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Recensioni di libri

Il mondo vuoto di Claudio Tommasi

Epika Edizioni, 2020 – Sperdute Isole Faer Oer, luglio 1201: un romanzo psicologico più che storico, in capo al mondo, nel vuoto che sembra inesorabile, dove qualcuno potrebbe trovare una nuova occasione, quasi una rinascita.

Felice Laudadio
Felice Laudadio Pubblicato il 14-03-2021
Il mondo vuoto

Il mondo vuoto

  • Autore: Claudio Tommasi
  • Genere: Romanzi e saggi storici
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Anno di pubblicazione: 2020

Un tempo remoto, un naufragio, l’approdo in un’isola nell’estremo Nord in avvio del XIII Secolo. Un territorio pressoché vergine ma desolato, che induce i due sopravvissuti a una specie di autocoscienza, a ripensare il loro vissuto, le esperienze, gli errori. Più che storico è un romanzo psicologico Il mondo vuoto di Claudio Tommasi, pubblicato alla fine del 2020 da Epika Edizioni di Valsamoggia (134 pagine).
Tommasi, ricercatore di storia del pensiero e delle istituzioni, studioso di filosofia politica, conoscitore del mondo scandinavo e germanico, è autore di numerosi romanzi di genere vario per la casa editrice della città metropolitana di Bologna, prima di questo, che ambienta in un’età e terra povere e dure.

Una notte del luglio 1201, un’imbarcazione in navigazione a remi dalle Orcadi all’Islanda viene travolta da una tempesta. Dei sei a bordo, quattro non sopravvivono.
Uno dei due sulla landa spoglia è un uomo dalla barba folta, provato dai marosi, dai quali è stato però risparmiato, come dagli scogli. L’altro è visibilmente più giovane, capelli e barba sono più corti e sembra più in sé, consapevole di quanto è successo. Tre giorni prima avevano preso il mare dall’arcipelago delle Orcadi, rotta nord-nord-ovest, sull’unica barca ch’erano riusciti a trovare, un battello leggero, di sottili assicelle di abete e quercia.
Insieme a quattro compagni di viaggio, tre norvegesi e un locale, intendevano approdare sulla terraferma irlandese, a pochi giorni di distanza, ma la violenza della tempesta ha sollevato il loro natante e l’ha rovesciato.

Sono finiti in un altro arcipelago, che qualcuno chiama Faer Oer (Isole delle pecore) e altri Fiaer Per (Isole delle piume). Si domandano perché abbiamo avuto una sorte benigna mentre gli altri difficilmente avranno superato la disgrazia senza essere annegati o avere riportato fratture gravi sulle rocce sommerse o affioranti lungo la costa. Sono stati risparmiati — che sia stata la buona ventura o il capriccio di Ran, la Predatrice non li ha voluti cadaveri da portare con sé sul fondale — ma ora si trovano privi di tutto ed esposti al rischio che gli abitanti li scambino per norvegesi, che odiano. Il problema è anche fare in modo che chi vive sull’isola conceda loro i viveri di cui hanno bisogno, oltre a un battello per continuare la navigazione.

Il primo incontro: “sei Ragnar di Killary”, dice al più anziano l’orribile vecchia che sembra scaturire dalla terza dalla terra all’improvviso e vomita loro addosso la rispettiva identità.
“Nelle tue vene di soldato” scorre sangue vichingo del Signore norvegese di Killary e di una schiava irlandese, usata e ripudiata dallo stesso Halvard il Forte, sibila la strega, che dimostra di conoscere le loro origini e i più intimi segreti e pensieri.
Alla morte del padre, Ragnar ha voluto sottrarsi ad entrambe le vergogne che lo affliggevano, quella di essere per metà di sangue norvegese e di essere nato da una donna non libera. Ha cercato rifugio in un monastero, per gettare il saio alle ortiche perché la sua natura pagana gli aveva reso insopportabile soggiacere a un Dio ultraterreno più esigente del padrone vichingo e che ancora più del norvegese pretendeva obbedienza piena e cieca. Si è arruolato tra le truppe di Maddadarson, una masnada di uomini d’arme, di tagliagole e di pezzenti che avevano cercato di occupare le Orcadi prima che il loro condottiero finisse prigioniero di re Sverrir a Trondheim.

Anche Bertram di Urk è figlio di una schiava frisa, portata in Scozia da una nave danese e venduta al Signore di Duncasby, col quale ha generato il ragazzo. Bertram ha ucciso un fratellastro e ferito gravemente un altro, ma sostiene di averlo fatto per difesa, perché avevano complottato di accusarlo di un delitto per rapina commesso da loro. Anche questo e altro viene urlato dalla figura spettrale che solo vagamente può dirsi femminile, vestita di stracci, col volto emaciato, i denti marci e digrignati la bocca larga e la bava colante dalle labbra, tanto strette da sembrare inesistenti.

Uno è un guerriero, dunque, l’altro un ex schiavo, in una terra ora ch’è tutt’altro che un paradiso. Pochi incontri ma importanti con i rarefatti abitanti dell’isola, soggetti che sono più surreali che reali, quasi paranormali e rappresentano qualcosa di più di un essere umano, sempre che la strega spettrale sia una vecchia in carne e ossa e non Gerdhr, come si presenta, la sposa del dio Freyr o il demone malvagio incarnato in una donna morta da tanto, come sostiene il capo del villaggio dei pescatori, unico abitato sull’isola di Sudero, a meridione dell’arcipelago delle Faer Oer.
Due uomini, abbandonati in un territorio freddo e inospitale, privo di risorse. E non dispongono di nulla, tranne i loro dubbi, l’oscurità che nascondono nella mente e tutto quello di sbagliato da cui fuggono.
La sorpresa è che anche in capo al mondo, nel vuoto che sempre inesorabile, forse troveranno qualcuno migliore di loro che potrebbe concedere una nuova occasione, quasi una rinascita.

Il mondo vuoto

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il mondo vuoto

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