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Recensioni di libri

Il lato oscuro dell’esercito romano di Roberto Chiavini

Edizioni Odoya, 2020 – Un aspetto poco conosciuto della storia di Roma antica in un saggio storico agile, adatto a studenti e appassionati di storia, facilmente leggibile e ricchissimo d’immagini e schede di approfondimento.

Felice Laudadio
Felice Laudadio Pubblicato il 24-01-2021

6

Il lato oscuro dell'esercito romano

Il lato oscuro dell’esercito romano

  • Autore: Roberto Chiavini
  • Genere: Romanzi e saggi storici
  • Categoria: Saggistica
  • Anno di pubblicazione: 2020

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Rivolte, decimazioni, crocifissioni dei ribelli: l’anima nera della forza militare di Roma antica. Nel volume Il lato oscuro dell’esercito romano. Gli ammutinamenti di epoca repubblicana, pubblicato a metà del 2020 con la consueta cura grafica e iconografica dalle Edizioni Odoya di Città di Castello (142 pagine), Roberto Chiavini mette in luce un aspetto poco noto e sotto tanti aspetti sorprendente, per una compagine ch’è sempre stata considerata una macchina perfetta. E lo era, ma non senza eccezioni.

Non c’è dubbio che l’esercito sia stata la più efficace delle armi a disposizione della grandezza di Roma e della sua espansione. “Si vis pacem para bellum” o “Paritur pax bello”, dicevano i latini, insomma la pace si ottiene con la guerra, né più né meno e le legioni erano lo strumento addestrato, inquadrato e avanzato per concretizzare quel concetto essenziale. Anche i migliori sbagliano, però e le armate romane hanno conosciuto pagine nere, messe in luce dallo storico oltre che cinefilo e appassionato di letteratura fantastica e videogame.
In questo saggio agile, adatto a studenti e appassionati di storia, ben strutturato, facilmente leggibile, ricchissimo d’immagini, contributi documentali e schede di approfondimento, l’autore ricorda che nell’immaginario collettivo l’esercito romano, è sinonimo di un’organizzazione perfetta, una macchina da guerra (appunto), soprattutto nell’età cesariana e nei massimi dell’impero. Tuttavia, non mancavano sentieri nascosti, per citare Chiavini.

Granelli negli ingranaggi di un meccanismo apparentemente impeccabile, è così che considera le rivolte di reparti, gli ammutinamenti veri e propri, i moti per la leva, le proteste per la paga mancata o i mancati trionfi, il fenomeno delle diserzioni e della presenza di disertori nelle province lontane, dove finivano per stanziarsi.
Se gli ammutinamenti sono una sorpresa, quello delle diserzioni è un argomento pressoché tabù. L’inesistenza quasi totale di fonti rende impossibile ricavare un quadro attendibile, ma c’è un particolare storico indiretto che fa supporre l’esistenza del fenomeno e le preoccupazioni che sollevava. Nel trattato di pace imposto da Roma a Cartagine dopo la prima guerra punica, appare una clausola, che menziona accanto alla restituzione dei prigionieri anche la consegna dei disertori. Si può ritenere che si trattasse di un numero rilevante, tanto da indurre chi ha redatto gli accordi a prendere in considerazione quelle figure aborrite dai combattenti e punite dal sistema militare.

La clausola fa supporre una consistenza numerica ancora più ampia, visto che questi “traditori” sono quelli andati a combattere dalla parte del nemico. Non si vede infatti come i Cartaginesi potessero considerare anche i legionari che avevano abbandonato le schiere romane non per passare al nemico, ma solo per allontanarsi dalla guerra e dall’esercito o per darsi al brigantaggio dietro le linee, piaga endemica che assunse un’evidenza sconfortante nell’Iberia del II secolo a.C.
Per questo, sebbene non aiutati da fonti nulle o rarefatte, si può supporre che di pari passo all’espansione oltre i limes (i confini) e all’allargamento dell’esercito crescesse anche il fenomeno della diserzione. Più che tra i cittadini romani, si verificava forse tra i soldati alleati o le leve locali, ausiliari che preferivano abbandonare le insegne e darsi alla macchia, non al nemico, che a sua volta li avrebbe indotti a tornare a combattere tra le proprie file, correndo ancora più pericoli in battaglia.

Va detto che il lavoro di Chiavini nasce per sua ammissione dalla tesi di laurea di trent’anni prima, dalla quale ha preso spunto per rielaborare e ampliare le tematiche, aggiornandole alle ulteriori fonti, alle nuove letture e agli sviluppi della storiografia. Dalle passioni a latere dell’autore, derivano poi i contributi finali sui film e fiction che hanno per contenuto l’esercito di Roma e anche sui videogame a tema.
In bestseller e saghe narrative molto apprezzate dal pubblico negli ultimi anni sono abbondantemente presenti le armate romane, le battaglie, i comandanti e i nemici più in vista. Difficile citare tutti gli autori di notevole levatura di romanzi storici in peplo, ma non si può fare a meno di considerare un capostipite come il californiano Harry Turtledove, docente di storia bizantina a Berkeley, autore negli anni Ottanta del ciclo di storia fantastica della Legione perduta e di Videssos. Oggi, non possiamo non indicare Simon Scarrow, Robert Fabbri, Douglas Jackson e Ben Kane.

A un esperto di videogiochi come Chiavini è sembrato doveroso dedicare uno spazio all’hobby del wargaming in scatola, giochi di simulazione che vantano un ampio seguito di appassionati. Sulle prime, Roma e il mondo antico hanno avuto scarsa presa tra i giochi da tavolo, sviluppati negli Stati Uniti, ma col tempo a cominciare dai due terzi del secolo scorso, si sono aggiunte produzioni interessanti come Eagles, la lotta tra romani e Germani, progenitore nel 1974 del genere strategico-operazionale e precursore delle simulazioni di assedi come Cesar Alesia o il complesso e articolato Siege of Jerusalem.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il lato oscuro dell’esercito romano

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