Il 2 gennaio 1931 Virginia Woolf annotava sul suo diario i propositi per l’anno nuovo.
Fu molto cauta: intanto si limitò a prendere in considerazione soltanto i primi tre mesi dell’anno senza allargare il proprio orizzonte a una prospettiva troppo ampia, infine si concesse persino una clausola d’uscita “non averne nessuno, non essere legata”.
Leggere ora gli appunti di Woolf, a distanza di oltre novant’anni da quando li scrisse, è sorprendente e liberatorio al tempo stesso. I “buoni propositi” per l’anno nuovo, si sa, sono una faccenda seria e nessuno è più in difficoltà nello stabilirli degli scrittori stessi abituati a lavorare ogni giorno con parole, speranze e la materia malleabile e in perenne divenire della creatività.
Si inizia sempre l’anno con i migliori auspici, poi man mano che i giorni scorrono si naufraga nella quotidianità più ordinaria che ben presto inghiotte ogni fulgida motivazione. Questo Virginia Woolf voleva evitarlo a tutti i costi, forse per questa ragione si propose obiettivi raggiungibili e finalità concrete, benché estremamente letterarie. La buona notizia fu che, quelle New year’s resolutions scritte nel 1931, le rispettò tutte e dunque potrebbero essere un buon esempio anche per noi che ci affacciamo timidi e impreparati dinnanzi a questo 2024 nuovo di zecca che sembra contenere tanto, troppo, futuro ed è capace di sovrastarci. Stiliamo liste e calendari cullandoci nell’illusione di poter ordinare il tempo, di possederlo, di riuscire a governare l’ingovernabile. A ben vedere è un’abitudine antica e, da un certo punto di vista, persino salvifica perché ci permette di dare una forma all’inaspettato, di prepararci a qualcosa di così indecifrabile come la parola “futuro” che in sé custodisce un’incognita.
Scopriamo dunque i buoni propositi letterari per l’anno nuovo di Virginia Woolf e qual è la maniera migliore per applicarli al nostro presente.
Buoni propositi letterari: il 1931 di Virginia Woolf
Ecco i miei propositi per i prossimi 3 mesi; il prossimo giro dell’anno.
Non averne nessuno. Non essere legata.
Essere libera e gentile con me stessa, non andare alle feste: sedersi piuttosto a leggere in studio. Fare un buon lavoro con The Waves (Le onde, Ndr).
Fermare l’irritazione, perché nulla vale irritazione.
Leggere, ma anche non leggere.
Uscire sì, ma stare anche a casa.
Per quanto riguarda i vestiti, comprarne di buoni.
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Leggere queste note è confortante perché ci mostra il lato fallibile, umano e ordinario di una delle maggiori scrittrici del Novecento. All’anno nuovo Woolf non chiedeva nulla di straordinario - benché tutto in lei fosse straordinario - ma si limitava a fare i conti con sé stessa e le proprie debolezze, i propri limiti, cercando una mediazione o una via di mezzo.
Scrivendo queste annotazioni la grande autrice sembra scendere a patti con sé stessa. I soli veri propositi che si pone fermamente di rispettare sono letterari (concludere dignitosamente il libro che stava scrivendo che, nemmeno a dirlo, sarebbe stato un capolavoro) e legati all’ordinaria amministrazione: comprare dei “buoni vestiti”. Fa sorridere nella conclusione questo vezzo di Woolf che sembra legato a una frivolezza che a fatica si associa alla scrittrice: ci pare incredibile che tra le sue preoccupazioni ci fosse quella di comprare dei “buoni vestiti” e che una mente geniale come la sua potesse arrabattarsi tra stoffe, bottoni, gonne e crinoline alla ricerca della migliore soluzione d’abbigliamento.
Queste note, come tutte le pagine di diario e le lettere, sono preziose perché ci restituiscono la quotidianità umana di Virginia Woolf e anche la sua saggezza che si nutriva in fondo di una lucidità ferrea e sferzante, capace di intuire la vera sostanza delle cose. Ciò che la scrittrice si propone, in sostanza, è di prendersi cura di sé e delle cose che le stanno a cuore (tra cui la scrittura) e questo ci consegna un insegnamento prezioso: Woolf non si propone di “arrivare”, ma di “essere”. Non si appunta degli obiettivi da raggiungere, degli scopi prefissati, al contrario, decide di mitigare le proprie aspettative e di essere innanzitutto “libera e gentile” con sé stessa. Forse aveva intuito che solo attraverso l’equilibrio interiore poteva raggiungere la stabilità necessaria ad affrontare il nuovo anno nel migliore dei modi portando a termine il suo unico obiettivo concreto, che era ovviamente letterario, concludere il libro che stava scrivendo Le onde e che considerava il suo “romanzo più difficile”:
Fare un buon lavoro con The Waves
La serenità d’animo, la concretezza, erano indispensabili alla sua routine di scrittrice. Sorprende quel “leggere ma anche non leggere”, che sembra richiamare la vera regola aurea di ciascun lettore, come se anche Woolf volesse tutelare la funzione della lettura come svago, strumento ricreativo, non riducendola a un dovere. In queste righe sembra liberarsi di un fardello, depositare tutte le proprie ansie sulla pagina scritta: “non andare alle feste”, annota facendoci sorridere ma anche entrare in empatia con lei perché capiamo che i ritrovi sociali sono fonte di stress per Virginia, le causano fastidi e irritazioni che lei vuole in ogni modo evitare.
Come tutti i grandi scrittori, Virginia Woolf riesce a consegnarci in queste poche righe epigrafiche tutti i tratti peculiari del suo carattere: i suoi buoni propositi per l’anno nuovo sono, al contempo, una formidabile lezione di vita e un magnifico autoritratto interiore.
Quello che ci insegna Woolf attraverso queste note è un principio importantissimo: “imparare a vivere il presente”, nessuno verbo da lei utilizzato è coniugato al futuro né al condizionale.
La sua scrittura appare interamente immersa nel mondo, nella vita, ed è concreta, pratica, ironica, anticonformista e vulcanica, proprio come lei.
Buoni propositi letterari: il 1936 di Virginia Woolf
Il 4 gennaio 1936, cinque anni dopo, Virginia Woolf torna ad annotare i suoi buoni propositi sul diario, scrivendo:
Leggere il minor numero possibile di giornali settimanali [fino a quando gli Anni non saranno finiti];
riempire il mio cervello di libri e abitudini remote;
in generale essere il più fondamentale e il meno superficiale possibile, essere il più concreta e il meno apprensiva possibile.
Sorprende il parallelismo tra le due annotazioni, scritte esattamente a cinque anni di distanza l’una dall’altra. Woolf ribadisce in sostanza gli stessi concetti, ciò che per lei è importante, sopra ogni cosa, è il suo lavoro di scrittrice e il proprio benessere interiore. Ora Virginia si propone di portare a termine un altro libro, Gli anni, e sappiamo bene che vi riuscì, consegnando di fatto la propria personale capsula del tempo letteraria ai posteri.
In queste righe ritornano i verbi fondamentali per Woolf: “leggere” e “essere”, sulla base di questi punti cardinali imprescindibili ecco che la scrittrice articola e sviluppa la propria filosofia di vita. Che bell’augurio per l’anno nuovo il proposito di essere “meno superficiale”, detto da una persona come Virginia - che di tutto poteva essere tacciata fuorché di superficialità - poi vale doppio. Le solerti annotazioni scritte a mano da Virginia Woolf ci giungono intatte nella loro saggezza, perché custodiscono una spinta evolutiva e vitale a crescere e migliorarsi. Lei esigeva il meglio da sé stessa e dalla sua scrittura, non contemplava neppure la prospettiva del fallimento.
Forse dovremmo applicare questa filosofia anche alle nostre vite, uscendo dalla canonica rosa di obiettivi prefissati “amore-denaro-salute” e proponendoci scopi che mirino all’essenza - e non alla superficie - della vita.
L’augurio per l’anno nuovo di Woolf è umano e ordinario - ha lo stesso sapore quotidiano di un appunto preso su un bloc notes, di una lista della spesa, di una ricetta di cucina - e si presenta come un elogio della nostra fallibilità.
In un’epoca in cui a tutti noi è chiesto di essere il più possibile performativi, prestanti, efficienti al massimo grado, appare indicibilmente consolatorio il “leggere ma anche non leggere” di Woolf.
Lei, proprio lei, concedeva a sé stessa la possibilità di venire meno al concetto - oggi abusato - di performance. Forse dovremmo concedercelo anche noi, senza perdere di vista l’essenza delle cose che spesso è fatta di ordinarietà, semplicità e piccoli vezzi da niente, come ribadisce Woolf quando frettolosamente annota nella conclusione “vestiti buoni”: potremmo leggerlo alla stregua di un invito a non perdere di vista la concretezza, la fisicità dell’esistenza, qualcosa che va oltre il mondo astratto della filosofia, dei massimi sistemi e delle nostre elaborate (e talvolta contorte) idee di felicità.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: I buoni propositi per l’anno nuovo di Virginia Woolf
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