; dunque la datazione appare svincolata dal calendario liturgico cristiano.
Da questo dato emerge che l’autore si prese tutto il tempo necessario per indagare a fondo il mistero alla base del Cristianesimo: la Resurrezione.
È significativo che il progetto degli Inni sacri (che in origine doveva comprendere 12 componimenti, uno per ogni festività della liturgia cattolica) inizi proprio dalla Resurrezione, evento centrale del Cristianesimo, dal forte valore simbolico e più esplicativo del Natale
A questo primo inno La Risurrezione (1812) faranno seguito altri cinque, nell’ordine: Il nome di Maria (1812-1813), Il Natale (1813), La Passione (1813-1814), La Pentecoste (1817), Manzoni ne lascerà un sesto dedicato ad Ognissanti incompleto.
Ne La Risurrezione (1812) emerge tutta la gioia di Manzoni di essere cristiano, ad aprire il poema è infatti l’annuncio È risorto che viene ripetuto per mezzo di un’anafora tre volte nelle tre strofe successive con un’enfasi crescente. L’autore fa della parola il suo “messaggero incarnato”, intrecciando nei versi gli eventi storici all’esegesi biblica, sino a trasformare la profezia in verità.
Manzoni riflette l’immortalità del messaggio di Resurrezione nell’intreccio dei tempi verbali: presente, passato e futuro si alternano nelle strofe dando luogo a un “tempo non tempo”, parlando a una realtà che sfuma significativamente nell’eterno, e quindi si rivolge a tutti i fedeli senza alcuna distinzione di età, epoca storica o estrazione sociale. Nel suo primo Inno Sacro l’autore celebra i sentimenti alla base del pensiero cristiano: carità, uguaglianza, fraternità e, nel finale, li innalza a una concezione universale che fonde umano e divino.
Scopriamone testo, parafrasi e analisi.
La Risurrezione di Alessandro Manzoni: testo e parafrasi
È risorto: or come a morte
La sua preda fu ritolta?
Come ha vinto l’atre porte,
Come è salvo un’altra volta
Quei che giacque in forza altrui?
Io lo giuro per Colui
Che da’ morti il suscitò,
Cristo è risorto: come fu ripresa alla morte la sua preda, come ha vinto le porte nere della morte, come è possibile che sia di nuovo salvo colui che si trovò in balìa del potere altrui? Io lo giuro in nome di Dio Padre che lo strappò via dal regno dei morti.
È risorto: il capo santo
Più non posa nel sudario;
È risorto: dall’un canto
Dell’avello solitario
Sta il coperchio rovesciato:
Come un forte inebbriato
Il Signor si risvegliò.
Cristo è risorto: la sua testa santa non è più avvolta nel velo del sudario. Lui è risorto e ora la pietra tombale è rovesciata ad un lato del sepolcro vuoto. Il Signore si risvegliò, come un uomo che ha ritrovato la forza ubriacato dal vino.
Come a mezzo del cammino,
Riposato alla foresta,
Si risente il pellegrino,
E si scote dalla testa
Una foglia inaridita,
Che, dal ramo dipartita,
Lenta lenta vi ristè:
Come nel mezzo del suo cammino, dopo essersi riposato nella foresta, il pellegrino si scuote dal capo una foglia secca caduta dal ramo, poggiatasi lentamente, che lentamente sembra rinvigorirsi.
Tale il marmo inoperoso,
Che premea l’arca scavata
Gittò via quel Vigoroso,
Quando l’anima tornata
Dalla squallida vallea,
Al Divino che tacea;
Sorgi, disse, io son con Te.
Allo stesso modo Cristo gettò via l’inutile marmo che copriva la tomba scavata nel masso, quando l’anima, tornata dal limbo al corpo di Cristo disse: “Risorgi adesso che sono ritornata nel tuo corpo”.
Che parola si diffuse
Tra i sopiti d’Israele!
Il Signor le porte ha schiuse!
Il Signor, l’Emmanuele!
O sopiti in aspettando,
È finito il vostro bando:
Egli è desso, il Redentor.
La lieta notizia si diffuse tra gli animi dormienti del popolo di Israele. Il signore ha spalancato le porte della morte! Lui, il signore, Emmanuele! Popolo d’Israele, è finito il tuo esilio, ora si è risvegliato il Redentore.
Pria di Lui nel regno eterno
Che mortal sarebbe asceso?
A rapirvi al muto inferno,
Vecchi padri, Egli è disceso:
Il sospir del tempo antico,
Il terror dell’inimico,
Il promesso Vincitor.
Prima di Cristo quale mortale sarebbe mai asceso in Paradiso? Il Redentore è venuto per salvarvi dalle pene silenziose dell’inferno, Vecchi Padri d’Israele. Cristo è il redentore atteso da secoli, il terrore del demonio, il supremo vincitore promesso dai profeti.
Ai mirabili Veggenti,
Che narrarono il futuro,
Come il padre ai figli intenti
Narra i casi che già furo,
Si mostrò quel sommo Sole,
Che, parlando in lor parole,
Alla terra Iddio giurò;
Cristo (lui è quel sommo Sole) che Dio promise alla terra per bocca dei profeti si mostrò nel limbo ai veggenti che ora sono degni di ammirazione poiché narrarono il futuro così come il padre narra ai figli le storie del passato.
Quando Aggeo, quando Isaia
Mallevaro al mondo intero
Che il Bramato un dì verria;
Quando assorto in suo pensiero,
Lesse i giorni numerati,
E degli anni ancor non nati
Danïel si ricordò.
Fu preannunciato quando i profeti Aggeo, Isaia e Mallevaro predicarono al mondo intero che un giorno sarebbe giunto il Redentore; quando tutto assorto nei suoi pensieri il profeta Danele vide i giorni e calcolò gli anni in attesa della sua venuta.
Era l’alba; e, molli il viso,
Maddalena e l’altre donne
Fean lamento sull’Ucciso;
Ecco tutta di Sionne
Si commosse la pendice,
E la scolta insultatrice
Di spavento tramortì.
Era l’alba, e col volto bagnato di lacrime Maddalena e le altre donne fuori dal sepolcro piangevano l’uccisione di Gesù, quando la pendice del monte Sion (su cui sorge Gerusalemme) tremò dalle fondamenta e le guardie, che con la loro presenza e con il loro atteggiamento insultavano Cristo, ebbero un sussulto di paura.
Un estranio giovinetto
Si posò sul monumento:
Era folgore l’aspetto,
Era neve il vestimento:
Alla mesta che ’l richiese
Diè risposta quel cortese:
È risorto; non è qui.
Apparve dunque un giovinetto sconosciuto (l’Angelo, Ndr) che si appoggiò al sepolcro. Aveva un volto radioso ed era vestito di bianco. Alla triste donna (Maria Maddalena, Ndr) che gli chiese notizie di Gesù, lui rispose con cortesia: “è risorto, non è più qui”.
Via co’ palii disadorni
Lo squallor della viola:
L’oro usato a splender torni:
Sacerdote, in bianca stola,
Esci ai grandi ministeri,
Tra la luce de’ doppieri,
Il Risorto ad annunziar.
Si deponga ora dai paramenti sacri il triste color viola (che è simbolo di morte) torni a brillare l’oro consueto. Il sacerdote, con la sua nuova veste bianca, esca a celebrare i grandi ministeri, tra la luce dei candelabri per annunciare la Resurrezione di Cristo.
Dall’altar si mosse un grido:
Godi, o Donna alma del cielo;
Godi; il Dio, cui fosti nido
A vestirsi il nostro velo,
È risorto, come il disse:
Per noi prega: Egli prescrisse,
Che sia legge il tuo pregar.
Dall’altare ora si leva un grido: rallegrati Maria, regina del cielo, godi poiché portasti in grembo il figlio di Dio. Ora è risorto, come disse. Prega per noi il Signore, come fu profetizzato, e ora che siano ascoltate le tue preghiere.
O fratelli, il santo rito
Sol di gaudio oggi ragiona;
Oggi è giorno di convito;
Oggi esulta ogni persona:
Non è madre che sia schiva
Della spoglia più festiva
I suoi bamboli vestir.
O fratelli cristiani, il rito della messa oggi parla solo di gioia. Oggi è giorno di banchetti, in cui ogni uomo esulta. Non c’è madre che sia restia a mettere ai propri figli i vestiti più belli e importanti, quelli della festa.
Sia frugal del ricco il pasto;
Ogni mensa abbia i suoi doni;
E il tesor, negato al fasto
Di superbe imbandigioni,
Scorra amico all’umil tetto,
Faccia il desco poveretto
Più ridente oggi apparir.
Il pasto del ricco sia sobrio; non manchi cibo in ogni tavola. Quello che sarà tolto al lusso di una tavolata abbondante e ricca (che sarebbe segno di superbia) sia offerto con carità cristiana alle case dei poveri, così che il pranzo del poveretto oggi possa apparire più gioioso e buono.
Lunge il grido e la tempesta
De’ tripudi inverecondi:
L’allegrezza non è questa
Di che i giusti son giocondi;
Ma pacata in suo contegno,
Ma celeste, come segno
Della gioia che verrà.
Sia lontano il frastuono di una gioia sfrenata e inutile. Non è questa la gioia dei giusti quando sono felici; la loro felicità è invece pacata e contenuta, proiettata sempre al pensiero delle maggiori gioie celesti, considerata come un segno del Regno dei Cieli che verrà.
Oh beati! a lor più bello
Spunta il sol de’ giorni santi;
Ma che fia di chi rubello
Torse, ahi stolto! i passi erranti
Nel sentier che a morte guida?
Nel Signor chi si confida
Col Signor risorgerà.
Oh Beati, a loro certamente appaiono più belle, come un sole dorato, queste grandi feste liturgiche.
Ma chi fu che deviò dalla via comandata e imboccò il pensiero che conduce alla morte dell’anima?
Chi confida nel Signore risorgerà con lui.
La Risurrezione di Alessandro Manzoni: analisi e commento
In questo primo inno sacro Alessandro Manzoni celebra volutamente una gioia corale, comunitaria, che coinvolge tutti i fedeli. L’intero componimento è fondato sulla tensione vibrante dell’annuncio gioioso: È risorto! che l’autore spiega in tutte le sue declinazioni storiche, sociali e religiose.
Nella lirica, Manzoni intreccia sapientemente i riferimenti al Nuovo e all’Antico Testamento per spiegare la Resurrezione di Cristo in una prospettiva duplice: sia quella del suo compimento che quella della sua attesa. Le parole dei profeti (c’è un riferimento particolare a Isaia e Daniele) si intrecciano con lo stupore delle donne che quel giorno assistettero con meraviglia all’annuncio dell’Angelo.
Manzoni si serve sia del linguaggio biblico che di quello popolare, poiché vuole che il suo inno sia accessibile a tutti i fedeli, indipendentemente da cultura ed estrazione sociale.
Al riferimento biblico si alternano quindi metafore più semplici, come quella del pellegrino che sperduto nel bosco sente una foglia cadergli sul capo e osserva con stupore quella foglia secca lentamente rinvigorirsi. Il simbolo della “foglia” allude alla caducità della vita umana e dunque ben si presta a spiegare l’evento miracoloso della Resurrezione di Cristo.
Dopo aver spiegato l’evento sul piano spirituale, Manzoni si premura di spiegarlo sul piano storico. La sua fonte principale è il Vangelo di Matteo che qui viene ripresa facendosi testimonianza di un fatto che viene presentato da Manzoni come inconfutabile: l’annuncio dell’Angelo alle donne assume qui una verità storica.
Dopo aver narrato l’evento della Resurrezione dal punto di vista biblico e culturale, Manzoni passa quindi ad elogiarne la liturgia. L’azione si sposta quindi nella Chiesa ornata a festa dove il prete si prepara a celebrare il sacro rito della Pasqua e la gioia invade il cuore dei fedeli raccolti in preghiera.
Il giorno di Pasqua viene descritto nella sua duplice celebrazione: liturgica, durante il rito della messa, e anche nella visione più profana della festa celebrata dai fedeli che organizzano lauti banchetti.
Nel finale Manzoni inserisce la sua morale - la chiusa tradizionale degli Inni Sacri - ricordando al ricco di dare al povero obbedendo all’insegnamento cristiano della carità e della fratellanza “ama il prossimo tuo come te stesso.” Facendo eco all’omelia del prete, l’autore ricorda ai fedeli di festeggiare in modo morigerato, senza esagerare, perché la vera gioia - annunciata dalla Pasqua - è quella futura che troveremo nel Regno dei cieli.
L’inno sacro manzoniano si conclude con un sottile ammonimento - a non deviare dai comandamenti e dalle leggi del Signore - che cela una promessa solenne: chi crede nel Signore risorgerà con lui e avrà diritto alla vita eterna.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “La Risurrezione”, l’inno sacro di Alessandro Manzoni: testo e analisi
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