
L’esercito dei soli
- Autore: Majid Capovani
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2022
È davvero possibile reimmaginare la storia di Romeo e Giulietta con i jihadisti? Risposta: sì, e c’è chi l’ha fatto con delicatezza, documentazione profonda e restando in bilico tra crudezza e poesia. Sto parlando di Majid Capovani e del suo romanzo L’esercito dei soli (InkNot Edizioni, dicembre 2022).
Caught in a landslide, no escape from reality.
L’ho fatto davvero? Ho davvero ucciso un uomo? Ditemi che è solo un sogno, un incubo da cui presto mi sveglierò.
Sfioro la mia divisa. È sporca di sangue.
No, non è un incubo. È reale.
Mi sento spaventato, scosso dai brividi. La nausea torna a farsi sentire prepotentemente. Non riesco a credere di averlo fatto. Tutto quello che Abdel mi aveva detto, tutto ciò che mi aveva raccontato e promesso, tutti i suoi consigli…
Erano tutte menzogne?!
Mama, just killed a man. Pull a gun against his head, pulled my trigger, now is dead. Mama, life has just begun but now I’ve gone and thrown it all away.
Penso a mia madre. L’ho lasciata da sola con mio padre e questo per cosa? Per farmi ammaliare da false promesse, per vivere in un Paese sconosciuto con gente spietata, per uccidere. Sono stato un idiota, come ho potuto essere così stupido, così ingenuo?
Grosse lacrime continuano a bagnare il mio volto.
Mamma, perdonami…
Riuscirò a tornare a casa?
Mama, oooh. Didn’t mean to make you cry. If I’m not back again this time tomorrow, carry on, carry on as if nothing really matters.
Le parole di Omar riecheggiano ancora nella mia mente: “Adesso fate il vostro dovere. O i prossimi a finire all’inferno sarete voi”.
Romeo è un diciottenne fragile, timido, che fa fatica a capire le sue emozioni e i suoi sentimenti, e si sente separato dal resto del mondo come se vivesse in un acquario. Cova tanta rabbia per la violenza di suo padre, l’alienazione che avverte nella periferia di Firenze, e non ha la minima idea di come sfogarla, tanto da sentirsi un bozzolo avvelenato. È così che finisce adescato in chat da un gruppo di terroristi islamisti, che gli promettono che se abbraccerà la loro stessa causa smetterà di essere invisibile e schiacciato, avrà un’identità forte e uno scopo nobile da seguire. Impulsivamente, una notte di maggio scappa di casa e raggiunge il campo di addestramento in Sinai, arruolandosi col nome di Majid Al’itali.
Ben presto però la maschera cade e capisce che i compagni d’armi idealizzati sono assassini senza scrupoli, che il loro concetto di “proteggere” la popolazione egiziana è opprimerla e torturarla, e che in un inferno del genere non ha alternative: o uccide o viene ucciso.
Ma questa distruzione è solo l’inizio, per Majid, di un viaggio lunghissimo all’insegna della speranza, del perdono, della resistenza sotterranea agli orrori che lo circondano. Resistenza fatta di piccoli momenti rubati di poesia, dolcezza, musica, arte, memoria, un posto segreto in cui ritrovare un contatto con sé stesso, e soprattutto prepararsi a delle amicizie e un amore che gli cambieranno la vita. Di lì a poco, infatti, nella sua vita irromperanno prima Salah, un compagno d’armi irretito con le stesse lusinghe, in cui troverà un fratello d’anima, qualcuno che finalmente può capirlo e lo riconosce per quello che è, e poi Giulietta, giovanissima reporter rapita con un pullman di turisti, con la quale condividerà un grande amore e che lo spingerà a guardare il futuro che potrebbe avere, se avesse abbastanza coraggio da tentare la fuga.
E da quel momento Majid lotterà per la sua famiglia scelta, se ne prenderà cura come non ha mai fatto con sé stesso, ma si ritroverà in continuazione a domandarsi chi, tra di loro, stia davvero salvando chi. Proprio come le stelle si vedono meglio nella vastità del deserto (lo stesso che gli regala il sicomoro sotto il quale medita, prega e parla con le anime di chi se n’è andato), il contesto brutale rende ancora più forti i sentimenti passionali, teneri, innocenti che scopre per Giulietta e Salah, oltre all’urgenza con cui dovrà rispondere alla domanda più grande:
Quando tutto crolla e mi si chiede chi sono, cosa sceglierò di nutrire, proteggere e riportare in vita?
L’esercito dei soli è il primo libro della saga Dhill wa Nur (Ombra e Luce), e negli ultimi due anni ha fatto la gioia di chi apprezza i retelling di Shakespeare, le storie di Khaled Hosseini e le storie di resistenza – alla morte, all’autodistruzione, alla disperazione. Ridotta all’osso, è più di una mera storia d’amore e di sopravvivenza: è un testamento alla forza della vita, del perdono, della guarigione anche nel buio più fitto.
Pur essendo scritto con uno stile acerbo, adolescenziale quanto l’età del protagonista – cosa che per vari lettori ha funzionato da “filtro” rispetto alle scene di guerra più efferata – non ho sentito che avesse un pudore ipocrita riguardo alla violenza che stava raccontando. La minuziosa descrizione dei metodi di reclutamento e addestramento, la consapevolezza delle dinamiche di mascolinità tossica nel cameratismo dei jihadisti, la natura delle azioni brutali del gruppo – decapitazioni, roghi di esseri umani, assalti alla polizia egiziana imbottendosi di pasticche di Captagon, sparatorie – e soprattutto la coscienza lurida di Majid sono stati raccontati senza sconti. Così come ho amato marcare stretto il protagonista quando passa dallo shock al dolore e all’apatia e si chiede cosa riveli di lui, quando combatte la depressione con metodi autolesionistici o salutari (prima pensando al suicidio, poi prendendosi cura di Salah perché non faccia altrettanto, e alternando il lavoro da cecchino al risparmiare qualunque vita possibile). E, ancora di più, quando lascia che dentro di lui sbocci il coraggio di immaginare un futuro diverso, anche grazie alle meravigliose relazioni che intesse nell’ultimo posto al mondo in cui avrebbe creduto di trovarle.
La prima cosa che ho amato di questo libro è che i sentimenti bucano lo schermo. Tra l’amore in molte forme che viene raccontato in maniera lenta, delicata, piena di ammirazione e confidenze e complicità, accorciando le distanze pian piano finché i personaggi non si spogliano l’uno davanti alla verità dell’altro, e senza mai scadere nella Sindrome di Stoccolma; l’arte come cura, da celebrare in segreto con la stessa potenza con cui si vive la propria spiritualità (e infatti ha il grande merito di essere un libro tutt’altro che islamofobo, e di non confondere mai la religione con la strumentalizzazione che se ne fa); la ribellione come speranza, per chi deve lasciarsi andare e fidarsi come Giulietta, protagonista sicuramente dolce e innamorata, ma anche emancipata e senza peli sulla lingua, che nei limiti della sua condizione di ostaggio non è affatto indifesa e passiva, ma anche per chi come Majid deve rendersi conto che forse si è ancora in tempo per tornare a sentire qualcosa, al posto di spegnersi lentamente. La consapevolezza a tratti veemente e a tratti sensibile di cosa significhi conoscere sé stessi, rivendicare i propri valori, amare e lasciarsi amare, si è rivelata il punto di forza di una splendida lettura – almeno per chi, come me, quando legge cerca catarsi, significato e sentimenti complessi da cui farsi travolgere.
La seconda cosa che ho amato de L’esercito dei soli è stata la risposta approfondita (per quanto incompleta) che dà a una domanda che qui in Occidente viene fatta in continuazione: perché ragazzi occidentali giovanissimi decidono di abbandonare tutto e immolarsi nelle file dell’Isis? Merito della bibliografia consultata dall’autore, che oltre agli studi di Olivier Roy sull’islamizzazione della radicalità, il reportage Da sola oltre le linee della Jihad di Souad Mekhennet, le confessioni dei tre pentiti di Daesh riportate in Dawla di Gabriele Del Grande e i libri di Alessandro Orsini, vanta più di cinquanta titoli illuminanti sul tema.
Majid Capovani, formatore e attivista per i diritti umani, vincitore di una menzione d’onore al concorso letterario nazionale “Qulture ti pubblica – Una ghirlanda di libri”, e membro selezionato nel 2019 del Youth For Gender Equality Forum del Parlamento Europeo di Bruxelles, non avrebbe potuto offrire un esordio migliore.
E adesso che la saga Dhill wa Nur sta per regalarci una nuova pubblicazione di amori proibiti, guerra e arte guaritrice, questo libro continua a essere un invito ad andare oltre le risposte sempliciotte, connettersi alla propria umanità e riemergere da un viaggio interiore terrificante con ancora più vita, empatia e resistenza.

L'esercito dei soli
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’esercito dei soli
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