Io speriamo che me la cavo. Sessanta temi di bambini napoletani
- Autore: Marcello D’Orta
- Genere: Scuola
- Categoria: Narrativa Italiana
“Io speriamo che me la cavo” è uno zibaldone composto da sessanta temi di bambini napoletani, compilato minuziosamente da Marcello D’orta, maestro catapultato (per davvero) in una scuola elementare del meridione nel lontano 1990. D’Orta ha trasformato un’autentica esperienza di vita in un bestseller da cui è stato tratto anche l’omonimo film di Lina Wertmuller, con l’indimenticabile Paolo Villaggio nel ruolo del maestro ligure, figura inesistente nel romanzo originale, che si configura semplicemente come una divertente, folcloristica antologia di testi scolastici. La pellicola, come il libro, cela dietro una patina di comicità, di “humour involontario” come l’ha definito amorevolmente il suo creatore, una realtà angosciosa, sporca, marcia, traboccante di avversità.
Strafalcioni grammaticali affiancano problematiche serie quali la prostituzione, lo sfruttamento minorile (vi ricordate del ragazzino che lavorava di notte e puntualmente si addormentava sul banco?), il contrabbando e soprattutto la camorra. Tuttavia laddove la pellicola cinematografica accentuava questo aspetto, enfatizzata la realtà disastrata del sud Italia (in quel caso il luogo prescelto per divenire teatro della vicenda era stato Corzano), trasmutava persino la preside ed i cittadini in menefreghisti ignoranti, la variante cartacea non si dilunga affatto in ragionamenti pedanti e conserva sempre e comunque quella freschezza infantile che è tipica dei bambini. Io sono napoletana e francamente trovo molto più efficace il messaggio che ci ha voluto lasciare D’Orta piuttosto che quello della Wertmuller.
Morale della favola? Il sud fa schifo e l’intervento di un maestro del settentrione è riuscito a togliere dalla strada un ragazzino altrimenti destinato al carcere? Nessuno salverà miracolosamente il meridione da se stesso, è più proficuo credere nei giovani autori di questi temi, che ottusi non lo sono affatto. La loro capacità critica è indiscutibilmente straordinaria, perciò poco importa se Ulisse si dirigeva verso un’isola chiamata “Aditaca”.
Ed infine eccovi un’eccezionale chiave di lettura, opportunamente fornitaci da Marcello D’Orta in persona:
«Quanti temi avrò letto nei miei dieci e più anni come maestro elementare di Arzano? Non lo so, ne ho perso il conto. Ma non li ricordo perché ordinati o disordinati, tristi, giocosi e persino polemici, tutti hanno sempre detto e a volte dato qualcosa. Tanto che alcuni li ho conservati e ora ho voluto raccoglierne una sessantina tra i più ameni e sorprendenti. Credo che valga la pena di conoscerli. Colorati, vitalissimi, spesso prodigiosamente sgrammaticati e scoppiettanti di humour involontario, di primo acchito possono far pensare a una travolgente antologia di "perle". Ma, per chi sa guardare, sotto c’è qualcosa di diverso e di più. Una saggezza e una rassegnazione antica, un’allegria scanzonata e struggente nel suo candore sottoproletario, una cronaca quotidiana ilare e spietata che sfocia in uno spaccato inquietante delle condizioni del nostro Sud.»
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