Il viaggio nel passato
- Autore: Stefan Zweig
- Categoria: Narrativa Straniera
Un lento e ansimante desiderio di ritrovarsi, la paura di arrancare tra i ricordi di un passato che forse non esiste più, il gelo sommesso di uno sguardo ancora sfavillante: tutto questo si libera dalla penna di Stefan Zweig e si riversa ne "Il viaggio nel passato" (Ibis edizioni, 2012, 84 pp.).
In questo piccolo capolavoro della letteratura europea, portandosi dietro un vissuto impegnativo e un senso del ricordo pericolosamente importante, l’autore de "Il mondo di ieri" si cimenta ancora una volta nella riscoperta di un tempo che, ormai irreparabilmente mutato, sembra impossibile da recuperare, se non nella memoria di chi lo ha attraversato.
È la storia di un giovane di umili origini, che ha cercato di affrancarsi da un’infanzia all’insegna delle privazioni "arrabattandosi come maestro a domicilio ed educatore, amareggiato prima del tempo (...) dalla miseria". Ha solo ventitré anni quando si presenta a casa del Consigliere G., direttore della grande fabbrica nei pressi di Francoforte, il quale, dopo avergli assegnato iniziali compiti subalterni di laboratorio, lo promuove ad assistente nelle sperimentazioni confidenziali, fino ad instaurare con lui un rapporto di grande amicizia. Pertanto, desideroso di averlo sempre al suo fianco, decide di ospitarlo in casa ed è lì che Ludwig conosce e si innamora, ben presto ricambiato, della moglie del consigliere.
La storia d’amore tra un giovane chimico e una matura e affascinante donna sposata: quel che potrebbe apparire come un cliché in realtà si trasforma in un sofferto viaggio nel passato. I due amanti, travolti da una passione ardente, alla vigilia della partenza di Ludwig per il Messico si giurano amore eterno, con la certezza che quando si fossero ritrovati avrebbero dato nuovamente vigore a quell’incessante desiderio di voler appartenere l’uno all’altra. Dopo nove lunghi anni, durante i quali Ludwig ha il tempo di costruire una famiglia e il Consigliere G. di morire, i due si rivedono. Ma nulla, ormai, è più come prima: lei, segnata dalla vita e dall’acredine, lui, traboccante di aspettative, immancabilmente schiacciate sotto il peso della cruda realtà. Gli anni trascorsi hanno lenito la sofferenza provocata dall’addio, ma hanno altresì insabbiato quell’autentico entusiasmo che li aveva travolti. Non sono i capelli bianchi, né qualche ruga in più a privarli di quella passione che, cogliendoli impreparati, li aveva resi, un tempo, belli e luminosi. Non è la voce roca, appassita dall’incombere dell’età, a ritrarli così mansueti. Gli angoli della vita si sono smussati, i tratti si sono fatti più dolci, una tenerezza inopportuna li avvolge e li soffoca. Lei, amabilmente seduta all’ombra della rassegnazione, lui, tristemente accecato da un ricordo sbiadito.
Con l’eleganza che lo contraddistingue, Stefan Zweig mette la vita nero su bianco, spalmandola tra queste righe. Le parole, scelte con cura e precisione, sembrano affondare nella pelle come tanti piccoli aghi, taglienti come lame di coltello, scattanti e puntuali come tagliole. Il disagio della donna, il nervosismo di Ludwig, l’ansia di ripartire da dove erano stati interrotti, la delusione e l’imbarazzo appostati sulla soglia della realtà si respirano all’interno di queste pagine, mostruose doglie di un aborto spontaneo. Il tocco delicato e feroce di Zweig colpisce nuovamente.
Il viaggio nel passato
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