

Le fiabe sono state trascritte e messe insieme in un momento storico - l’Ancien Régime - in cui le norme sociali erano rigide: una società patriarcale e fondata sul maggiorasco era l’architrave dei rapporti tra le persone e le classi sociali.
Gli umili non avevano voce e le donne ancora meno, eppure entrambi nelle fiabe si prendono la rivincita e si fanno beffe dei loro padroni. Questo avviene nelle favole che noi conosciamo nella maggior parte dei casi.
Cenerentola e Ceneraccio: il riscatto dei figli minori
La favola più rinomata, Cenerentola, è la vicenda di una figlia minore che cerca il riscatto dalla sua condizione di emarginazione e lo ottiene, sia pure con fatica. Se è vero che ha delle sorellastre non proprie, in nessun caso nella realtà la più piccola delle femmine poteva sposarsi e avere dei filgli, perché prima dovevano sposarsi le maggiori.
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In Norvegia esiste un omologo maschile, Ceneraccio, che, a differenza dei fratelli, non può andare in giro per il mondo a cercare avventure, eppure è lui a salvare i fratelli dalla morte.
La sorte dei fratelli o delle sorelle non sposati era difficile; non avevano un patrimonio proprio ma diventavano schiavi dei maggiori, privi di valore sociale. Nelle favole tutto gira al contrario: diventano i protagonisti, sanno essere vigili e attenti, ma per questo devono sviluppare doti di astuzia e coraggio che compensino la loro non valenza sociale.
Il figlio svantaggiato: Villanella accorta e Pollicino
Il concetto di figlio minore è similare a quello di povero, perdente o infelice, comunque svantaggiato.
Nella Villanella accorta, fiaba poco conosciuta dei fratelli Grimm, è la contadinella povera a tenere testa al re e a salvarsi la vita . Ed è Pollicino, il fratello minore, a salvare gli altri e a cavarsela nel bosco, superando l’abbandono dei genitori (povera gente che non ha i soldi per mantenere i figli) e verrà ricompensato.
La debolezza sconfitta dalle forze individuali
I modelli culturali nelle fiabe, come nel Carnevale, sono modificati senza però sovvertire l’ordine sociale (specialmente nelle fiabe trascritte nel 1600, in cui i valori collettivi prevalgono su quelli individuali): non sono sicuramente rivoluzionarie.
Secondo alcuni studiosi, le fiabe rappresentano l’individuo che, sebbene svantaggiato, con la sua forza e tenacia riesce a trionfare sugli ostacoli. In ciò siamo tutti figli minori, ma chi sa affrontare il mondo supera la paura. In Cenerentola sono le sorelle maggiori a non emanciparsi dalla tutela materna.
E infine qualche studioso sostiene che le storie raccontate rappresentano un matriarcato ancestrale in cui l’eredità passava alla figlia più giovane (il minorasco), perché era quella che passava più tempo con i genitori.
Quale sia l’ipotesi giusta, il figlio minore, il contadino e la donna povera, sono simboli della nostra debolezza che però noi con le nostre forze possiamo superare.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: I figli minori nella narrativa fiabesca: caratteristiche ed esempi
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