

Fischia il vento è uno dei più famosi canti partigiani, un inno alla libertà e alla giustizia che attraversa indenne le barriere del tempo e delle generazioni e che unisce in nome del comune anelito al riscatto e alla redenzione.
Il testo fu composto nel freddo inverno del 1943 da Felice Cascione, nome in codice “U Megu”, poeta, medico e combattente, sulla musica della nota ballata popolare sovietica in lingua russa Katjuša, ideata da Matvej Blanter e Michail Isakovskij nel 1938.
In occasione del 25 Aprile, giorno in cui in Italia si commemora la liberazione dal nazifascismo, approfondiamo chi sia l’autore, la storia e il significato di Fischia il vento.
Felice Cascione, il medico partigiano che compose “Fischia il vento”
Prima di vedere qual è la genesi di Fischia il vento, diamo un’occhiata ai tratti essenziali della biografia del suo autore, Felice Cascione.


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Nato a Porto Maurizio, in provincia di Imperia, il 2 Maggio 1918, Cascione studiò e si laureò in Medicina a Bologna, scelta dalla quale derivò il nome di battaglia "U Megu", "il medico" in dialetto ligure. Giovane dai molteplici interessi, fu anche uno sportivo di talento; poi si iscrisse al Partito Comunista e decise di prendere parte attiva alla Resistenza.
Felice terminò la sua breve ma coraggiosa esistenza sulle montagne del cuneese nel 1944, quando rimase ucciso in uno scontro frontale con i fascisti, solo pochi giorni dopo aver composto Fischia il vento, canzone simbolo della lotta partigiana.
Chi volesse approfondire la conoscenza di questo impavido ragazzo strappato alla vita troppo presto, può leggere Fischia il vento. Felice Cascione e il canto dei ribelli (ed. Castelvecchi, nuova edizione 2023), in cui la scrittrice Donatella Alfonso racconta da vicino l’uomo al di là dell’alone di leggenda e di mistero che negli ultimi decenni ne ha avvolto la figura, concedendo ampio spazio proprio al processo di formazione del canto per il quale è noto.
“Fischia il vento”: testo della canzone
Fischia il vento, urla la bufera,
scarpe rotte e pur bisogna andar
a conquistare la rossa primavera
dove sorge il sol dell’avvenir.
A conquistare la rossa primavera
dove sorge il sol dell’avvenir.Ogni contrada è patria del ribelle,
ogni donna a lui dona un sospir,
nella notte lo guidano le stelle,
forte il cuor e il braccio nel colpir.
Nella notte lo guidano le stelle
forte il cuore e il braccio nel colpir.Se ci coglie la crudele morte,
dura vendetta verrà dal partigian;
ormai sicura è già la dura sorte
del fascista vile e traditor.
Ormai sicura è già la dura sorte
del fascista vile traditor.Cessa il vento, calma è la bufera,
torna a casa il fiero partigian,
sventolando la rossa sua bandiera;
vittoriosi, al fin liberi siam!
Sventolando la rossa sua bandiera,
vittoriosi al fin liberi siam!
“Fischia il vento”: storia e analisi dell’inno partigiano
In una gelida serata del Dicembre 1943, i membri del battaglione guidato dal poco più che ventenne Felice Cascione, asserragliati sulle montagne liguri, si scaldano riunendosi intorno al fuoco. A un certo punto Giacomo Sibilla, nome di battaglia "Ivan", imbraccia una chitarra e comincia a intonare un brano popolare che ha appreso in Russia. Si tratta di Katjuša, il cui testo del poeta Michail Isakovskij era stato musicato dal maestro Matvej Blanter.
Il motivetto è orecchiabile e carino, facile da imparare, ma è una canzone d’amore che ha per protagonista una ragazza a cui manca il fidanzato impegnato al fronte, pertanto non ha nulla a che vedere né con il tipo di vita che stanno conducendo, né con i valori politici che li hanno spinti verso quella scelta tanto difficile e pericolosa quanto valorosa. E così a Felice Cascione viene un’idea che si rivelerà vincente, ovvero riscrivere il testo narrando la lotta e il sacrificio intrapresi da quegli uomini.
Il risultato è eccellente e pienamente rispondente alle intenzioni: rivelare al mondo le condizioni complicate e spesso ai limiti in cui i partigiani si ritrovano a operare, ma che accettano e affrontano nel nome della comune conquista della perduta libertà.
Termini e versi sono asciutti, essenziali, del tutto privi di fronzoli e lontanissimi dalla retorica, vanno dritti al punto e rendono alla perfezione la severità della situazione che li ha visti nascere. L’occasione di cantarli testandone l’effetto su chi ascolta arriva presto, alla vigilia di Natale. Cascione e i suoi si recano a Curenna, dove gli abitanti del posto li hanno invitati al pranzo del 25, e per la prima volta davanti a un pubblico eseguono Fischia il vento. L’esperienza si ripete il successivo 6 Gennaio, giorno dell’Epifania, ad Alto, dove anche stavolta le parole cariche di audacia del brano conquistano gli astanti, che dopo l’esecuzione appaiono emozionati e commossi.
“Fischia il vento”: la battaglia per il riconoscimento e i diritti d’autore
Felice Cascione, come anticipato, viene ucciso dai fascisti il 27 Gennaio del 1944, solo poche settimane dopo aver composto il pezzo che gli ha regalato la fama. A liberazione avvenuta, iniziano a circolare diverse voci sul brano, la cui paternità, considerata incerta, viene di volta in volta attribuita agli autori più disparati.
Maria, madre di Felice, apre così una dura e lunga controversia legale volta al riconoscimento del figlio come il solo e unico ideatore di Fischia il vento, di cui la casa musicale Metron è intenzionata ad acquistare i diritti. La signora Maria deve attendere il 1951 per vedere accolta la sua domanda di iscrizione alla SIAE come erede dell’autore.
Nel frattempo Fischia il vento è divenuta patrimonio degli italiani e di tutti coloro che amano e lottano per la libertà, contro ogni forma di tirannia e di sopruso.
“Bella ciao” o “Fischia il vento”: qual è il canto della Resistenza?
Probabilmente ve lo state chiedendo: qual è il canto della Resistenza, Bella ciao o Fischia il vento?
A livello comunitario la prima è indubbiamente più famosa (chi non la conosce?), poiché a partire dagli anni ’60 ha sbaragliato ogni possibile e diretta concorrente; però, a differenza di quanto pensano in tanti, non si tratta di una canzone partigiana, bensì di un canto popolare diffusosi a dismisura a Resistenza già conclusa.
Fischia il vento, al contrario, è davvero l’inno della Resistenza, perché è all’interno delle sue complesse dinamiche che essa nasce e si sviluppa con l’intento di raccontarla, di mostrarne lo spirito e le ambizioni. La canzone è scritta non da uno spettatore della guerra, ma da un protagonista della stessa, da chi la guerra la vive e la combatte ogni giorno, svelandone la crudezza, l’atmosfera, i meccanismi più reconditi, l’evoluzione.
Vale, in proposito, quanto scritto da Beppe Fenoglio in una pagina del suo romanzo più celebrato, Il partigiano Johnny:
Essi hanno una loro canzone, noi ne abbiamo troppe e nessuna. Quella loro canzone è tremenda. È una vera e propria arma contro i fascisti, li fa impazzire a solo sentirla.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Fischia il vento”: storia e significato del canto partigiano
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