Il 10 marzo 1872 moriva a Pisa il patriota Giuseppe Mazzini, fautore ideale dell’Unità d’Italia. Mazzini se ne andava da esule, lontano dalla sua terra natale, la sua amata Genova. Moriva da latitante, in clandestinità, con un mandato d’arresto imminente che gli pendeva sul capo. L’Unità d’Italia si era realizzata, ma Mazzini non aveva visto avverarsi il proprio sogno repubblicano: quella appena nata, al suo primo vagito, era un’Italia monarchica sulla quale era stato posto il sigillo del regno sabaudo.
Giuseppe Mazzini dunque moriva quel 10 marzo di oltre centocinquant’anni fa portando nella tomba il suo ideale. Lo riscattarono, però, le parole di un poeta.
La tomba di Giuseppe Mazzini e l’epigrafe di Carducci
Fu Giosuè Carducci, convinto seguace delle idee mazziniane, a dettare l’epigrafe per la tomba di Giuseppe Mazzini nel Cimitero di Staglieno di Genova.
Mazzini fu sepolto in un mausoleo, progettato dall’architetto Gaetano Vittorio Grasso. Una costruzione in stile neoclassico che sembra scavata direttamente nella roccia: due colonne imponenti sostengono l’architrave su cui è scritto "Giuseppe Mazzini", all’interno della cripta si trova la tomba sulla quale ora campeggiano le bandiere repubblicane. Su una lapide di marmo campeggia un’iscrizione poetica, scritta in onore del patriota da Giosuè Carducci.
Il poeta definì il suo eroe come “il politico/che pensò e volle e fece una la nazione”: nelle sue parole la figura di Mazzini risorge in tutta la sua leggendaria imponenza umana. Quello ritratto da Carducci è un uomo libero, ma soprattutto un pensatore illuminato che seppe immaginare una nazione unita e democratica, un’Italia laica e popolare quale sarebbe diventata nel futuro.
Nella sua ode mazziniana Giosuè Carducci sembra ricalcare il 5 maggio di Manzoni nel descrivere le gesta valorose dell’eroe senza, tuttavia, trascurare la dimensione spirituale dell’uomo: emerge così il ritratto umano e, al contempo, divinizzato di un uomo che lottò e si sacrificò in nome della libertà.
Scopriamo testo, analisi e commento della poesia che Mazzini dedicò a Giosuè Carducci.
A Giuseppe Mazzini di Giosuè Carducci: testo
L’ultimo
dei grandi italiani antichi
e il primo dei moderni
il pensatore
che de’ romani ebbe la forza
de’ comuni la fede
de’ tempi nuovi il concetto
il politico
che pensò e volle e fece una la nazione
il cittadino
che tardi ascoltato nel MDCCCXLVIII
rinnegato e abilitato nel MDCCCLX
lasciato prigione nel MDCCCLXX
sempre e su tutto dilesse la patria italiana
l’uomo
che tutto sacrificò
che amò tanto
e molti compatì e non odiò mai
GIUSEPPE MAZZINI
dopo quarant’anni d’esilio
passa libero per terra italiana
oggi, che è morto
o Italia
quanta gloria e quanta bassezza
e quanto debito per l’avvenire.
A Giuseppe Mazzini di Giosuè Carducci: analisi e commento
Carducci non si limitò a scrivere una semplice epigrafe, ma dedicò a Giuseppe Mazzini una vera e propria ode in versi che sarebbe rimasta incisa sulla sua pietra tombale e, così, si sarebbe impressa negli occhi dei posteri. La poesia di Giosuè Carducci è una lirica eroica ma, soprattutto, un commovente inno alla libertà.
L’amore per la politica risorgimentale infiamma le strofe di Carducci che erge Mazzini a protettore della patria e del sacro tricolore. L’ode a Mazzini comporta una decisiva presa di posizione, una scelta politicamente schierata e questo Carducci lo sa bene e non lo rinnega.
La poesia si apre con un’invocazione precisa “L’ultimo”, così viene definito Giuseppe Mazzini: “l’ultimo dei grandi italiani antichi e il primo dei moderni”.
A definire il grande pensatore e patriota è quindi la sua solitudine e la sua indipendenza, la sua larghezza di vedute e di pensiero che sembra segnare un momento spartiacque tra antichità e modernità. Mazzini ha in sé la saggezza esemplare degli antichi e l’intuito lungimirante dei moderni. Carducci non a caso gli attribuisce le virtù degli antichi romani che crearono la patria con il sangue, gli ideali, la strategia unita al sudore: Mazzini è un homo novus che si è fatto da sé, contando sulle proprie forze, e si è così posto alla guida del nascente stato italiano.
Poco importa che quel sogno repubblicano non si sia infine realizzato, Carducci sottolinea il sacrificio che Giuseppe Mazzini sperimentò sulla propria pelle anzitutto come “cittadino”. Rinnegato ed esiliato, non abdicò mai al suo ideale. In lui l’amore per la patria non cedette mai il passo all’odio, come dimostra un’efficace antitesi: amò tanto/e non odiò mai. L’eroe risorgimentale ci appare in questa veste quasi divinizzato dalle parole del poeta.
Solamente nell’ultima strofa Carducci fa il nome del suo dedicatario sottolineando come costui abbia acquisito la libertà solamente dopo la morte. Giuseppe Mazzini era braccato, esiliato, latitante; eppure morì da uomo libero. Con malinconia il poeta sottolinea l’infausto destino del patriota che poté tornare a casa, nella sua Genova natia, solamente disteso nel feretro di una bara.
Gli ultimi versi sono, però, un appello all’Italia tutta che non ha saputo riconoscere la grandezza dell’uomo, del patriota. Giosuè Carducci, infine, sottolinea in versi tonanti che appaiono come una velata minaccia che la patria e gli italiani hanno un debito nei confronti di Giuseppe Mazzini e del suo pensiero. La gloria dell’uomo si contrappone alla bassezza del Paese, ma lo sguardo di Carducci si rivolge con fiducia a un futuro migliore ribadendo il sogno - che si sarebbe poi realizzato - di un’Italia repubblicana.
Non era la prima poesia che Giosuè Carducci dedicava al patriota: ce n’è anche un’altra, intitolata Giuseppe Mazzini, che vede l’uomo solo al comando. Carducci lo immagina come il Viandante sul mare di nebbia dipinto dal pittore romantico tedesco Caspar David Friedrich: Mazzini sosta su uno scoglio della sua natia Genova, mentre si erge solitario al di sopra degli uomini e degli avvenimenti della sua epoca. Il suo volto serio si rivolge impavido verso un ideale di libertà.
Nel finale Carducci metteva nella mente di Giuseppe Mazzini queste esatte parole:
"Tu sol" pensando "o ideal, sei vero".
Dopo la morte di Mazzini questo verso lo si potrebbe attribuire all’uomo che giunse a identificarsi, anima e corpo, con il proprio ideale.
Tu solo, o ideale, sei vero.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La poesia di Giosuè Carducci sulla tomba di Giuseppe Mazzini
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