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Storia della letteratura

“Dove c’è la guerra”: la riflessione di Dacia Maraini che parla alle nostre coscienze

La scrittrice e poetessa Dacia Maraini in un'intensa riflessione evidenzia l'assurdità e l'atrocità della guerra. Parole che oggi, nell'imperversare del conflitto tra Russia e Ucraina, appaiono estremamente attuali e necessarie. Scopriamo testo e analisi del brano.

Alice Figini
Alice Figini Pubblicato il 10-10-2022
“Dove c'è la guerra”: la riflessione di Dacia Maraini che parla alle nostre coscienze

Dopo il bombardamento del ponte di Kerch, continuano gli attacchi missilistici russi su varie città ucraine. Dal 24 febbraio 2022 la guerra è diventata una tragica realtà nel cuore dell’Europa: l’Ucraina brucia, i civili muoiono, la gente soffre e la Russia - nella persona di Putin - non cessa di minacciare il mondo intero. Abbiamo visto edifici sventrati dalle bombe, corpi insanguinati, folle di gente in fuga tra le macerie di città apocalittiche.

A queste immagini che ogni giorno ci scorrono sotto gli occhi in un flusso inarrestabile, nei telegiornali, sui social network, sulle pagine dei quotidiani, non possiamo abituarci. Non dobbiamo assuefarci, divenire insensibili al pericolo della guerra, accettarlo come un mormorio di sottofondo delle nostre giornate. Ormai accostiamo le news del conflitto Russia-Ucraina al primo caffè della giornata, sono diventate parte della cronaca giornaliera, della routine mattutina.
La Storia appare come qualcosa di più grande di noi: si erge suprema al di sopra delle nostre piccole esistenze, le ingloba, le fagocita. Da mesi andiamo al lavoro o a scuola o in palestra, prendiamo la metro o il tram, pranziamo, ceniamo, con queste immagini apocalittiche sotto gli occhi: vicine, eppure distanti. Percepiamo la loro violenza tanto quanto, ormai, appare chiara la nostra impotenza dinnanzi a questi avvenimenti tremendi che paiono sovrastarci. La guerra è una realtà brutale, eppure astratta: la guerra è qualcosa che accade a Kiev, a Zaporizhzhia, sul ponte di Crimea. Ci riduciamo a guardarla come spettatori di un film in bianco e nero, di qualcosa che ci appare in parte oscuro, qualcosa che per quanto ci sforziamo non riusciamo bene a mettere in luce.

È proprio nel tentativo di mettere a fuoco qualcosa nell’istante sconcertante in cui accade, che vi proponiamo questa struggente riflessione della scrittrice e poetessa Dacia Maraini intitolata Dove c’è la guerra. Con parole semplici, dal ritmo cadenzato, Maraini ci fornisce un’analisi nitida e, al contempo, spietata di quanto sta accadendo mostrandoci il vero volto della guerra. Un volto che, proprio come la famosa Guernica di Picasso (1937), ci restituisce il riflesso specchiante dell’assurdo. Proprio come Picasso anche Maraini nel suo scritto lascia accesa una lampadina a indicare un barlume di speranza: quella luce fioca sono le parole che si appellano alle nostre coscienze, ai valori e ai diritti inalienabili dell’umano.

Scopriamone testo, analisi e commento.

Dove c’è la guerra: la riflessione di Dacia Maraini

Dove c’è la guerra non contano più le distinzioni o si è amici o nemici.
Dove c’è la guerra non contano più le parole: parlano solo le armi.
Dove c’è la guerra non contano più i libri: non c’è tempo per ragionare e riflettere.
Dove c’è la guerra non contano più i pensieri: il solo pensiero è salvarsi.
Dove c’è la guerra non contano più i desideri, eccetto quello che finisca la guerra.
Dove c’è la guerra non conta più la morale: è buono solo ciò che distrugge i nemici.
Dove c’è la guerra non conta più l’intelligenza: si è istupiditi dalla paura.
Dove c’è la guerra non conta più l’amicizia: si sospetta di tutti e si teme di tutti.
Dove c’è la guerra non conta più l’amore: è l’odio che comanda.
Dove c’è la guerra non contano più le speranze: eccetto la speranza della pace.
Dove c’è la guerra non contano più le allegrie: la morte segna di sé le giornate.
Dove c’è la guerra non contano più le risate: le ferite portano lacrime.
Dove c’è la guerra non conta il riposo: ci si affatica notte e giorno a dominare la paura, a trovare da mangiare, a ripararsi dalle bombe, a difendere i propri cari.
Dove c’è la guerra non conta lo scorrere lieve e felice del sangue nelle vene: troppo ne viene versato fuori dal corpo.

Dove c’è la guerra non conta il dolore come esperienza che fa crescere: a valanghe ci sommerge e ci fa diversi, vendicativi e più cattivi.
Dove c’è la guerra non conta più la famiglia: siamo tutti ostaggi e possibili bersagli.
Dove c’è la guerra non conta più il giudizio: si è pro o contro, senza differenziazioni.
Dove c’è la guerra non conta più la cortesia: tutto diventa brutale e insicuro.
Dove c’è la guerra non conta più la conversazione: il silenzio del terrore ha la meglio su ogni cosa.
Dove c’è la guerra non conta scrivere: l’azione dà il senso alle giornate.
Dove c’è la guerra non contano più le gioie degli incontri: l’altro potrebbe essere un nemico.
Dove c’è la guerra non conta più passeggiare: si corre per cercare un rifugio, si corre per cercare di sfuggire ad un bombardamento.
Dove c’è la guerra non conta più studiare: il tempo è accorciato brutalmente e svuotato dei suoi contenuti di stabilità.
Dove c’è la guerra non conta più l’affetto di un cane, di un gatto: gli affetti minimi saranno considerati inutili e nocivi.
Dove c’è la guerra non conta più la pittura: gli occhi imparano a guardare solo le macerie, o i colori della distruzione.
Dove c’è la guerra non conta più la musica: il suono delle bombe sarà più forte.

Dove c’è la guerra di Dacia Maraini: analisi e commento

Dobbiamo leggere le parole di Dacia Maraini non come una manifesto astratto di protesta, ma come la visione lucida di una donna che la guerra l’ha vista con gli occhi smarriti, impotenti e senza difese di una bambina. In lei l’incanto dell’infanzia è stato spezzato prematuramente dall’internamento, per due anni, nel campo di concentramento di Nagoya, in Giappone.
La piccola Dacia fu fatta prigioniera insieme ai genitori, l’antropologo e orientalista Fosco Maraini e la nobile Topazia Alliata, e alla sorellina più piccola. Fosco e Topazia erano antifascisti convinti e si rifiutarono di aderire alla neonata Repubblica di Salò; furono dunque considerati nemici, traditori del patto tra Giappone, Germania e Italia e internati nel campo.
Furono anni durissimi: la piccola Dacia patì la fame, le malattie, i parassiti. Per anni Maraini, scrittrice affermata, su quell’esperienza tremenda non riuscì a scrivere neppure un rigo. I suoi pensieri emergono tuttavia prepotenti in questa riflessione-fiume Dove c’è la guerra che ci giunge come un grido, l’eco vertiginosa di quell’infanzia finita troppo presto perché rubata dall’imperversare assurdo di un conflitto mondiale.

Questa riflessione di Dacia Maraini può essere letta in molti modi, come una poesia, un testo in prosa o come un saggio critico. La scrittrice si serve del lessico piano dell’infanzia - come se volesse ridare voce a sé stessa bambina, restituire i pensieri a quella piccola Dacia che la guerra l’ha guardata dritta in volto.
L’intensità del messaggio è tuttavia data dal contraltare, in sottotono, dei pensieri della Dacia adulta che ora con consapevolezza ritorna sui suoi ricordi, li sfoglia uno ad uno e li trasforma in un grido di ribellione contro l’assurdo che guida le azioni violente degli uomini.
Ne scaturisce un messaggio necessario e attuale, Dove c’è la guerra è un testo da leggere e rileggere per capire cosa significa la guerra vera, la sua capacità di trasformare le persone in nemici, l’umano in bestiale. Maraini ci restituisce attraverso le parole una serie di immagini, una lunga sequenza di diapositive, che ci illustrano le molteplici maniere in cui la guerra uccide la vita, annientando gli affetti, le passioni, le risate sino ad arrestare persino il tempo.

Dacia Maraini osserva che la guerra non si fermava di fronte a nulla, aveva la capacità di schiacciare e distruggere persino l’innocenza dell’infanzia, di colpire addirittura due bambine piccole che si affacciavano al mondo con lo stupore genuino e affamato di chi in quel mondo nuovo ci è appena arrivato. Perché Dove c’è la guerra non esiste neppure l’infanzia. C’è solo un tempo annebbiato, corroso, disintegrato che perde ogni legame di senso e non sembra più aderire alla realtà. Questo tempo senza tempo - privo di passato e dimentico di futuro - parla direttamente alle nostre coscienze.

Oggi che le truppe russe stanno radendo al suolo Kiev, devastando i suoi monumenti, sbriciolando la storia della capitale ucraina, mietendo vittime innocenti tra i civili disarmati, questa riflessione è necessaria.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Dove c’è la guerra”: la riflessione di Dacia Maraini che parla alle nostre coscienze

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Commenti: 1

  • NIMz
    10 ottobre 2022, 12:20

    - E poi

    Anche le stelle

    muoiono
    spente dal dolore
    dei vivi

    e questa notte

    chiede
    ad un raggio di luna
    la luce

    di un fiore

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