Dal 14 ottobre al 18 marzo 2024 la Collezione Guggenheim di Venezia ospita la mostra Marcel Duchamp e la seduzione della copia. Ripercorriamo la storia del Dadaismo di cui Marchel Duchamp fu l’indiscusso protagonista.
Il Dadaismo è l’ultimo movimento di avanguardia del Novecento, sviluppatosi tra il 1916 e il 1922. Dal respiro nichilista, scelse la via del Caso e dell’Irrazionalità. Il termine Dada significa “giocattolo, gingillo”: i dadaisti affermarono di averlo scelto a caso nel vocabolario Larousse.
Ma è una presa in giro perché “dada” è un suono così l’elementare, anzi ne è la ripetizione che probabilmente compare in tutte le lingue del mondo. Per questo non significa nulla.
Dadaismo: cos’è?
Il movimento ha inizio a Zurigo nel 1916 dove si riuniscono profughi ed emigrati politici, mentre in Europa infuria la Prima guerra mondiale.
Nella città elvetica viene aperto un centro di intrattenimento artistico animato dal rumeno Tristan Tzara, pseudonimo di Samuel Rosenstock; il francese Marcel Duchamp e lo spagnolo Francis Picabia si uniranno più avanti. Le serate nel locale erano molto chiassose, seguendo una moda inaugurata dal Futurismo.
Si racconta che durante l’esilio a Zurigo Lenin si lamentasse con le forze dell’ordine per gli schiamazzi notturni provenienti dal locale contiguo alla sua abitazione.
Per pianificare la rivoluzione bolscevica ci vuole un po’ di tranquillità! Chissà cosa pensò di quella banda di scalmanati. Qualche anno dopo, il gruppo si trasferisce a Parigi. Risale a questa fase una breve convivenza con André Breton che nel 1922 si dissocia per dare vita al movimento Surrealista. Contrasti teorici e politici determinarono la rottura.
Un problema interpretativo riguarda la posizione del Dadaismo rispetto al Surrealismo: ne è una premessa o un movimento autonomo? Attualmente la critica avalla la seconda ipotesi, valorizzando le anticipazioni dadaiste nel teatro, pittura, scultura e Pop Art. L’arte seriale di Andy Warhol è in debito con il movimento.
Il manifesto del Dadaismo
Il Primo Manifesto del Dadaismo risale al 1918: non fu l’unico ma rimane il più significativo di una breve stagione. Il manifesto è un cortocircuito logico, una contraddizione perché in esso l’autore afferma una cosa e il suo contrario, dileggiando verità, progresso, arte, morale.
La stessa chiusura ha del grottesco:
“Libertà, dada dada dada.”
Questi i caratteri principali per dirla alla Bacone:
Dadaismo: pars destruens
- Rifiuto in toto della modernità che allontana il movimento dal Futurismo;
- Rifiuto della guerra e della cultura che l’ha prodotta;
- Rifiuto dell’estetica cioè di ogni forma di arte; se il bello non esiste, l’arte è soggettiva;
- Rifiuto della funzione comunicativa del linguaggio;
Dadaismo: pars costruens
Uso anticonformistico del linguaggio poetico e artistico, di cui l’alfa e l’omega sono rispettivamente casualità e non- senso all’insegna dell’ironia e della protesta. Al netto del bilancio prevale un orientamento distruttivo. Il suo programma è non averne alcuno. Questo non è necessariamente un limite, perché il Dadaismo ha fatto tabula rasa del passato più radicalmente di ogni altro movimento d’avanguardia, legittimando gratuità e casualità come canoni estetici.
L’arte esemplifica con chiarezza lo spirito del movimento. Prendiamo i collage del pittore alsaziano Hans Arp i cui titoli non hanno bisogno di spiegazione: Collage disposto secondo le leggi del caso al Museo di Arte Moderna di New York. Che differenza c’è con il metodo indicato da Tzara per comporre? Dimenticate l’ispirazione delle Muse. La ricetta va bene anche per i principianti: ritagliate le singole parole di un articolo di giornale; mettetele in un sacco; mescolate con cura; estraetele a caso e incollatele su un foglio nello stesso ordine in cui sono uscite dal sacco. Voilà la poesia è pronta! Questo non significa che siamo tutti poeti. Certifica l’atto di morte della lirica consolidata da una tradizione plurisecolare.
Prendiamo gli assemblaggi di alcuni dadaisti tedeschi che usarono anche il fotomontaggio - un’area a parte per il loro impegno politico.
Pensiamo al “ready-made” letteralmente “pronto fatto” di Marcel Duchamp un’invenzione totalmente destabilizzante. In cosa consiste? Nella scelta di oggetti banali, di uso quotidiano da proporre in contesti museali, una volta deprivati della loro funzione utilitaristica. Qual è l’obiettivo di questa operazione? Scardinare l’arte mutando la funzione di un oggetto. Il risultato è la nascita dell’arte concettuale.
Lo dimostra Fontana che altro non è se non un orinatoio in porcellana capovolto, collocato su un piedistallo. Duchamp sceglie un oggetto usato dalla popolazione maschile, forse il più intimo e privato e disgustoso per costringere il pubblico a riflettere sull’essenza dell’arte e della non- arte.
Non è una questione da poco.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il Dadaismo di Marcel Duchamp in mostra a Venezia: origini e storia
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