Dopo l’uscita nelle sale è disponibile su Netflix Dieci minuti, il film di Maria Sole Tognazzi tratto dal libro bestseller di Chiara Gamberale, Per dieci minuti, edito per la prima volta da Feltrinelli nel 2013. Nelle varie scene vengono citati Calvino, Elsa Morante, Natalia Ginzburg e molti altri. Avete colto tutti i riferimenti letterari presenti nella pellicola?
La trama ruota attorno alla crisi esistenziale di una giovane donna (nella pellicola ha nome Bianca e il volto di Barbara Ronchi), che dopo la fine del suo matrimonio sente di aver smarrito la voglia di vivere. A causa di questa condizione di depressione perde anche la sua unica fonte di reddito, ovvero la rubrica “Pranzi di famiglia” pubblicata ogni settimana su un giornale. Il direttore la licenzia a causa di un articolo scritto in modo sciatto e, in sostanza, inconcludente; ma comprendiamo che si tratta della tipica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Aspirante scrittrice, giornalista irrisolta, donna single ma non per scelta, Bianca sembra imboccare una spirale discendente senza via d’uscita.
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In una scena, per descrivere precisamente il suo stato d’animo, racconta di avvertire una voragine che si allarga al centro del petto. Il dramma psicologico vissuto dalla protagonista viene però affrontato nella pellicola attraverso una narrazione vivace e, a tratti, quasi comica, pur senza negare la profondità e l’urgenza del tema trattato.
La psichiatra, l’algida dottoressa Braibanti (Margherita Buy), propone a Bianca una terapia speciale, che si rivela essere un meccanismo “salvavita”: ogni giorno, per dieci minuti, fare una cosa nuova. La giovane donna si trova così coinvolta in varie situazioni, alcune esilaranti, altre un po’ meno: partecipa a un funerale di sconosciuti, ruba un soprabito arancione ai grandi magazzini, incontra una sua vecchia fiamma per un appuntamento galante. Eppure, a ben vedere, c’è un unico filo conduttore che guida l’intera pellicola: Bianca legge molto, ma soprattutto scrive. La sua ancora di salvezza, il suo autentico ritorno alla vita, sarà rappresentato proprio dalla scrittura. Attraverso la scrittura - e certo anche grazie al sostegno degli amici, l’amore della sorella, l’intuito della psichiatra, severa e glaciale solo in apparenza - Bianca riesce a uscire dal tunnel, a ritrovare la luce.
Il lieto fine del film è dato proprio da Bianca (in questo possiamo individuare un sicuro parallelismo tra lei e l’autrice, Chiara Gamberale) che inizia a scrivere il suo libro. La pellicola, in questo senso, può essere guardata anche attraverso una lente meta-letteraria: è infatti disseminata di indizi che accompagneranno Chiara/Bianca verso la scrittura.
Nelle varie scene, soprattutto nei colloqui tra la protagonista e la psichiatra, vengono citati scrittori, libri, episodi letterari e di storia della letteratura che certo catturano l’attenzione degli amanti dei libri e permettono di cogliere l’innegabile imprinting letterario dell’intera pellicola.
Siete sicuri di averli scovati tutti? Ve ne proponiamo cinque nell’analisi che segue.
“Dieci minuti”: quali libri sono citati nel film?
- Calvino e la moglie Chichita: Bianca menziona alla dottoressa Braibanti il rapporto tra lo scrittore Italo Calvino e la moglie Chichita per indicare il proprio modello ideale di relazione e come immaginava fosse il rapporto tra lei e il marito Nic prima della rottura. Forse non tutti sanno che il primo appuntamento con Chichita (il cui vero nome era Esther Judith Singer, di origine argentina), a Parigi nel 1962, era uno dei momenti che Calvino identificava come cruciali nella propria esistenza, nonostante lui avesse trentanove anni e fosse già uno scrittore affermato. Avrebbero intrattenuto una lunga corrispondenza epistolare, si sarebbero sposati, avrebbero avuto una figlia, Giovanna, e sarebbero rimasti insieme sino alla morte improvvisa di lui. Chichita, nel ruolo di vedova, sarebbe stata la più tenace sostenitrice e custode della memoria calviniana. Lei è morta nel 2018, di recente è stato pubblicato il loro carteggio epistolare inedito.
- Anna Karenina: il secondo esempio d’amore, stavolta tragico, è quello che Bianca cita alla sorella Jasmine: la coppia Anna Karenina e Vronskij narrata da Tolstoj nel celebre romanzo. Il sentimento clandestino che lega Anna al Conte è l’esempio per eccellenza della passione che non conosce ragione né giudizio. Per Bianca, nel film, è il perfetto esempio dell’irrazionalità dell’amore. Dalla passione tra i due personaggi nasce anche una bambina; ma il finale, come sappiamo, è tragico.
I due vengono isolati ed emarginati dalla nobile aristocrazia russa che li punisce per il loro amore adultero. Non riuscendo più a reggere la tensione, attanagliata dai rimorsi, provata dall’isolamento sociale e dalle gelosie, Anna Karenina si suicida gettandosi sotto un treno.
- Elsa Morante: la dottoressa Braibanti a un certo punto nota, con una studiata esclamazione di sorpresa, che Bianca si è laureata con una tesi su Elsa Morante. Le chiede, quindi, se lei desideri fare la scrittrice e le domanda le ragioni della sua inconcludenza: a parte articoletti e rubriche perché non ha mai pubblicato un libro? Non è riuscita a concludere nemmeno un racconto? Il riferimento a Morante, madre e regina indiscussa della letteratura italiana novecentesca, non è casuale. Lei è la scrittrice per eccellenza, colei che ha forgiato una nuova visione di letteratura, inscindibile dal suo nome.
- “Vita immaginaria” di Natalia Ginzburg: per ribadire l’importanza dell’immaginazione, la dottoressa Braibanti cita Vita immaginaria di Natalia Ginzburg, una raccolta di scritti e saggi che definisce molto importante per gli psicoterapeuti. Ginzburg sottolinea il legame inscindibile tra immaginazione e creatività: Vita immaginaria è stato anche il tema dell’ultimo Salone del Libro di Torino, come omaggio alla scrittrice. Nel suo scritto Ginzburg elogiava la forza dell’immaginazione che spesso “indovina e predice quello che succede nella vita reale”. Per molto tempo, afferma Ginzburg, noi crediamo di essere le sole persone al mondo ad avere una vita immaginaria, per poi scoprire che in verità è una cosa che appartiene a molti, anzi, quasi a tutti. Queste parole, nel film, saranno riprese dalla stessa Bianca nel suo racconto che riflette proprio sul tema dell’immaginazione e su come, talvolta, anche le persone che amiamo siano il frutto della nostra immaginazione.
- Tolstoj e la forza della debolezza: nella conclusione la dottoressa Braibanti cita a Bianca uno scrittore a lei caro: Tolstoj. Qual è la vera forza umana secondo Tolstoj? le domanda per poi rispondere a sorpresa: la debolezza.
Nello scritto A Confession and Other Religious Writings (1879), pubblicato appena due anni dopo Anna Karenina, lo scrittore russo rifletteva sulle ragioni morali dell’esistenza. “Perché continuare a vivere?” si domanda, in un periodo in cui si sente gravato da una profonda malinconia. Interrogandosi sul significato della vita, Tolstoj individua quattro strade: ignoranza (chi non si pone interrogativi, vive la realtà in quanto tale), epicureismo (l’equilibrio interiore), suicidio (la via di fuga scelta da chi non trova un senso), infine la debolezza, che Tolstoj identifica come lo stato d’animo di chi ha compreso l’assurdità del vivere eppure è continuamente in attesa di qualcosa. Lo scrittore ne conclude che non esiste un pensiero univoco, tuttavia esiste nell’uomo una “forza infinita, non solo morale ma anche fisica” ma per raggiungerla e sfruttarla appieno l’essere umano deve liberarsi dall’eccessivo amore di sé e dal pensiero di sé che genera impotenza.
Che dire, la dottoressa Braibanti nel finale ha dato a Bianca una splendida lezione di letteratura - e di vita.
Recensione del libro
Per dieci minuti
di Chiara Gamberale
“Dieci minuti”: il trailer
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Dieci minuti”: i 5 riferimenti letterari presenti nel film
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