Il colore della gioia
- Autore: Diana Rosie
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Nord
- Anno di pubblicazione: 2016
Dopo un grande successo in patria, arriva nelle librerie italiane “Il colore della gioia”, romanzo-debutto di Diana Rosie edito da Nord.
È una storia tenera, narrata a più voci dai personaggi stessi ma anche un percorso all’indietro che nonno Alberto fa con il suo nipotino Tino per ritrovare quel compleanno che lui, in tutta la vita, non aveva mai avuto.
A scatenare gli eventi è la vicinanza più assidua del solito di nonno e nipote: il papà di Tino, infatti, a causa di un incidentale scoppio, rimane ustionato e deve essere ricoverato e sottoposto a cure assidue. È l’anziano papà della mamma, ormai in pensione e vedovo a prendersi cura di Tino perché lei in quei giorni è assai impegnata in ospedale. Tanti i discorsi tra il nonno e il piccolo nipote che, così, può non pensare per un po’ al papà, la cui sorte lo preoccupa tanto. Tino pone tante domande ad Apu, cioè “abuelo”, nonno in spagnolo, una parola che lui, piccolo piccolo, non sapeva ancor pronunciare e che così ha continuato ad usare in modo insolito. Già da queste parole si evince che le vicende hanno luogo in Spagna, dalla costa all’entroterra, alla ricerca di una storia in cui mancano particolari importanti.
“«Apu, tu quanti anni avevi quand’è morto il tuo papà?» La domanda lo colse alla sprovvista e per un attimo Alberto studiò il nipotino, soppesando la risposta. «Non lo so» disse infine, scuotendo la testa”
Nella vita di Alberto, uomo buono e onesto, mancano infatti tanti particolari, tanti ricordi lontani che sono la sua storia ma anche quella di una nazione e di un’epoca: quella Franchista.
“«Ma Apu, non mi hai raccontato del tuo papà».
«Non c’è nulla da raccontare, non me lo ricordo. Probabilmente sarà morto in guerra come tanti.
Sono cresciuto all’orfanotrofio ma non ricordo niente di quanto è successo prima di arrivarci. È come se mi avessero cancellato la memoria. Ho provato a ricordare ma non ci riesco. Ho provato a scoprirlo ma con la guerra tanti documenti sono andati distrutti… So in che anno sono arrivato all’orfanotrofio ma non so in che anno sono nato»
«Quindi non sai neanche quanti anni hai adesso e non sai quand’è il tuo compleanno?»
«No, non ce l’ho il compleanno…»
«Ma Apu tutti devono avere un compleanno, perché il compleanno è un giorno tutto tuo. È il giorno in cui tutti vengono a trovarti. Ti portano regali e cose da mangiare. È un giorno speciale, Apu.
Allora dobbiamo trovare il tuo compleanno»”
Nonno Alberto cede alle richieste del nipotino: lui, ormai in un’età che si definisce “tramonto” aveva rinunciato a cercare la propria alba, le proprie origini ma a Tino proprio non può dire di no. Insieme partono per quei luoghi ove sorgeva l’orfanotrofio in cui Alberto è cresciuto e, intanto, nella narrazione, pian piano, si fan sentire le voci di tanti che hanno fatto parte dell’infanzia di Alberto Romero. Chi si ricorda di quel nome e quel cognome, chi di quel bambino sporco e impaurito portato un giorno da Rubio, un combattente venuto da lontano, a Padre Francisco, un sacerdote ma soprattutto un uomo buono e caritatevole che prendeva a cuore il destino di coloro che avevano bisogno? È lui a condurre il bimbo all’orfanotrofio dove Isabel sapeva mettere insieme pranzo e cena per un centinaio di orfani anche solo con poche verdure. Paiono tanti piccoli miracoli quelli narrati in queste pagine ma non sono null’altro che le meraviglie della vita, quelle che noi non vediamo più perché troppo avvezzi ad ogni comodità.
Nei capitoli si alternano passato e presente e s’affacciano alla storia molti personaggi del passato di Alberto: alcuni non ci sono più ma, per fortuna, taluni sono vivi e gli permettono di ricostruire tanti momenti di vita che lui a stento ricordava. Gli è accanto e, con il suo amore, gli fa da sprone il piccolo Tino. Il loro affetto ricorda tanto le parole della canzone di Guccini
“Un vecchio e un bambino si preser per mano
e andarono insieme incontro alla sera…I due camminavano, il giorno cadeva,
il vecchio parlava e piano piangeva:
con l’ anima assente, con gli occhi bagnati,
seguiva il ricordo di miti passati...”
Come tante storie tenere, anche questa ha un lieto fine che riserba però “quel che di dolceamaro” che dà un vero senso alla vicenda. Essa svelerà particolari che renderanno ancor più uniti nonno e nipote e che daranno ad Alberto un’inaspettata nuova giovinezza e una vita più completa in cui c’è spazio anche per i ricordi dolorosi che, come difesa, s’erano cancellati.
Questo è il libro degli affetti che non hanno età e del “non è mai troppo tardi” né per sperare, né per tornare a vivere.
Il colore della gioia
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