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Premio Strega

Premio Strega 2016: intervista a Raffaella Romagnolo, candidata con “La figlia sbagliata”

Raffaella Romagnolo da alcuni mesi è tornata nelle librerie con “La figlia sbagliata” (Frassinelli, 2015) che ha meritato la candidatura al Premio Strega 2016. Ne parliamo con lei.

Giovanna Giraudi
Giovanna Giraudi Pubblicato il 07-04-2016

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Premio Strega 2016: intervista a Raffaella Romagnolo, candidata con “La figlia sbagliata”

Dopo l’esordio in campo letterario con “L’amante di città” e i successi ottenuti con i romanzi “La masnà” e “Tutta questa vita”, Raffaella Romagnolo da alcuni mesi è tornata nelle librerie con “La figlia sbagliata” (Frassinelli, 2015) che ha meritato la candidatura al Premio Strega 2016.

Il romanzo è una storia famigliare, intima, singola e corale allo stesso tempo, poiché riporta, seppur esasperati, tanti tratti e tante dinamiche dei rapporti che si creano in famiglia e che fondamentalmente sono d’aiuto ma, se estremizzati, possono convogliare anche in un vortice che trascina verso l’abisso.
E’ ciò che succede nel romanzo a quella famiglia così normale, così apparentemente serena e realizzata fino a che… Ma di questo lasciamo parlare l’autrice.

  • Bentornata su Sololibri, Raffaella. Oggi ci presenti il tuo ultimo romanzo “La figlia sbagliata” (Frassinelli, 2015). Com’è nata la storia?

Ho avuto un incubo e l’ho trasformato nel primo capitolo del romanzo. E’ un sabato sera come tanti, in una cittadina di provincia, in un tinello qualunque. Al centro della scena, una coppia di pensionati. Lei, Ines Banchero, lava i piatti e commenta i programmi televisivi. Lui, Pietro Polizzi, fa le parole crociate, ma un attacco di cuore lo uccide improvvisamente, inchiodandolo al tavolo della cucina. Quando Ines se ne accorge, non fa quello che ci si aspetta da lei: non chiama un medico, non chiede aiuto, non avverte i due figli adulti, Riccarda e Vittorio. Prepara il consueto sonnifero serale, per sé e per il marito, va a dormire e la mattina dopo siamo ancora lì, in quella cucina “normale” in cui però la normalità è andata in pezzi. Il romanzo comincia in quel momento.

  • Ogni capitolo è introdotto da una spirale in cui sono segnate alcune date. Qual è il significato?

La spirale scandisce lo scorrere dei giorni e guida il lettore nell’esplorazione della storia famigliare, passata e presente. Volevo un’immagine che somigliasse a un gorgo e suggerisse l’idea di una discesa agli inferi.

  • La narrazione verte sulle vicende di una famiglia, marito, moglie, due figli. Già il titolo ci fa capire che c’è una figlia meno gradita, cosa che non dovrebbe avvenire ma che, in realtà, non è così insolita.

No, non è insolito ed è uno dei nostri grandi tabù. Un non-detto che può causare molta sofferenza. Valeva la pena raccontarlo, secondo me.

  • Quello che tu descrivi, dunque, è un nucleo malato o sono gli eventi a renderlo così?

Difficile rispondere. Entrambe le cose, direi. Avverto qualcosa di potenzialmente patologico in alcuni personaggi (penso a Ines e Vittorio). Poi il Caso fa la sua parte, come accade nella vita, e quella che poteva configurarsi come situazione “borderline” si trasforma in tragedia.

  • La narrazione è un alternarsi di eventi che hanno luogo in pochi giorni e di tanti flashback , immagini del passato che s’intersecano con prepotenza al presente tanto da far vivere a Ines, la vera protagonista del romanzo, alcuni giorni di “lucida follia”. Cosa c’è negli occhi di quella donna che, per quattro giorni, ignora la morte del marito?

Ines vede ma non vuol vedere. Nega pervicacemente ciò che ha sotto gli occhi. E’ un po’ la storia della sua vita, d’altronde. Ma la morte del marito la getta in una condizione estrema, la obbliga ad un momento di verità. Forse l’unico, in un’esistenza trascorsa a nascondere a se stessa i propri desideri più profondi.

  • Che dire di Ines e del suo rapporto con i figli? Perché lei vorrebbe coltivare i loro talenti? Quanto senso di frustrazione per non aver fatto lo stesso con i propri e per vedere la figlia Riccarda che non segue la strada che lei vorrebbe?

Ines ha rinunciato al proprio talento per timore del fallimento. Ha negato la sua passione per il disegno e ha deciso di investire tutta se stessa nel ruolo socialmente apprezzato di “buona madre”. Fa coscientemente ciò che l’ambiente si aspetta da lei, e non fa ciò che desidera veramente. In questa situazione, i figli subiscono una pressione fortissima e reagiscono in modi diversi. Riccarda – la figlia sbagliata del titolo - rifiuta il futuro che Ines ha immaginato per lei e investe la sua vita nel teatro, sua vera passione. Ha il coraggio di rischiare. Una scelta che non può che mettere in crisi Ines.

  • Il figlio Vittorio segue, passo passo, le indicazioni e i desideri della madre. Cosa c’è dietro il suo atteggiamento? Bontà oppure grande fragilità ed incapacità di scegliere autonomamente?

Amore, innanzitutto. Vittorio ama immensamente sua madre. Farebbe qualsiasi cosa per renderla felice. Quando l’amore altrettanto smisurato della madre si rivela distruttivo per lui, non sa distaccarsene e trovare una propria dimensione. Capita molto spesso, credo.

  • Quale interpretazione dare alla figura del marito Pietro? C’è passività nel suo atteggiamento o semplice accondiscendenza nei confronti di moglie e figli?

Pietro Polizzi delega alla moglie la gestione delle relazioni famigliari. Atteggiamento molto diffuso negli uomini della sua generazione. Pensa che i figli siano della madre (come Ines, d’altronde). Il suo compito di “padre” è quello di portare a casa i soldi e garantire serenità economica. Niente di meno, ma anche niente di più.

  • Questo libro sta avendo successo e ricevendo così tanti apprezzamenti da aver meritato la partecipazione al Premio Strega 2016. Cosa hai pensato quando hai terminato la stesura del romanzo? Cosa si prova scrivendone il finale?

E’ uno strano momento, molto bello, quello in cui capisci che un libro è finito. Ti sembra che ogni cosa abbia trovato il suo posto, che l’ordine abbia riportato una piccola (e momentanea) vittoria sul Caos. E di solito mi capita un po’ prima di scrivere il vero “finale”.

  • Non ti chiedo nulla circa i progetti futuri perché è il momento di assaporare il presente. C’è qualcosa che vuoi dire, però, ancora a chi legge il tuo romanzo?

Sono molto contenta della candidatura allo Strega, ma temo di non essere molto brava a vivere il presente, e figurarsi assaporarlo. Sono sempre proiettata indietro o avanti. Nel prossimo romanzo, ad esempio. Ma è troppo presto per parlarne. Ci risentiamo fra qualche mese?

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Premio Strega 2016: intervista a Raffaella Romagnolo, candidata con “La figlia sbagliata”

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