

Il recente successo della serie televisiva dedicata è la dimostrazione, l’ennesima, della longevità di un capolavoro letterario. Il conte di Montecristo piace al grande pubblico e non potrebbe essere altrimenti. Merito degli ingredienti: il desiderio di rivalsa, l’ingiustizia sanata, una storia d’amore sfortunata.
Alexandre Dumas si sarebbe stupito dei risultati lusinghieri di ascolto? Probabilmente no. Sapeva di avere per le mani una buona storia. Con i dovuti aggiustamenti la vicenda del calzolaio Picaud, scovata nei registri della polizia giudiziaria di Parigi, poteva diventare un best seller ante litteram. Quello che l’autore non immagina è che gli toccherà rivendicare quel successo, fornendo prove della paternità dell’opera. Succede, se si fa uso di ghostwriter e si scrive un capolavoro senza tempo.
La “Maison Dumas”: i segretari e la prima denuncia
Il cognome Dumas, secondo i contemporanei, era un marchio, segno di successo sicuro. Merito di un talento letterario senza precedenti, in grado di intercettare il favore del pubblico e il gusto per le storie, sapientemente mescolato a una grande capacità imprenditoriale.
Dumas ha una produzione impressionante: centinaia di pagine. Molte sono opera dei suoi collaboratori, veri e propri ghostwriter ante litteram, persone di talento che abbozzano le trame, si occupano delle ricerche e della veridicità storica, scrivono interi capitoli. L’ultimo tocco spetta a lui, ovviamente: senza, probabilmente gli stessi libri sarebbero diversi e molto meno fortunati, come dimostra la sorte delle opere autografe degli scrittori che lo affiancano, restando confinati nell’anonimato.
Dopo un po’ però il sistema viene a galla. Lo espone al pubblico un giornalista dell’epoca e scrittore a sua volta, Charles Jean-Baptiste Jacquot, noto con lo pseudonimo di Eugène de Mirecourt. Il libro denuncia si intitola Fabrique de Romans: Maison Alexandre Dumas et Compagnie e lascia davvero poco all’immaginazione, mettendo in dubbio l’originalità di molte opere. Ma contiene attacchi troppo personali allo scrittore più famoso di Francia. Trascinato in tribunale, Mirecuort verrà condannato e dovrà scontare sei mesi di carcere.
Auguste Maquet: il collaboratore più celebre di Dumas


Link affiliato
In realtà Eugène de Mirecourt non va molto lontano dalla verità. Dumas per molte opere si avvale di aiuti scelti. Con Il Conte di Montecristo, per esempio, si affianca sicuramente a un collaboratore storico, di certo il più celebre, quell’Auguste Maquet che interviene anche su I tre Moschettieri.
Lo ammette Dumas stesso: nell’introduzione all’edizione italiana de Il conte di Montecristo edito da Mondadori nel 2017 (traduzione di Emilio Franceschini), viene riportato il dialogo con Maquet, interpellato quando la stesura è già a buon punto. Il collaboratore fa osservazioni, critica, suggerisce di aggiustare il tiro: bisogna dare più spazio agli amori del protagonista, al tradimento e ai dieci anni di prigione con l’abate Faria. Più antefatto, insomma.
La stessa sera, stendemmo insieme il piano dei primi cinque volumi. Di questi cinque, uno era dedicato agli antefatti, tre alla prigionia, l’ultimo all’evasione e alla ricompensa della famiglia Morrel. Il resto, senza essere ancora finito completamente, era più o meno sbrogliato. Maquet credeva di avermi reso semplicemente un servizio da amico. Io lo considerai un vero e proprio collaboratore.
Anche Maquet farà causa a Dumas, rivendicando la paternità di numerose opere, ma perderà. Lo rifonde il destino: il ghostwriter a fine carriera accumula una fortuna in denaro e proprietà. Molto maggiore, pare, a quella dello stesso Alexandre Dumas. Merito, probabilmente, di una gestione più oculata del patrimonio che non rientra nella grandezza di Dumas, sempre a caccia di guadagni per pagarsi debiti e lussi di ogni genere.
Pier Angelo Fiorentino: una firma italiana per “Il conte di Montecristo”
Per Il conte di Montecristo aveva però bisogno di ulteriore aiuto. Glielo fornisce un italiano, altro segretario di casa Dumas: Pier Angelo Fiorentino, giornalista a caccia di fama letteraria in trasferta a Parigi. Ed è lui a occuparsi dell’ambientazione italiana del romanzo: l’isola di Montecristo. E fornisce anche un’entusiasta celebrazione del metodo di lavoro di Dumas, paragonandolo a una bottega rinascimentale di pittura in cui il maestro si occupava del quadro e gli allievi si dedicavano per apprendere a qualche dettaglio marginale.
Di ritorno in Italia, Pier Angelo Fiorentino lascia trapelare la collaborazione. E si diffondono voci. Dumas, sempre sensibile all’argomento, vi pone rimedio nelle Causeries (I Discorsi del 1860, che contengono lo Stato civile del Conte di Montecristo).
In Italia tutti pensano che a scrivere Il conte di Montecristo sia stato tal Fiorentino. Fiorentino ha letto il conte di Montecristo, come tutti, ma non l’ha letto prima di tutti gli altri, sempre che l’abbia letto davvero. … Gli italiani dovrebbero accontentarsi delle opere di Manzoni e D’Azeglio, lasciando perdere il resto.
Non sfugge la compagnia illustre in cui sceglie di collocarsi.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: I ghostwriter del “Conte di Montecristo”: chi ha scritto il romanzo di Dumas?
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Alexandre Dumas (padre) Curiosità per amanti dei libri News Libri
Lascia il tuo commento