Thank God there is no god, grazie a Dio non c’è nessun Dio: così recita il titolo di una poesia paradosso di Grace Paley, una delle autrici americane più sorprendenti del Novecento letterario. Lei si definiva una story listener, un’ascoltatrice di storie e, in effetti, la sua poesia è dotata di una sonorità tangibile, di un ritmo che scandisce la frase e te la imprime nella mente, nelle ossa, te la incide nella memoria. Diceva che i suoi racconti “non avevano trama”, seguivano solo una linea temporale, come tutte le storie, e ribadiva l’importanza di non capire tutto (frase che tra l’altro ha dato il titolo a una sua celebre raccolta di racconti). Ascoltava soprattutto, ascoltava la voce degli esseri umani che era la “musica del mondo” e da lì si originava la sua scrittura che parlava del quotidiano, di piccoli contrattempi, degli inciampi e della fallibilità degli uomini. I racconti avevano determinato la sua fama, ma negli ultimi anni della sua vita, tra i settanta e gli ottant’anni, Grace Paley scrisse soprattutto poesie, trovando in questa forma espressiva la propria voce più intima e familiare.
L’ultima raccolta di poesie di Paley, edita in Italia da SUR nel 2022, riprende il titolo irriverente di un suo componimento Volevo scrivere una poesia ma poi ho fatto una torta e ci dimostra che in questa straordinaria autrice, dal timbro così personale e unico, la poesia si univa strettamente al senso pratico.
La lingua delle poesie di Paley è semplice, fatta di ingredienti del quotidiano, eppure è affilata perché ci spinge nei circuiti più estremi del pensiero, ci induce a porre domande e - spesso - non offre risposte, o perlomeno non risposte scontate.
La poesia che prendiamo in analisi Grazie a Dio non c’è nessun Dio è tratta dalla raccolta postuma Fedeltà (minimum fax, 2011, trad. Livia Brambilla, introduzione di Paolo Cognetti) che l’autrice completò nei suoi ultimi anni di vita.
Questa lirica può essere interpreta in vari modi, riflette la luce in maniera sempre diversa come un prisma. C’è chi vi ha letto un inno all’ateismo, chi una professione di fede. Ma non è questo il punto. Il vero centro della poesia di Paley è la responsabilità e in questo caso un concetto religioso - e anche laico - la colpa degli uomini. In fondo l’umanità è inscindibile dal concetto stesso di colpa, e in questi versi paradossali, sorprendenti e ancora capaci di interrogare, Grace Paley lo dimostra.
"Grazie a Dio non c’è nessun Dio" di Grace Paley: testo
Grazie a Dio non c’è nessun Dio
o saremmo tutti perdutise fosse Lui che ci fa gridare
di angoscia feroce di fronte alla tortura
all’odio tre o quattro volte per generazione
non ci sarebbe speranza e seppure Lui permettesse
alla pace di apparire allora un giorno grandi lastre
di pietra sotto i frutteti e il mare potrebbero
muoversi piano una contro l’altra terremotose fosse stato Lui a costruire così stretto il ponte
su cui siamo esortati a passare
senza paura mentre intorno a noi
i vecchi gli zoppi i maldestri i
bambini scalpitanti ruzzolano giù
e a volte vengono spinti nell’orrido
precipizio se fosse Lui certo saremmo perduti.se fosse Lui a offrire il libero arbitrio ma
solo ogni tanto strano dono
per un popolo che abbia appena distinto
la mano destra dalla sinistra
ma se siamo noi i responsabili con-
sideriamo il nostro assiduo amore uno per l’altro
perché questo è il giorno d’oggi ora possiamo
guardarci negli occhi
a grande distanza questo è il tele-
fonico elettronico digitale giorno d’oggi
celebre per il denaro e la solitudine ma noiabbiamo sconfitto Babele accettando parole
straniere in gloriose traduzioni sesappiamo essere responsabili se siamo
diventati responsabili.
"Grazie a Dio non c’è nessun Dio" di Grace Paley: analisi
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Pensare non che non ci sia nessun Dio non è liberatorio, dopotutto? È quanto afferma Grace Paley in questi versi, rimettendo tutta la colpa nelle mani dell’uomo, tutto il senso di responsabilità all’uomo.
“Responsabilità” è proprio la parola-simbolo che chiude la lirica e ne costituisce anche la chiave di lettura implicita.
Un Dio cui attribuire la responsabilità del male del mondo sarebbe troppo difficile da sopportare, riflette Paley che tuttavia non rinuncia al sottotesto biblico quando medita sul fatto che “abbiamo sconfitto Babele”, facendo riferimento alla leggendaria costruzione di cui si parla nella Genesi. Secondo quanto testimoniato dalla Bibbia, all’inizio dei tempi gli uomini parlavano tutti la medesima lingua ma fu la loro arroganza a tradirli: vollero costruire una torre altissima, la torre di Babele, per giungere al cielo e Dio li punì creando scompiglio, facendo il modo che parlassero lingue diverse e non riuscissero più a comprendersi. Il Dio dell’Antico Testamento è un Dio feroce, malvagio, che sa compiere la propria vendetta e lo fa impunemente. Ma ora, osserva Paley, l’uomo ha persino “sconfitto Babele”: ha imparato a tradurre, a capirsi in tutte le lingue, eppure ancora non ha imparato a vivere in pace, in fratellanza.
Qui il meccanismo del discorso si inceppa: perché in fondo non è stato Dio a insegnare agli uomini a vivere in comunione fraterna? Il detto “ama il prossimo tuo come te stesso”?
Morale cristiana e laica si intrecciano perché vogliono dire la stessa cosa, predicano ugualmente la pace e non riescono a ottenerla. Quindi dobbiamo imputare il male del mondo a un Dio cattivo e vendicativo, oppure a un Dio che non esiste? L’autrice sceglie di rimettere il male del mondo nelle mani dell’uomo, l’unico a cui può imputare la colpa che deriva proprio dal suo senso di responsabilità. E dunque “Grazie a Dio non c’è nessun Dio” a cui imputare le colpe che invece non sappiamo redimerci.
Con quel “saremmo tutti perduti” la poetessa sembra deridere chi cerca conforto o assoluzione nella fede, ma in realtà sta intessendo un discorso più profondo.
La sua poesia parla del nostro tempo - le liriche della raccolta Fidelity furono composte tutte tra il 2000 e il 2007 - un’epoca in cui Paley, ormai ottantenne, si trovò a fare i conti con tutto ciò che nella sua esistenza aveva cercato di contrastare: la guerra nucleare, il conflitto razziale e l’insorgere dell’estremismo religioso - vide con i suoi occhi il dramma dell’11 settembre e la conseguente invasione dell’Afghanistan, il precipitare inarrestabile in un’epoca buia, segnata da conflitti bellici. Per comprendere il senso di questa poesia in apparenza paradossale Grazie a Dio non c’è nessun Dio, dobbiamo innanzitutto contestualizzarla dal punto di vista storico. L’autrice americana stava, ancora una volta, esercitando la sua facoltà di “story listener”, riportava le storie che ascoltava, il grido smarrito di un’umanità che aveva perduto Dio nella più divina indifferenza.
Grace Paley utilizza l’arma dell’ironia per scrutare l’inganno del mondo a occhi aperti.
Recensione del libro
Fedeltà
di Grace Paley
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: "Grazie a Dio non c’è nessun Dio": la poesia-paradosso di Grace Paley
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