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Recensioni di libri

Il soldato dimenticato. La storia di Giovanni Battista Faraldi di Claudio Restelli

Edizioni Leucotea, 2020 – Un caduto simbolico della Grande Guerra. Lo scrittore ligure dedica il libro alla memoria di Giobatta, ad ognuno dei giovani morti lontano da casa e alle loro famiglie, straziate da un’attesa disperata.

Felice Laudadio
Felice Laudadio Pubblicato il 11-04-2023
Il soldato dimenticato. La storia di Giovanni Battista Faraldi

Il soldato dimenticato. La storia di Giovanni Battista Faraldi

  • Autore: Claudio Restelli
  • Genere: Romanzi e saggi storici
  • Categoria: Saggistica
  • Anno di pubblicazione: 2020

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Morto per la Patria a 28 anni e dalla Patria dimenticato. Non è un giallo, è storia il romanzo di un soldato ligure in guerra oltre un secolo fa: in tutte le presentazioni del suo libro, Claudio Restelli non ha remore nel rivelare il sacrificio del protagonista, uno dei 650mila mai tornati dalla Grande Guerra e dei 100mila mai rientrati dalla prigionia, uccisi dalla fame, dal freddo, dagli stenti, dalle malattie, oltre che dagli esiti di ferite pregresse.

Due anni fa, lo scrittore che vive nell’Imperiese e ama la Liguria come una parte di se stesso ha pubblicato Il soldato dimenticato. La storia di Giovanni Battista Faraldi, per i tipi della casa editrice Leucotea (Sanremo, 2020). In appendice 12 pagine di fotografie in bicromia e soprattutto riproduzioni di documenti ufficiali, compreso il prezioso foglio matricolare militare concesso in copia dall’Archivio di Stato di Savona. In copertina, un bel disegno a colori di Giulio Cardone, in arte Gulp, trasmette il terrore dei soldati in trincea e ricorda L’urlo di Munch, l’angoscia è bellica, non esistenziale, ma esprime un pathos tanto intenso da poterlo toccare.

Si nitrata quindi di un romanzo, perché opera in gran parte di fantasia, ma risulta anche un solido documento storico, grazie alle ricerche assidue di Claudio. Nato a Varese nel 1972, vive benissimo in Liguria dal 1993, appassionato di storia e ricercatore di quella locale. Dal 2004 al 2014 è stato assessore alla Cultura del Comune di Ospedaletti. Vanta in carriera libri di narrativa storica tinti di noir e ambientati nel territorio di Ponente. In una radio locale, conduce una trasmissione d’incontri e colloqui.

Giobatta Faraldi, invece, è pressoché sconosciuto, menzionato soltanto sul monumento ai caduti nella frazione natale in provincia di Imperia (Perallo, 8 gennaio 1890), ma nemmeno in quello del Comune di appartenenza. Un soldato italiano come tanti - quasi 6milioni mobilitati nel primo conflitto mondiale - che ha risposto alla chiamata alle armi, ha combattuto in fanteria, è stato fatto prigioniero col suo reparto sul Tagliamento, nei combattimenti di retroguardia dell’autunno 1917 dopo Caporetto. Recluso nella fortezza tirolese di Kufstein, è morto il 6 maggio 1918, per una malattia imprecisata.
Si è preferito chiamare “caduti” i militari persi in guerra, un eufemismo, meno brutale e corrivo di “morti”. Caduti non fa pensare ai corpi dilaniati, ai volti devastati, al sangue, alle viscere. Caduti è più consono alla rappresentazione eroica incruenta dei gruppi marmorei o bronzei eretti nelle piazze principali di ogni comune italiano, nel primo dopoguerra del Novecento: combattenti morenti accasciati, assistiti dai compagni.

Claudio Restelli non sarebbe d’accordo con i dati sulle perdite nella Grande Guerra citati in avvio di questa recensione. Sostiene, non a torto, che dopo un secolo non si conosce quanti soldati e civili siano morti in quel conflitto. Si stima un totale tra quindici e diciassette milioni di vittime per fatti bellici. In Italia, uno studio del 1925, su dati governativi, ha contato 651mila militari italiani periti, di cui 378mila in azione o per ferite, 186mila per malattia e 87mila invalidi deceduti dopo la fine delle ostilità.
Ragazzi non più che trentenni, osserva, mandati al sacrificio estremo quasi tutti senza nessuna consapevolezza dei motivi. Giovani, in gran parte analfabeti, gettati in trincea come carne da macello. Si è stabilito in lui un legame ideale, compassionale e affettivo con un giovane contadino, legato alle tradizioni della terra, estraneo ai nazionalismi, alle trame politiche, agli interessi nazionali.

Nella sua mente, è nata dai documenti ufficiali e si è man mano concretizzata la storia di un soldato che ha combattuto dal 1915 al 1917 ed è morto, prigioniero, “nella più totale indifferenza”. Ammette di essersi concessa qualche licenza romanzesca, tentando d’immedesimarsi “nei suoi pensieri, nei suoi tormenti, nelle sue false speranze”, sebbene sia impossibile riuscire a condividere le “sofferenze e rinunce alle quali fu sottoposto”.
Le ricerche sono nate dalla curiosità di trovarsi al cospetto di un caso da fratelli Ryan sul fronte italiano, poi rivelatosi infondato. Coronate dal successo grazie alla collaborazione di enti e operatori, lo hanno portato a scoprire tutto quello che è possibile accertare su Giovanni Battista. Non molto, ma quanto basta per farlo uscire dall’anonimato. Ha sviluppato il romanzo sotto forma di pagine di diario, di impressioni e commenti del protagonista, di rivelazioni di stati emotivi.

Non essendoci contatti ufficiali tra gli Stati in guerra, la pratica della morte effettiva del soldato Faraldi è stata chiusa, dopo la corrispondenza Austria-Italia, solo il 14 febbraio 1922, agli atti di stato civile del Comune di Molini di Triora.
Intanto, attraverso canali ufficiosi della Segreteria di Stato vaticana (determinante la buona volontà del cappellano di Kufstein), la notizia era giunta alla famiglia nell’estate 1919, comunque dopo dodici mesi d’inquietudine straziante, alternata alla speranza di riabbracciare il proprio caro.

Claudio Restelli dedica il libro alla memoria di Giovanni Battista, ad ognuno dei giovani come lui, morti lontano da casa e alle loro famiglia, tormentate da un’attesa disperata e prive di notizie.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il soldato dimenticato. La storia di Giovanni Battista Faraldi

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