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Storia della letteratura

L’inverno a Milano nella poesia di Alfonso Gatto

Il poeta ermetico Alfonso Gatto dedicò una poesia alla descrizione dell'inverno nel capoluogo lombardo. Com'è l'inverno a Milano? In questa lirica ci viene raccontato con la soavità di una fiaba e il ritmo di una ballata adatta a tutte le età.

Alice Figini
Alice Figini Pubblicato il 13-01-2023
L'inverno a Milano nella poesia di Alfonso Gatto

Alfonso Gatto, celebre poeta ermetico del Novecento italiano, nella sua vita raminga trascorse diversi anni nel capoluogo lombardo. Alla città di Milano Gatto, che era originario di Salerno, dedicò numerose poesie rappresentative e persino una Guida sentimentale, pubblicata postuma.

Il periodo milanese per il poeta non fu facile: raggiunse Milano nel 1934, a ventun anni, dopo essere fuggito dalla Sicilia insieme alla sua fresca sposa, Agnese Jole Turco.
In quella città nuova, Gatto si dichiara ufficialmente “Morto ai paesi”, alludendo così al netto distacco e, al contempo, alla sottile nostalgia per la natìa Salerno.
Nella metropoli lombarda Alfonso Gatto lavorò per diverse riviste, arrabattandosi tra vari impieghi precari come correttore di bozze, insegnante e libraio, sino all’approdo alla rivista Epoca e alla redazione di Mondadori.
A complicare quegli anni precari fu soprattutto il suo impegno antifascista: nel 1936 Gatto fu arrestato con l’accusa di “antifascismo” e dovette trascorrere sei mesi nel carcere di San Vittore.
La Milano descritta dal poeta non è tuttavia ombrosa né sovversiva, anzi emerge in tutta la sua brumosa malinconia che di certo colpì dritto al cuore l’autore che proveniva dalla soleggiata Salerno. L’inverno milanese non si può spiegare, è qualcosa che senti dentro: ma Gatto riesce a fornire un ritratto compiuto e malinconico che si legge con il ritmo scandito di una ballata.

La poesia Inverno a Milano è tratta dalla raccolta Il vaporetto (La nuova Accademia, Milano, 1963), il cui sottotitolo recita “Poesie fiabe rime ballate per i bambini di ogni età”. Il volume originale era accompagnato da un disco 45 giri di cui Gatto spiegava la funzione nella prefazione del libro:

Confido voglia condurvi all’assalto della nostra intrepida felicità.

La lirica era dunque parte di un’antologia per l’infanzia, ma questi versi non sono rivolti soltanto ai bambini: sono la prova che la poesia, quando è vera e viene dall’anima, non ha età.

Scopriamone testo, analisi e commento.

Inverno a Milano di Alfonso Gatto: testo

Vedete là nel cielo, in quel piccolo sole
d’inverno tra le nebbie, un ricordo del sole?
Come la luna guarda e si lascia guardare.
Milano a mezzogiorno è già crepuscolare.

E gli alberi anneriti in quel freddo d’argento
hanno rami gentili, a tratti passa il vento,
un vento senza voce, a poco a poco imbruna.
Solo il piccolo sole come una grande luna.

Così il Duomo fiorito di grigio e di lichene
appare nelle nebbie delle notti serene.

Inverno a Milano di Alfonso Gatto: analisi e commento

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Le poesie per l’infanzia di Alfonso Gatto rispondevano a un preciso intento educativo: l’autore vedeva nella parola letteraria un potente strumento utile a costruire un solido modello di vita e civiltà. Negli anni del boom economico il poeta riprese alcuni componimenti scritti durante il periodo dell’occupazione fascista e li trasformò in una nuova raccolta che prese appunto il nome de Il vaporetto.
Il successo della raccolta poetica dedicata all’infanzia fu festeggiato, tra gli altri, dal critico Gianfranco Contini che la definì:

Una delle migliori estensioni della poetica moderna alla letteratura per l’infanzia eseguita da un poeta vero.

La poetica del Vaporetto può essere introdotta e riassunta efficacemente dalla poesia Girotondo:

Ho preso tutti i bambini per mano,
andiamo in corsa per la città.

La volontà di mostrare la città ai bambini tenendoli, per l’appunto, per mano è esattamente ciò che il poeta realizza attraverso Inverno a Milano. In questa lirica descrive lo spettacolo imponente del Duomo additandolo come se si ponesse alla stessa altezza dei più piccoli.
Sin dal primo verso che apre il componimento troviamo un’esclamazione: “Vedete là nel cielo?” Gatto si propone innanzitutto di mostrare le cose dal punto di vista visivo, dando corpo all’immaginazione attraverso la concretezza del reale.
Il Duomo di Milano appare così in bilico tra un mondo realistico e uno immaginifico: diventa una creatura ibrida e fantastica, al pari di un unicorno.

Il primo elemento che viene introdotto nella poesia è il sole dell’inverno del nord: che è “piccolo” come se dovesse svanire tra la nebbia. Nel cielo pallido e bianco possiamo già intravedere la presenza della luna, come un anticipo di tenebra. Questo conduce Gatto a formulare una grande verità che va ben oltre il linguaggio metaforico dell’immaginazione poetica:

Milano a mezzogiorno è già crepuscolare.

In questa atmosfera notturna, quasi sospesa nella nebbia, i rami degli alberi sembrano creature vive attraversate da un “vento senza voce” che quasi non li agita, non li muove. Anche il cromatismo acquista un significato particolare: dominano i colori del grigio e del nero, caratteristici dell’inverno nordico, e fa capolino persino l’argento che sembra racchiudere nella sua sfumatura metallica il gelo della stagione invernale.

Infine, mentre il sole sembra diventare una grande luna come in una metamorfosi, ecco che fa capolino il Duomo, immerso nel grigiore crepuscolare, che sembra fuoriuscire da un mare di nebbia.
La grande costruzione gotica appare come un essere leggendario: il Duomo è infatto avvolto dai “licheni”, organismi che di solito crescono nelle regioni fredde-artiche e che nell’insieme conferiscono alla sua figura un’immagine crepuscolare. Il Duomo di Milano “fiorito di grigio” è imponente come un gigante, come una creatura mitica nata dal cuore segreto e ghiaccio dell’inverno. La sua immagine si fissa nella memoria con un’istantaneità sconcertante: è d’improvviso quel Duomo immaginario è ciò che vedono anche i nostri occhi.
Pur nella sua fredda glacialità l’inverno lombardo è tuttavia descritto con un aggettivo confortante “sereno”: le nebbie bianche infatti avvolgono il cielo in un candore ovattato persino nelle notti più limpide.

Leggendo questa poesia sorprende il fatto che Alfonso Gatto non limiti il suo “messaggio” al solo pubblico bambino. Il vaporetto era infatti una raccolta destinata ai “bambini di ogni età”, e quindi persino gli adulti si sentono parte del patto educativo stabilito dal poeta.
Anche gli occhi di chi si è lasciato alle spalle il mondo incantato dell’infanzia possono scorgere nel Duomo di Milano una creatura immaginifica, sorta dal regno di nebbia dell’inverno.

Alfonso Gatto ci ricorda, come recita una sua famosa poesia, che Ogni uomo è stato bambino. Non sorprende, del resto, che fosse un grande amico di Gianni Rodari, l’indimenticabile maestro della Grammatica della fantasia.

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