Kenya 404
- Autore: Daniele Delens
- Genere: Letteratura di viaggio
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2023
Il Kenya non è solo spiagge e vacanze da sogno, è una terra che evolve cambia velocemente. Certo, è anche un paradiso naturale, un paese di una bellezza sconvolgente, ma sa essere “un ambiente poco gentile e in un certo modo anche inospitale”, come si è presentato agli occhi di un piccolo Daniele Delens, che vi ha trascorso fino ai vent’anni, da quando ne aveva sei.
L’Africa che ha conosciuto non c’è più, avverte. Per questo, ha voluto intitolare Kenya 404 il diario della sua crescita in quel continente, proposto nel volume pubblicato a ottobre dalla casa editrice milanesi Santelli Editore, nella collana Narrativa Santelli-Serie verde (2023, 150 pagine).
“404-Not found”, come il codice Internet di errore che appare sulla videata quasi tutta bianca quando si cerca una pagina non più esistente. Perché le esperienze vissute e raccontate si sono svolte in una realtà che nemmeno gli smanettoni più esperti riuscirebbero a ritrovare nella sconfinata memoria della rete.
Per combinazione, 404 è anche il numero dell’appartamento di un bel palazzo al centro di Cracovia, nel quale il milanese quarantenne si trovava per lavoro da più di un anno, al momento di mandare in stampa il volume. Laureato in economia dei mercati internazionali e nuove tecnologie, è senior project manager in campo bancario.
Sicché, Daniele Delens non è uno scrittore di mestiere, ma poco importa. Un diario autobiografico non va considerato secondo canoni di giudizio critico o sulla base dei dati commerciali. Di un’esperienza personale si prende atto, non c’è da avanzare pareri e commenti, se non richiesti. Non si valuta all’insegna del mi piace non mi piace, si fa leggere non si fa leggere.
Alla fine degli anni Ottanta e per ragioni famigliari, all’età di appena sei anni è stato condotto a conoscere un nuovo mondo e indotto a farne convivere due differenti: il salotto della famiglia benestante nell’Area C milanese e “l’Africa nera” (il padre si è poi trattenuto a Watamu, come residente).
“Quanto leggerete”, scrive Delens, è il racconto autentico di come un bambino sia diventato uomo tra due continenti non solo distanti, ma completamente diversi. Radicalmente, nel senso delle radici sulle quali poggia la vita di comunità nell’uno e nell’altro, nell’Europa della globalizzazione e tra le foreste sconfinate, le piste di terra battuta, le donne con i pesi sulla testa, come le nostre bisnonne (nemmeno tutte).
La memoria abbellisce i ricordi, guarisce le ferite e se i ricordi e le note di allora sono stati rielaborati di recente, col senno di decine d’anni dopo, è ragionevole ritenere che l’impatto nel 1989 con la nuova realtà sarà stato traumatico. Ancora più di come nelle prime pagine viene descritto l’incontro del piccolo europeo “viziato” con un luogo che gli appare “duro, triste a tratti, maledettamente umido e piovoso, dove la popolazione vive nella povertà assoluta”. Eppure, dimostra di non avere avuto nessuna difficoltà, da piccolo, nello scoprire il punto di forza dei nativi e del loro stile di vita: l’essenziale.
Dire che si può vivere con molto meno di quello che abbiamo sarebbe un’ovvietà. Dire che si può vivere felici con quasi nulla è un concetto più forte, ma anche più vicino alla realtà.
Delens non nasconde di avere pianto scoraggiato, quando si è ritrovato catapultato dalla familiare confusione di una metropoli europea in un mondo rarefatto, lontano otto ore di volo indiretto e 150 km di strada piena di buche, asfaltata solo all’inizio. Impiegarono quattro ore per completarla, senza poter riposare, per le sconnessioni del tracciato.
Lasciatosi alle spalle i primi giorni di lacrime, ricorda di avere imparato a guardare “un po’ più in alto”, riuscendo a vedere il mondo a colori. I bambini gli si avvicinavano per cercare cicche, caramelle, penne a sfera, ma nella maggior parte dei casi solo per esibirgli i loro giocattoli improvvisati con fili di ferro. Erano tanto abili da ricostruire le sagome dei pulmini Matatu, usati come taxi, con tanto di ruote sterzanti e un bastone per sterzo.
I ricordi si sviluppano fluenti, descrivono scenari e modi di fare alieni per noi occidentali, commentati da foto a colori di allora, nel testo. Nel racconto, ricorre una preoccupazione costante dell’autore.
Tornato cittadino europeo, si direbbe impensierito dall’esigenza di confrontare la “sua” Africa con quella descritta da altri viaggiatori non africani, alcuni rilevanti, come la scrittrice danese Karen Blixen e l’aviatrice Beryl Markham, per indicare i primi due nomi da lui citati.
Sembra principalmente impegnato a giustificare il suo punto di vista, forse perché la fonte dei ricordi gli sembra in qualche modo “debole”, il se stesso bambino e adolescente. Soppesa sempre le sue opinioni rispetto a quelle di chi abbia condiviso la vita in Africa da ospite. È teso, s’impegna in un confronto costante, quasi che il suo modo di vedere non debba reggere quello di altri, compresi quei connazionali che, vivendo in Africa, “con il tempo sono diventati razzisti”, fa presente.
Cosa resta di un libro di memorie in un altro continente? Una sorta di autocoscienza, un mettersi a nudo completamente, perché prima non l’ha mai potuto fare, confessa, nemmeno con le persone più vicine. “Una soluzione per non implodere”, per quanto queste esperienze si ripropongano nella sua mente.
Le riporto non per lasciare una parte di me nella storia, ma per trasferire delle situazioni autentiche che non sono mai stato del tutto capace di metabolizzare.
Kenya 404
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