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Aforismi e frasi celebri

Gianni Rodari: le filastrocche più belle e famose per ricordarlo

Il 23 ottobre 1920 nasceva Gianni Rodari, scrittore e pedagogista, tra gli autori per bambini più amati di sempre. Vi proponiamo alcune sue filastrocche più belle per ricordarlo.

Federica Ponza
Federica Ponza Pubblicato il 23-10-2021
Gianni Rodari: le filastrocche più belle e famose per ricordarlo

Gianni Rodari: autore per bambini tra i più amati e famosi di sempre, scrittore e pedagogista. Le sue filastrocche hanno accompagnato generazioni e generazioni di bambini e bambine che le hanno imparate tra i banchi di scuola.
Il 23 ottobre di 101 anni fa nasceva a Omegna lo scrittore tanto amato da grandi e piccini, che viene oggi ricordato per il grande apporto che ha dato alla letteratura per l’infanzia.

Ma Gianni Rodari non è solo uno scrittore per bambini perché le sue filastrocche riescono a suscitare il sentimento della meraviglia anche in molti adulti, che grazie alle sue parole spesso riscopriamo la bellezza dell’essere piccini.

Oggi ricorre l’anniversario della sua nascita e per ricordare questo grande autore vi proponiamo alcune delle filastrocche più belle di Rodari, quelle che hanno fatto fantasticare generazioni di bambini.

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Filastrocca di Gianni Rodari per Pasqua

Il pulcino marziano
 
Ho visto, a Pasqua, sbarcare
dall’uovo di cioccolato
un pulcino marziano.
Di certo il comandante
di quell’uovo volante
di zucchero e cacao
con la zampa ha fatto ciao.
E il gatto, per la sorpresa,
non ha detto neanche: “Miao”.

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Filastrocche di Gianni Rodari sui mestieri

Capelli bianchi
 
Quanti capelli bianchi
ha il vecchio muratore?
Uno per ogni casa
bagnata dal suo sudore.
Ed il vecchio maestro
quanti capelli ha bianchi?
Uno per ogni scolaro
cresciuto nei suoi banchi.
Quanti capelli bianchi
stanno in testa al nonnino?
Uno per ogni fiaba
che incanta il nipotino.
 
Gli odori dei mestieri
 
Io so gli odori dei mestieri:
di noce moscata sanno i droghieri;
sa d’olio la tuta dell’operaio;
di farina il fornaio;
sanno di terra i contadini;
di vernice gli imbianchini;
sul camice bianco del dottore
di medicine c’è un buon odore.
I fannulloni, strano però,
non sanno di nulla e puzzano un po’.
 
A voce bassa
 
Filastrocca a voce bassa,
chi è di notte che passa e ripassa?
È il principe Fine e non può dormire
perché ha sentito una foglia stormire?
O forse é l’omino dei sogni che porta
i numeri del lotto di porta in porta?
È un signore col mal di denti
in compagnia di mille tormenti?
L’ho visto: é il vigile notturno
che fa la ronda taciturno:
i ladri scantonano per la paura,
la città dorme sicura.

Filastrocche di Gianni Rodari sulla scuola

La tribù degli indiani Cucù
 
Conosci la tribù degli indiani Cucù?
C’è l’indiano Cuore che raccoglie le more;
c’è Cuoio un indianone che fa lo stregone;
c’è Scuola l’indiana che fila la lana;
c’è l’indiano Cuoco che accende un bel fuoco.
Conosci la tribù degli indiani Cucù?
Se li scrivi con la Q ride tutta la tribù!
 
La tragedia di un Dieci
 
Fuggiva un giorno un Dieci
pieno di trepidazione,
inseguito da un nemico mortale:
la Sottrazione!
 
Il poverino è raggiunto,
crudelmente mutilato:
ben due unità ha perduto,
un Otto è diventato.
 
Dalla padella cascando
nella brace,
ecco qua,
incappa nella Divisione
che lo taglia a metà.
 
Ora è un misero Quattro,
mal visto dagli scolari.
“Consolati” gli dicono
“sei sempre un numero pari…”
 
“C’è poco da consolarsi
la mia sorte è ben dura.
O incontro un’Addizione
o sarà… la bocciatura”.
 
Sospiri
 
“Vorrei, direi, farei…”
Che maniere raffinate
ha il condizionale.
Mai che usi parole sguaiate,
non alza la voce per niente,
e seduto in poltrona
sospira gentilmente:
“Me ne andrei nell’Arizona,
che ve ne pare?
O fore potrei
fermarmi a Lisbona…”.
“Vorrei, vorrei…
Volerei sulla Luna
in cerca di fortuna.
E voi ci verreste?
Sarebbe carino,
dondolarsi sulla falce
facendo uno spuntino…”.
“Vorrei, vorrei…
Sapete che farei?
Ascolterei un disco.
No, meglio, suonerei
il pianoforte a coda.
Dite che è giù di moda?
Pazienza,
ne farò senza.
Del resto non so suonare…”.
“Suonerei se sapessi.
Volerei se potessi.
Mangerei dei pasticcini
se ne avessi.
C’è sempre un se:
chissà perchè
questa sciocca congiunzione
ce l’ha tanto con me”.
 
La scuola dei grandi
 
Anche i grandi a scuola vanno
tutti i giorni di tutto l’anno.
Una scuola senza banchi,
senza grembiuli nè fiocchi bianchi.
E che problemi, quei poveretti,
a risolvere sono costretti:
“In questo stipendio fateci stare
vitto, alloggio e un po’ di mare”.
La lezione è un vero guaio:
“Studiare il conto del calzolaio”.
Che mal di testa il compito in classe:
“C’è l’esattore delle tasse”!
 
B.P.
 
Tutte le lettere dell’alfabeto
hanno un suono vivace e lieto
tranne l’Acca che, come si sa,
un suono proprio non ce l’ha.
Ci sono lettere importanti:
l’A che a tutte sta davanti,
del suo primato è molto orgogliosa
e porta sempre la Maglia rosa;
la Zeta, con cui si scrive “zero”,
è più temuta dell’Uomo Nero.
Ci sono lettere buone e care
come la G del verbo giocare.
Certe lettere vanno in coppia,
e la T spesso si raddoppia…
Ma la coppia più speciale,
famosa su scala internazionale,
è quella che vedete qui:
una B. con una P.
B.P… Che vuol dire? Pensateci un po’:
forse Buon Pranzo… forse Buon Pro…
Oppure… Buona Passeggiata?
Trovate da soli la … Bella Pensata.
 
Distrazione interplanetaria
 
Chissà se a quest’ora su Marte,
su Mercurio o Nettuno,
qualcuno
in un banco di scuola
sta cercando la parola
che gli manca
per cominciare il tema
sulla pagina bianca.
E certo nel cielo di Orione,
dei Gemelli, del Leone,
un altro dimentica
nel calamaio
i segni d’interpunzione …
come faccio io.
Quasi Io sento
lo scricchiolio
di un pennino
in fondo al firmamento:
in un minuscolo puntino
nella Via Lattea
un minuscolo scolaretto
sul suo libro di storia
disegna un pupazzetto.
Lo sa che non sta bene,
e anch’io lo so:
ma rideremo insieme
quando lo incontrerò.
 
Accento sulla A
 
“O fattorino in bicicletta
dove corri con tanta fretta?”
“Corro a portare una lettera espresso
arrivata proprio adesso”.
“O fattorino, corri diritto,
nell’espresso cosa c’è scritto?”
“C’è scritto – Mamma non stare in pena
se non rientro per cena,
in prigione mi hanno messo
perché sui muri ho scritto col gesso.
Con un pezzetto di gesso in mano
ho scritto sui muri della città
“Vogliamo pace e libertà”.
Ma di una cosa mi rammento,
che sull’a non ho messo l’accento.
Perciò ti prego per favore,
va’ tu a correggere quell’errore,
e un’altra volta, mammina mia,
studierò meglio l’ortografia”.
 

Il caso di una parentesi

 
C’era una volta
una parentesi aperta
e uno scolaro
si scordò di chiuderla.
 
Per colpa di quel somaro
la poveretta buscò un raffreddore,
e faceva uno sternuto
al minuto.
 
Passato il malore
fece scrivere da un pittore
il seguente cartello:
“Chi mi apre, mi chiuda, per favore”.
 
Il maestro giusto
 
C’era una volta un cane
che non sapeva abbaiare.
andò da un lupo a farselo spiegare,
ma il lupo gli rispose
con un tale ululato
che lo fece scappare spaventato.
Andò da un gatto, andò da un cavallo,
e – mi vergogno a dirlo –
perfino da un pappagallo.
Imparò dalle rane a gracidare,
dal bove a muggire,
dall’asino a ragliare,
dal topo a squittire,
dalla pecora a fare « bè bè »,
dalle galline a fare coccodè.
Imparò tante cose,
però non era affatto soddisfatto
e sempre si domandava
(magari con un « qua qua »…):
– Che cos’è che non va?
Qualcuno gli risponda, se lo sa.
Forse era matto?
O forse non sapeva
scegliere il maestro adatto?
 
L’avventura dello zero
 
C’era una volta
un povero Zero
tondo come un o,
tanto buono ma però
contava proprio zero e
nessuno
lo voleva in compagnia.
Una volta per caso
trovò il numero Uno
di cattivo umore perché
non riusciva a contare
fino a tre.
Vedendolo così nero
il piccolo Zero,
si fece coraggio,
sulla sua macchina
gli offerse un passaggio;
schiacciò l’acceleratore,
fiero assai dell’onore
di avere a bordo
un simile personaggio.
D’un tratto chi si vede
fermo sul marciapiede?
Il signor Tre
che si leva il cappello
e fa un inchino
fino al tombino…
e poi, per Giove
il Sette, l’Otto, il Nove
che fanno lo stesso.
Ma cosa era successo?
Che l’Uno e lo Zero
seduti vicini,
uno qua l’altro là
formavano un gran Dieci:
nientemeno, un’autorità!
Da quel giorno lo Zero
fu molto rispettato,
anzi da tutti i numeri
ricercato e corteggiato:
gli cedevano la destra
con zelo e premura
(di tenerlo a sinistra
avevano paura),
gli pagavano il cinema,
per il piccolo Zero
fu la felicità.
 
La famiglia Punto e virgola
 
C’era una volta un punto
e c’era anche una virgola:
erano tanto amici,
si sposarono e furono felici.
Di notte e di giorno
andavano intorno
sempre a braccetto:
“Che coppia modello”
la gente diceva
“che vera meraviglia
la famiglia Punto-e-virgola”.
Al loro passaggio
in segno di omaggio
perfino le maiuscole
diventavano minuscole:
e se qualcuna, poi,
a inchinarsi non è lesta
la matita del maestro
le taglia la testa.

Filastrocche Gianni Rodari

Le favole a rovescio
 
C’era una volta
un povero lupacchiotto,
che portava alla nonna
la cena in un fagotto.
E in mezzo al bosco
dov’è più fosco
incappò nel terribile
Cappuccetto Rosso,
armato di trombone
come il brigante Gasparone...,
Quel che successe poi,
indovinatelo voi.
Qualche volta le favole
succedono all’incontrario
e allora è un disastro:
Biancaneve bastona sulla testa
i nani della foresta,
la Bella Addormentata non si addormenta,
il Principe sposa
una brutta sorellastra,
la matrigna tutta contenta,
e la povera Cenerentola
resta zitella e fa
la guardia alla pentola.
 
Il calamaio
 
Che belle parole
se si potesse scrivere
con un raggio di sole.
Che parole d’argento
se si potesse scrivere
con un filo di vento.
Ma in fondo al calamaio
c’è un tesoro nascosto
e chi lo pesca
scriverà parole d’oro
col più nero inchiostro.

Quali filastrocche conoscete o ricordate di Gianni Rodari? Scrivetele nei commenti a questo articolo.

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Commenti: 1

  • giuliana
    10 maggio 2019, 09:54

    La glleria è una notte per gioco
    è corta corta e dura poco
    Che piccola notte scura scura!
    Non si fa neanche in tempo
    ad avere paura.

    Gianni Rodari

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