L’espressione "fil rouge" (tradotta letteralmente: filo rosso) è un’espressione comunemente usata nei più svariati ambiti. Impiegata da Freud per definire quell’elemento preciso dell’inconscio che definisce l’intero percorso psicologico di un’individuo, viene oggi usata genericamente con il significato di "filo conduttore".
La sua origine è però ben più antica del padre della psicanalisi: scopriamo insieme da dove deriva.
Fil rouge: da dove deriva?
L’espressione "fil rouge" viene ricondotta a due diverse origini, una più pratica razionale e l’altra romantica e leggendaria. Noi abbiamo scelto di riportarle entrambe:
La leggenda del filo rosso del destino: un’origine romantica
Partiamo da questa seconda: secondo una leggenda di origine cinese (particolarmente diffusa in Giappone) tutti noi, fin dalla nascita, abbiamo un filo rosso annodato al mignolo della mano sinistra. Con questo filo, invisibile, lunghissimo e indistruttibile, siamo legati alla nostra anima gemella, con cui siamo destinati, prima o poi, a unirci.
Secondo la leggenda del filo rosso del destino, Wei, rimasto orfano fin da piccolo, aveva un solo desiderio: sposarsi e avere una grande famiglia. Nonostante tutti i suoi sforzi, però, aveva superato l’età adulta senza trovare una moglie.
Un giorno incontrò sui gradini del tempio un anziano lettore, appoggiato a un sacco. Quando Wei gli chiese cosa stesse leggendo, l’anziano rispose di essere il Dio dei matrimoni e, consultando il libro, aggiunse che sua moglie era una bambina di soli tre anni e che Wei avrebbe dovuto aspettarne altri quattordici per conoscerla. Wei domandò allora cosa contenesse il sacco e l’uomo rispose che conteneva il filo rosso che legava uomini e donne destinati a sposarsi. Non c’era modo di recidere quel filo, indipendentemente da quello che poteva accadere (o che potevano far accadere) nelle loro vite.
Poco convinto, Wei ordinò al suo servo di uccidere la bambina destinata a diventare sua moglie, per dimostrare al destino che nessuno avrebbe potuto scegliere al suo posto la donna che sarebbe diventata sua moglie. Il servo pugnalò la bambina alla testa, ma non riuscì a ucciderla.
Quattordici anni dopo, Wei, ancora celibe, conobbe una ragazza di soli diciassette anni, se ne innamorò e, finalmente, la sposò. La ragazza, bellissima, portava sempre una benda sulla fronte e solo dopo molti anni il marito le chiese per quale motivo non se la togliesse. In lacrime, lei raccontò che quando aveva soli tre anni fu accoltellata da uno sconosciuto e che per vergogna nascondeva ancora la cicatrice con la stoffa.
Wei, sconvolto, confessò di essere stato lui a tentare di ucciderla, raccontandole la storia e i due, ormai consapevoli del proprio destino, vissero per sempre felici e contenti.
Fil rouge: un’origine pratica e marinaresca
I nostri lettori più razionali saranno felici di leggere, però, che l’espressione potrebbe avere anche un’origine marinaresca, raccontata da Goethe nel suo romanzo Le affinità elettive. Per identificare il sartiame della marina inglese, infatti, si seguiva un filo rosso, intrecciato costantemente alle corde della corona britannica, grazie al quale era possibile riuscire a riconoscere i pezzi a essa appartenenti.
" “Abbiamo notizia di un ordinamento particolare della marina inglese, per cui tutto quanto il sartiame della flotta regia, dalla fune più robusta alla più tenue, è ordito in modo che vi passi a traverso un filo rosso; questo non può essere tolto senza che tutto si sfaccia, e permette così di riconoscere anche i pezzi minimi come appartenenti alla corona". (J.W. Goethe, Le affinità elettive, cap. II)
A quale origine preferite credere? Ditecelo nei commenti.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Fil rouge: cos’è e perché si dice così
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