

Claudia Graziani è nata a Firenze, dove attualmente abita e insegna alla scuola primaria. È appassionata di musica corale, di culture lontane e di molto altro, ma la lettura e la scrittura per lei sono una fonte primaria di ispirazione, comunicazione e osservazione all’interno della sua didattica e della sua azione educativa.
Dopo aver pubblicato Ruga dopo ruga e Nella tana della volpe con Porto Seguro, si è cimentata nella narrazione di una storia complessa e scottante, che ha come tema centrale il dramma di quegli ebrei che, per salvarsi la vita, hanno scelto la via dell’oblio, cancellando la loro identità, i loro ricordi e i loro legami col passato. La storia, dal titolo Dorme nera nel buio, è stata notata e apprezzata dall’editore Santelli, che l’ha inserita nella preziosa collana Narrazioni Clandestine.
L’intervista a Claudia Graziani
- Qual è stata la spinta per questo cambio di rotta, dopo due storie esotiche dal sapore un po’ fiabesco?


Link affiliato
Credo che sia stato dovuto sia a una diversa fase della mia vita, sia a fortunati incontri che mi hanno proposto una sfida. In realtà quest’opera ha avuto una gestazione lunghissima, ci ho messo circa una decina d’anni per realizzarla nella sua forma attuale: ogni volta infatti che la rileggevo, non ero convinta di aver reso giustizia al tema complesso che mi ero posta come obiettivo e, devo dire, ancora temo fortemente di non aver raggiunto il massimo possibile. Malgrado i personaggi e gli eventi personali degli stessi siano una mia invenzione, infatti, la realtà descritta nell’opera è stata ed è tuttora viva e pulsante sia nell’animo di chi l’ha vissuta, sia nelle generazioni successive che ne hanno pagato il prezzo.
Il timore di non essere un’adeguata portavoce del dolore di queste persone è stato costante. Mettiamoci anche l’ambientazione storica poco conosciuta della comunità italiana a Tunisi, la sfida è stata davvero grande. Ringrazio pertanto di cuore coloro che mi hanno creduta degna di provarci e che mi hanno aiutata nelle numerose ristesure del manoscritto.
- La sensazione di chi legge la storia è che chi scrive conosca bene certe emozioni. Quanto c’è di autobiografico in questa vicenda?
Nessuno scrittore può raccontare ciò che non conosce e risultare credibile. Questo non significa che uno scriva le sue memorie ogni volta che butta giù una storia. Come non non ho mai inseguito una volpe nella notte in Perù, come non ho mai scalato una piramide di serpenti in Oceania, i personaggi di Esmeralda Tornero e di Elisabetta Catania hanno una vita propria ben distinta dalla mia.
Che poi le mie esperienze personali abbiano influenzato fortemente le loro personalità, ça va sans dire, per citare la lingua madre di una delle due protagoniste. Mi ritengo fortunata per il mestiere che faccio: occuparsi dei bambini e, di conseguenza, delle loro famiglie, permette di osservare una varietà infinita di dinamiche familiari e di quadri psicologici. Prendendo un pizzico di ogni cosa che si vive o che si osserva, si ha un’immensa quantità di tessere per creare i mosaici di personaggi nuovi. Ripeto, essi sono inventati, ma la realtà che rappresentano no.
- Lei parla di ebrei dimenticati, divenuti invisibili in primis a loro stessi. Secondo lei, come mai è un tema poco trattato?
Ho potuto toccare con mano che si tratta di un argomento tabù. Non è facile da spiegare, poiché verrebbe spontaneo chiedersi come mai, dopo la guerra, coloro che hanno fatto questa scelta non siano tornati indietro. La risposta è che non è così scontato come sembra, poiché ciò che alla ragione pare logico, nell’anima assume connotazioni completamente diverse.
Appartenere all’identità ebraica è qualcosa di forte e di irrinunciabile, per chi ci nasce. Coloro che se ne sono allontanati hanno messo in atto una sorta di suicidio interiore e hanno vissuto il resto della loro vita in uno stato di ipnosi perenne, per l’impossibilità di tornare in quella loro zona oscura irrimediabilmente fratturata. Se si aggiunge anche il senso di colpa nei confronti di coloro che non si sono salvati, si capisce bene che è un peso troppo difficile da portare per chiunque.
Documentarmi in tal senso non è stato facile: tendenzialmente c’è ancora un muro di silenzio che forse non si potrà mai abbattere.
- Parliamo invece del personaggio di Esmeralda. È lei che si esprime con la metafora del felino addormentato nel buio. Come è nata?
Esmeralda rappresenta la vita che, malgrado tutto, si fa forza e cerca la luce. Vive una situazione familiare pesante, che rischia di vederla schiacciata tra le due personalità sofferenti e fragili dei suoi genitori. Il bivio davanti a cui si trova la costringe a scegliere tra soccombere o smascherare, riscattandosi, la matrix in cui vive. Per questo immagina la verità camuffata come una pantera nera che dorme nel buio: se ne può ignorare la presenza, ma quella potrebbe svegliarsi da un momento all’altro e trovarci impreparati alla sua aggressione. Lei preferisce illuminare l’oscurità e farsi amico il felino. Diventa così il personaggio antitetico a quello di Elisabetta, la quale invece sopravvive grazie alla sua capacità di tenere la pantera sigillata nella stanza buia.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Claudia Graziani, in libreria con “Dorme nera nel buio”
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Claudia Graziani News Libri Ti presento i miei... libri
Lascia il tuo commento